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    MATTEO_ Il Secondo periodo (1917-1918)
    Alessandro Editore. 80pp. Cartonato a colori. 19,90€.
    Testi, Disegni e Colori_ Jean Pierre Gibrat.
    Dopo lunga attesa ritorna disponibile a catalogo il secondo volume di “Mattéo” (…ne vanta sei, di cui l’ultimo in attesa di essere localizzato in italiano), che abbraccia un altro “periodo” tumultuoso della sua vita, unendo le vicissitudini della sua storia personale all’urgenza del divenire di una Storia mondiale che sta offrendo la tragedia della Grande Guerra e forse l’opportunità di una Rivoluzione (sovietica) a cui Mattéo brama nella ferma ottica delle sue convinzioni anarchiche. Il tempo di rientrare dalla Spagna ( vedi Mattéo_Primo periodo), salutare la madre, rivedere l’indimenticata Juliette al “riparo” della giustizia francese ( vedi idem), e prepararsi a partire per Pietroburgo, con il compare Gervasio, che porta in dote contatti con una sorella, suo nipote ed un cognato residenti.
    In Russia Mattéo e Gervasio trovano una situazione politicamente assai più stratificata di quanto immaginato dall’esterno , finendo per collidere sui mezzi ma pure sui fini che i bolscevichi stanno attuando per intestarsi il potere. Nonostante venga coinvolto sentimentalmente in un focoso rapporto con una convinta e radicale ragazza esponente dei “rossi “tiene fede al compito concordato coi compagni della sua sezione di documentare _ con tanto di macchina fotografica_ l’incedere della (poco) gloriosa Rivoluzione , cavandone un disgusto ed una delusione che peseranno sui suoi accidenti una volta rientrato a casa.
    La “fame giustifica i mezzi” è una delle chicche che impregnano generose didascalie ,che lasciano libere i personaggi di esprimersi in modo colloquiale , al bisogno sarcastico e comunque sempre diretto nei bei dialoghi , nella dinamica dialettica dell’accettare (ad oltranza) le storture dei Soviet(ici) come collaterali della comunque giusta ed indispensabile vittoria finale ed invece protestare fin da subito la loro tetragona predisposizione alla sopraffazione sistematica. Una “strana” (con)divisione che porta anarchici e bolscevichi sulla stessa barricata contro i “bianchi” ma pure e perfino in guerra tra loro. Grande intreccio romanzesco, tra le ragioni dell’ideologia (…capaci di spaccare l’armonia persino tra famigli stretti…), i suoi derivati più “nuovi” e meno “perversi” (il “libero amore” ;-) ) e l’inevitabile “passato che non passa” sulle gracili spalle del mio caro Mattéo (cit.) che tiene la barra dritta su un’unica certezza: avere poche…Certezze.
    Da urlo i disegni, degnamente valorizzati dal formato ampio del volume. Potenti,punteggiati da precisione nella ricercatezza (…sebbene ami lasciare matite non sistematicamente pulite)anche nella misura realistica del colore, del rendere tanto i rarefatti paesaggi rurali pirenaici quanto le pulsanti barricate della brulicante metropoli russa, cinta d’assedio da combattenti e sempre dal “generale inverno”. I quadri d’insieme ed in genere le inquadrature panoramiche sono maestose ed immersive, di sfondo a ritratti permeati di una incisività che quasi eccede la bidimensionalità della pagina per interrogare “faccia a faccia” il lettore. Per altro nell’economia emozionale del racconto sono pienamente sfruttate , letteralmente in lungo ed in largo, la matrice a quattro fasce del fumetto franco-belga per isolare ulteriori particolari e modulare il ritmo di un racconto sempre avvolgente ed empatico. Ottimo (imho).

    "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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      IL MAESTRO 1 (di 2)
      Editoriale Cosmo. 160pp., b/n. 7,90€.
      Testi_ Mino MIlani / Disegni_Aldo Di Gennaro.
      La Editoriale Cosmo pubblica in (questo) volume i primi undici episodi della serie a fumetti omonima , stampata nella prima metà degli anni ’70 in altrettanti numeri de “Il Corriere dei ragazzi”; già “Il Corriere dei piccoli” ma appunto in transizione su un target di lettori più “cresciutello”. Nessuna concessione (ancora) allo scabroso spinto , ma non viene meno una rimarcata sensualità in apporto di belle donne, valorizzate dalla moda dettata ai tempi; così pure dalla signorilità del protagonista , modellato sulle fattezze dell’attore Alberto Lupo. La matrice orizzontale della trama che concatena la successione dei segmenti narrativi proposti ( tolti gli ultimi due, indipendenti ewdf autoconclusivi) vede un minerale di origine extraterrestre, scolpito a forma di scarabeo e recante incisioni in una lingua misteriosa, posseduto da Faraonii dell’antico Egitto ed avente la capacità di dare forma materiale immediata ai pensieri umani (!).Recuperato nel presente (ovvero dal 1970…)da uno studioso retto ed onesto finisce (invece) nelle mani sbagliate del Dottor Jaga ( una morettona, volentieri in minigonna, gran figlia di …) , che tenta di attivarne i poteri, per i suoi ignobili scopi. Le riesce solo parzialmente, poiché non conosce nel dettaglio l’esatta formula riportata sullo scarabeo. L’Egittologo detto “Il Maestro” , così addentro alle forme più esoteriche di quella cultura, fino a coltivare straordinarie facoltà psichiche possiede tra l’altro una trascrizione fedelmente tradotta delle diciture in esame, si attiva per arrivare a Jaga,pronta a recarsi ovunque ed a servirsi di chiunque per comprendere infine il potere dello Scarabeo !
      Guglielmo “Mino” Milani (1928_2022)sceneggia concedendosi qualche ridondanza para-scientifica da “boiata pazzesca” , dando un tono ad un personaggio ,il magister, già perfettamente formato e fondamentalmente invariato dalla prima apparizione, sciorinando con studiata noncuranza una serie di “mandrakate” che il lettore per altro ignora (…espediente d’altronde utile per risolvere a piacimento impasse scomodi…), mantenendo un aplomb distinto nonostante le “diavolerie” in cui s’immischia. Fermezza che d’altronde non declina neppure con la partner d’indagine Velda Morris, avvenente poliziotta di Los Angeles (che in un modo o nell’altro lo segue ovunque nel mondo per acchiappare la perfida Jaga, quasi una versione volgare ed al femminile di “Diabolik”) , con cui entra in relazione con eccessivo pudore. Insieme ribattono lo schema-schermaglia di andare a stanare od essere stanati dall’arcinemica , posticipando la pur inevitabile resa dei conti , con vaga “porticina” lasciata socchiusa per riprendere (?) ,oltre, il triello. Abbastanza telefonate anche le citazioni letterarie e cinematografiche più sul versante horror, per storie salvate piuttosto da un vivace esotismo e dal ritmo spigliato a loro impresso, al netto della “cerimoniosità” dei testi. Non da escludere che dei particolari di contorno abbiano ispirato autori più “moderni”.
      Altalenanti i disegni, che nella loro espressione migliore , inchiostrazione compresa, avvicinano la densità espressiva di un Toppi e di un Battaglia, forti anche di una precipua capacità di muovere le tavole col taglio cartesiano della direzione prospettica, adeguatamente supportata con la finitura dei dettagli…Che viene un po’ meno in altre occasioni, con semplificazioni e sfondi neutri (imho).

      "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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        IL MAESTRO 2 (di 2)
        Editoriale Cosmo. 160pp., b/n. 7,90€.
        Testi_Mino Milani / Disegni_ Aldo Di Gennaro (con Giancarlo Alessandrini).
        Ultima parte delle storie edite (in principio da “Il Corriere dei ragazzi”, e fino all’Ott. del 1976) de “Il Maestro”. Che non hanno una conclusione definita, sebbene nella serie inserita in questo volume si possano individuare almeno due o tre linee narrative consecutive, intervallate da episodi autoconclusivi o di “acclimatamento” delle svolte nodali in dipanazione nelle sceneggiature; segno forse di una interruzione alle pubblicazioni non prevista dagli autori del fumetto (?).
        Come da norma nel fogliettone ( feuilleton) ,se di un “cattivo” scomparso non si intravvede il cadavere stecchito esso (in questo caso una lei : Jaga)tornerà a ghermire …Il Maestro, che nel frattempo ha implementato nella sua vasta cultura esoterica pure la capacità di predire la morte. Un fardello da cui intende liberarsi _anche per potersi muovere con più agio nel comunque casto rapporto con la compagna Velda Morris ( qui ora accreditata come Agente Federale (capace che Milani si sia incartato per poter giustificare mansioni e spostamenti del personaggio)_ chiedendo l’aiuto di un bruxo suo vecchio sodale.
        Al contempo l’intricarsi di questi due macro avvenimenti rende coesi i segmenti che formano il racconto , dandosi la disponibilità però di aprire parentesi oniriche-filosofiche in cui la spiritualità di Maximus (il nome, l’unico dato a conoscere , del Maestro)galleggia letteralmente prima di rendersi potabile a noi comuni mortali. Ulteriore scarto , un anche stavolta tipico (s)cambio di ruolo giocato sui “superpoteri” a disposizione del protagonista.
        Allargata la platea dei disegnatori con G. Alessandrini che firma due ep. con una discreta adattabilità al modello estetico codificato per la testata. Il suo tocco personale si coglie più in qualche brusco tratteggio debitamente sottolineato dalle chine. Per ragioni stilistiche inoltre si ragiona del disegnatore Mario Cubbino probabile co-autore dell’ultimissimo capitolo. Altrimenti Aldo Di Gennaro,stiloso nell’appuntita sottigliezza del suo segno , in grado di creare ombre peste per ragioni drammaturgiche , compensando magari con una altrettanta attenta elargizione di centrate minutaglie ( vedi vestiti ed accessori di Jaga, molto anni ’70 ;-) ). Ma ancora ed invece si ritrovano vignette se non tavole sommariamente definite , che paiono costruite all’impronta di veloci tratti messi giù senza criterio di correzione od aggiunte abbellenti. Fine. (imho).
        "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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          IL METODO DEL COCCODRILLO
          SBE. 160pp. Cartonato in b/n. 21,00€.
          Testi_ Alessandro Di Virgilio / Disegni_ Massimo Bertolotti.
          Adattamento a fumetti dell’omonimo romanzo poliziesco di Maurizio De Giovanni, ambientato in una Napoli contemporanea che accoglie dalla Sicilia il reietto Ispettore Giuseppe Lojacono , allontanato dall’isola per “sospettata” collusione mafiosa, un’infamia che intanto gli ha fatto perdere la fiducia della moglie e l’affidamento della figlia. Marginalizzato anche nel nuovo ufficio , Lojacono _ che sembra potersi aggrappare all’affettuosa amicizia di un’attraente ristoratrice_ , scalpitante dalla determinazione di riabilitarsi su ogni fronte “si allarga”nel farsi spazio nei casi d’indagine . E quando, durante una turnazione lavorativa, è chiamato a fare i primi rilievi inerenti l’omicidio di un giovanissimo teppistello nota per primo alcuni particolari destinati tragicamente a ripetersi in ulteriori uccisioni, sempre di giovani ,ma di estrazione sociale piuttosto dissimile. Estromesso e diffidato sulle prime ad occuparsi dell’investigazione delle morti, il siciliano trova invece in un sostituto Procuratore partenopeo un alleato che lo stima e sponsorizza, quando d’altronde è tutto il commissariato ad essere sotto pressione, date le “esecuzioni” sempre più ravvicinate di una mano che si rivela al contempo organizzata ma per altri versi “dilettantesca”, fino a quasi lasciare una firma auto-incriminante : fazzoletti di carta fradici di lacrime…Di coccodrillo.
          Quel Lojacono che prenderà la testa de “I Bastardi di Pizzofalcone” qui è sbozzato nella sua prima apparizione di sbirro forestiero dolente ma non rassegnato, grintoso ma frenato (…da colleghi/superiori che, si capisce, valgono meno di lui…) sull’onda del riscatto , anche da una situazione familiare non semplice. Chiaro che concorrerà ai momenti topici di un caso che fa’ storia a sé nell’altro protagonista , il “coccodrillo” , un umarel vecchiotto ed ordinario , per non dire anonimo e perciò insospettato,che in pochi ma lungamente premeditati giorni di ordinaria follia abbatte giovani vite distruggendo dal dolore anche chi li ha messi al mondo. Dando tregua con qualche intermezzo di “commedia” napoletana , la vicenda arriva al lettore forse con troppa evidenza sulla natura del movente , che passa da un flashback esplicativo, viene filtrato dalle giuste supposizioni di Lojacono e viene infine trasmesso al resto degli inquirenti , finalmente sollecitati a scoprire “altarini” e “connessioni”(indirette) tra bersagliati dalla sinistra metodologia del coccodrillo. Si capisce allora che il finale avrà una sterzata ansiogena ma una conclusione tutt’altro che inaspettata.
          Con aggiunta (non invadente né sistematica) di toni azzurrini , le tavole (mi) trasmettono un anti estetico sentore di provvisorio, slavato e frollo, anche se favorite da una sceneggiatura che in diverse parti rinunzia alla parola e dà espressione al puro racconto visivo (…in verità quasi sempre in passaggi ambientali e di raccordo); mentre il protagonista Lojacono ha già il suo modello di riferimento in Alessandro Gassmann che lo impersona in una serie tv, restituito graficamente anche con dovizia di particolari ma esacerbando la sinuosità gibbosa di ogni muscolo od imperfezione epidermica, concorrendo a quel senso di smottamento che danno le chine (imho).
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            DIABOLIK_ L’Isola delle sorprese
            Astorina s.r.l. 128pp., b/n . 3,00€.
            Testi_ Tito Faraci / Disegni_ Sandro Giordano (matite) e Jacopo Brandi (chine).

            Inedito al 01/12/2022. L’inaugurazione ad inviti di un lussuoso villaggio vacanze sito su un isolotto tropicale rinomato nel campo del turismo di “fascia alta” fa’ riunire numerose coppie di ingioiellati ricchi possidenti. Sostituendosi a due giovani affiatati imprenditori, marito e moglie _che in verità stavano rassegnandosi a venderli i loro gioielli, per risanare l’azienda di cui sono titolari, preservando il salario dei dipendenti_, Diabolik ed Eva Kant hanno già studiato la soluzione per svaligiare in contemporanea le casseforti in uso singolo degli ospiti, ma un imprevisto sembra aver sconfitto il loro piano…

            Quasi un sequel del numero precedente, con d’altronde Faraci alla tastiera , che in fondo d’altronde ricicla uno dei classici intoppi che ostacolano le imprese di DK, qui raggirato grazie ad un espediente ( un po’ stiracchiato) che mette in contatto le due coppie , consentendo una “rivincita” spettacolare _si fa’ per dire_ al Re (del Terrore); che mi prende in simpatia i due rapiti, contrapposti agli altri vacanzieri, nella migliore delle ipotesi (;-) ) egoisti e petulanti sebbene ultra privilegiati. Cosicché DK li coinvolge nella sua “metodologia” , disonestissima nella prassi , immacolata nel principio di lealtà (criminosa). Una frecciatina del Faraci alla “realtà” del capitalismo corrente?
            Buoni i disegni, anche in questa occasione evasivi della “solita” estetica borghese padronale-metropolitana di Clerville, inclusa la geometrica freddezza degli interni/arredi. Si prende una boccata d’aria (…ed il vento offre qualche spunto per strutturare la sceneggiatura) tra palmeti e bungalow direttamente piantati nelle acque oceaniche. Particolarmente eleganti le figure femminili ed in generale la scioltezza delle posture, con vignette ingombre spesso di molti personaggi. In questo ci stanno le abbondanti stesure di retini a cura di Leonardo Vasco, per differenziare i piani prospettici e pure la carnagione dei naturali abitanti l’isola (imho).
            "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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              DIABOLIK_ Tutto ha una fine
              Astorina s.r.l.128pp., b/n. 3,00€.
              Testi_ Tito Faraci / Disegni_ Riccardo Nunziati (matite) Jacopo Brandi (chine e retini).
              Ultimo albo di tre che completa una storia (…fatto di per sé originale per le abitudini editoriali della testata) pensata nell’ambito delle iniziative dei sessanta anni in edicola di “Diabolik”. Per quanto incalzante ,il soggetto fino a questo punto elaborato non lasciava grossi margini di manovra narrativa e dunque la spiegazione che, per così dire, rimette in bolla (e nella corretta prospettiva) i fatti sconcertanti mostrati nei precedenti episodi , pescando da un repertorio già collaudato , ossia già visto .
              Motivato non solo da motivi personali ( mezzo spoiler ;-) ) la rivalsa di DK e della sua partner dà al lettore-fan una ricca sequela di assassinati, usando trucchi che si avvalgono delle sofisticate tecnologie padroneggiate dal duo diaboliko ma che riescono in pieno anche a lavorare sulle psicologie dei loro _a questo punto malcapitati_ avversari. Un ticket DK/Eva iperattivo dunque, che non si lascia sfuggire la possibilità di chiudere i conti anche rubando i gioielli che si erano prefissati dal principio; ma senza una totale soddisfazione ( tanto, forse , per non apparire come due psicopatici totalmente scollati ed apatici verso i destini altrui? xD). Terminano in bellezza i disegni , particolarmente curati negli sfondi , con punte di virtuosismo ( il dottore che rincasa, lo strip club, lo svelamento finale con Baumann…) grafico-compositivo. Qualche tratteggio in eccesso, forse (imho).
              "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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                MALE NERO 1. Angosce
                IT Comics. 28pp., a colori. 3,00€.
                Testi, Disegni e Colori_ Ramie.
                Preso per sfizio, non ho idea se questo spillato del Sett. 2016 abbia avuto una continuazione regolare. E’ , evidentemente, il capitolo introduttivo ,di una storia dall’incipit molto classico e sfruttato, con una pre-adolescente borghese dei primi del novecento _Anna_ che si compiace dei suoi studi scientifici conseguenti ad una impostazione caratteriale razionalista ereditata dal babbo ( un po’ come Jodie Foster da piccola in “Contact” ;-) ), che si cura di un fratellino _ James_ caruccio ma paurosissimo , specialmente dell’oscurità ove sembra intravvedere spaventosi mostri pronti a rapirlo nelle ore notturne. Ma , giocando con la sorella presso un ruscello in pieno giorno di nuovo scorge (o crede di…) una sinistra entità imboscata in una buia cavità del terreno . La sera stessa, nonostante un infortunio alla caviglia che gli è occorso James si trova di nuovo davanti alla piccola grotta nelle vicinanze del corso d’acqua , al cospetto di (…). E stavolta Anna non può che solo sorprendersi della sua assenza dal letto…
                Insomma, ‘na favola , nell’oscuro scrutare tra il puccettoso e Neil Gaiman , servito su colori effettati accuratamente in digitale, pure con qualcosa di Peter Lord e Nick Park a gradimento (imho).
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                  DODO_ Cronache di una Casa chiusa
                  Editoriale Cosmo. 96pp., a colori. 5,90€.
                  Testi_ Francis Leroi / Disegni e Colori_ Georges Levis (Cap.1); Lucio Filippucci e Giovanni Romanini (Cap.2).
                  Storie di un bordello parigino, di alte pretese perfino nel ’42, con i tedeschi che occupano la Francia e gli alleati che mettono su un certo sbarco… Ma la “catena di montaggio “ del sesso non conosce crisi né particolari ristrettezze. A coadiuvare le ragazze che fanno le marchette c’è anche bisogno di un “normale” personale inserviente, e perciò una di loro, che ha una storia col ruffiano “capo del personale”, preleva dalla provincia la giovine e illibata figlia Julie per farne una cameriera a servizio nella Casa. La tipetta è sveglia , si incapriccia presto del moroso di mammà e perciò chiede alla Madame responsabile del lupanare di passare al servizio…Completo della selezionata clientela. Il poter vendere la sua verginità ne fa’ salire le “quotazioni” col nome d’arte di Dodo ed in lei la speranza di stimorare l’interesse per l’uomo che br(ama).
                  Due episodi in successione ( il secondo è ambientato nel ’45, a guerra finita e a Dodo oramai esperta p…)scritti da un nome nel cinema porno già negli anni settanta, che si soffermano sulle caratteristiche ambientali di una Casa Chiusa, anche nei suoi aspetti organizzativi e sanitari, con un occhio nella caratterizzazione del cliente e naturalmente delle signorine di vita, iniziando da Dodo naturalmente, le cui vicissitudini tuttavia non ingombrano più di tanto una sceneggiatura che si prende il dovere di passare alle vie di fatto , con tanto di particolari hard, magari non disgiunti dalla contemplazione da parte di terzi (…rispetto al lettore…). Il tira e molla tra madre/figlia e lenone si sostanzia un po’ di più accedendo ai fatti storici, ossia la guerra e nel ’46 il movimento d’opinione che sancirà la chiusura per legge delle Case , secondo una “moralizzazione” che ha i suoi elementi di ipocrisia, data la “trasversalità” nell’accesso alla prostituzione di Dodo e le sue compagne. Un canovaccio che nella seconda parte lascia ulteriore spazio a situazioni pornografiche, tra l’orgia e “lo famo strano” (cit.); che la cosa risulti eccitante per chi legge, bah…
                  Romanini è stato anche uno stretto collaboratore di Magnus ed il suo segno più “grasso” si distingue dai due colleghi , più portati a linee fini e segaligne, talvolta persino “mangiate” da una colorazione, artigianale, che ha le caratteristiche ed i limiti del suo tempo, oltre trent’anni fa , tipo le tinte unite (nelle scene hot un blu da filtro fotografico…) ed un rosa talvolta pallido ed altre volte fin troppo carico per gli incarnati. Mood nostalgico-passatista , solo per un pubblico maturo (imho).
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                    JULIA n.ro 291 Uomo d’onore
                    SBE. 116pp., b/n. 4,50€.
                    Testi_ Giancarlo Berardi e Lorenzo Calza / Disegni_ Luigi Pittaluga.
                    Una famiglia (papà, mamma, due figliuoli) si prepara per andare alla Messa cattolica di Pasqua, mentre la loro Governante confeziona le ultime pietanze per il pranzo. Entrano in casa tre sicari e li ammazzano tutti e cinque (!). Il caso ha una vastissima eco, ovvero investe il Procuratore Distrettuale Robson , che naturalmente mobilita in forze la polizia investigativa, la scientifica ,e Julia, consulente in qualità di criminologa. Intanto dall’Italia giunge a Garden City il padre della signora assassinata, originario della Calabria ( …e collaboratore di giustizia ma ora libero da pendenze penali) per le esequie , anche dei due nipoti mai conosciuti in vita. I due coniugi uccisi , forse non impeccabili sotto il profilo della fedeltà matrimoniale , non sembrano offrire un movente così grave per una strage; ed anche la domestica si rivela una figura riservata e defilata. Conosciuto il calabrese _persona seria ed austera_ nel corso dell’indagine che non offre sbocchi risolutivi, Julia non reprime il sospetto che l’uomo non si stia solo interessando della degna sepoltura della figlia, del genero e dei nipoti…
                    La sempre attenta e sorvegliata sceneggiatura ritarda nel farci partecipi dell’elemento cardine scatenante un caso di così tanta portata umana e morale che nelle sue conseguenze (…) lascia in subordine che i tasselli della “giustizia” siano ordinati secondo un soddisfacimento che non compete alle parti lese ma allo Stato nei suoi rappresenta(n)ti giuridici . Ma il mondo è imperfetto e gli uomini un discreto concentrato di discrepanze e furori (solo) assopiti . Per niente facile e “politicamente corretto” discernere i comportamenti da esecrare , se non “avvantaggiandosi” con qualche pre-giudizio ( ché a pensar male si fa’ peccato ma ci si becca) . Stavolta è più avvertibile una critica di merito sul ruolo di “certi” giornalisti , e la chius(ur)a della storia , narrativamente quasi simmetrica, cade nel novero di ciò che si può sapere ma non perseguire , secondo diritto garantista, e amen. Disegni immediati ed espressivi ma sotto lo standard della testata per finitura, eleganza e ricercatezza ,anche nello studio delle ombreggiature (imho).
                    "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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                      NICK RAIDER_ Doppio bersaglio
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                      Testi_ Alberto Ongaro / Disegni_ Renato Polese.
                      Delinquenti di lunga pezza, o nuovi acquisti provenienti magari dalle fila dei Servizi segreti o dell’Esercito nei regimi collassati dei Paesi dell’Est Europa, in molti valutano di stabilirsi e “lavorare”sulla grande piazza di NYC. Le mafie autoctone più strutturate naturalmente non rimangono passive e piuttosto cercano di accordarsi coi nuovi arrivati imponendo le loro “regole”. Se smettono di essere rispettate partono ritorsioni sanguinarie , faide e sostanziali guerre tra clan. Nick e Marvin finiscono così nel mezzo di un regolamento di conti senza esclusione di mezzi tra una famiglia italoamericana ed un Vor di origini russe che si è stancato di versare un fisso agli italiani per operare nel “loro” territorio. Non bastasse il senso del dovere per sgominare i malviventi , Nick e Marvin sono personalmente toccati e motivati dal ferimento di Art Rayan , intervenuto (senza successo) per impedire il dileguarsi di un killer , molto “richiesto” , entrato in azione per stendere due affiliati della sponda mangiaspaghetti.
                      Albo di metà anni novanta, che in qualche modo dunque vuol tenersi aggiornato sulla geo politica del crimine, anche se poi gli intrecci narrativi che tesse e la coordinazione di coincidenze che permettono l’omogenea unificazione della storia non sono certo di primo pelo ed in sostanza a-temporali. Finale però aperto , forse per “salvare” per altri futuri episodi La Boss mafiosa con cognome italiano (un donnone isterico e dispotico con tic/tormentoni in allegato. Mah, abbastanza farsesca…)e per ribadire d’altronde che neanche nei fumetti “realistici” il bene trionfa senza compromessi e cessioni. Sembra quasi doveroso (?) sottolineare che le procedure d’indagine sono quelle ante-internet ( però il telex pare un accettabile surrogato delle e-mail ;-) ) e fanno consumare le suole delle scarpe dei piedipiatti piuttosto di memoria Ram :-p; quando d’altronde una postazione ad un terminale fa’ meno scena di una sortita risolutiva dentro casa dei “cattivi”, che non rispondono (solo) a parolacce xD.
                      Un Polese anni settanta (…i suoi) disegna con spedita immediatezza , senza “viziarci” troppo con la finitura sei dettagli , mettendola sul rustico essenziale e non disdegnando di tagliare corto con colate di nero (imho).
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                        NICK RAIDER_ La Morte è in vendita
                        SBE. 96pp., b/n. 4,40€.
                        Testi_Alberto Ongaro / Disegni_ Bruno Ramella s Giuseppe Barbati.
                        Di pattuglia, Nick e Marvin raccolgono la segnalazione di una rapina in corso presso un lussuoso ristorante, con un commensale già freddato dalla banda di malviventi; che i due poliziotti riescono solo parzialmente ad intercettare durante la fuga, ferendone uno. Per una strana “coincidenza” la vittima rimasta sul pavimento del locale è un ben conosciuto _anche dalla polizia_ affarista di origine cubana giustamente sospettato _senza prove tangibili per incastrarlo_ di tenere le fila di un grosso giro di prestiti ad usura. Un tipo, insomma, la cui morte non “naturale” e prematura farebbe comodo a molti. Il rapinatore attinto da Nick non sopravvive e c’è chi gliela giura ; mentre il capo della gang fiuta un affare che travalica di molto i contanti e gli oggetti di valore sottratti durante il colpo…
                        Una vicenda “spessa”, ricca di congetture che si susseguono (e spesso vanno a segno ;-) ), scaturite dai comportamenti e dalle dichiarazioni “aggiustate”di tutti i personaggi negativi coinvolti, che si creano una doppiezza di ruoli in cui verità e menzogna sono dosate in vista di una convenienza che regga le contestazione degli inquirenti . Mentre Nick e colleghi si affannano ad interpretare le mosse dei sinistri, necessità e premura inducono qualcuno a far saltare gli equilibri.
                        Un’altra splendida prova dell’artigianato artistico dei disegnatori assegnati alla testata, che qui in particolare necessita di una potente visione d’insieme della City ( ed a dispetto della copertina, che sottolinea una locazione complementare, comunque essenziale nell’economia della trama…) , dosando nette ombre notturne senza pregiudicare i dettagliati elementi che compongono le vignette. Queste posso avere anche sfondi neutri ed essere scontornate (…magari per accogliere le elucubrazioni sul caso formulate nel distretto di Manhattan…) ma intervallate da doppie orizzontali che sapientemente hanno un “montaggio interno”in cui si riconoscono Nick & co. che si confrontano mentre scorre normalmente la vita per strada come al commissariato . Incassata qualche esagerazione grafica (…tipo le labbra a canotto delle signore e di Marvin Brown), rimangono comunque impresse le marcate fisionomie assegnate ai protagonisti (imho).
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                          GLI ARISTOCRATICI _ E altre storie
                          Editoriale Cosmo. 192pp., b/n . 8,90€.
                          Testi _ Alfredo Castelli / Disegni_ Ferdinando Tacconi.
                          Per paradosso , le storie che qui affrontano , con la cadenza del racconto a puntate, la genesi del gruppo “Gli Aristocratici” ed ancor prima le origine di Sir Charles Cornwallis, ovvero “Il Conte” ossia il loro fondatore , sono le ultime scritte per la serie, quando , avendo ben conto del committente editoriale ( il settimanale cattolico “Il Giornalino”, che riprese a pubblicarle in questo secolo) ed il pubblico di riferimento. Dunque , “a posteriori” modella in termini edificanti , alla Robin Hood ( con tanto di “autorizzazione segreta” della Queen Elisabetta II) di una banda di ladri (…in definitiva) , le cui eccellenze sono l’aristocrazia nel proprio campo d’azione ( l’irlandese Moose nel combattimento fisico; l’italiano Alvaro nella violazione di qualunque serratura ed il tedesco Fritz ingegnoso inventore e mago dell’elettronica), salvo Il Conte ( e della sua fidatissima assistente nonché figlia adottiva Jean), in effetti di “sangue blu” (non diciamo che è uno snob, ma certo ha diciamo ben chiaro il suo privilegiato ruolo sociale, che sciorina _insieme a cultura ed abilità indubbie_ anche a mezzo di ricorrenti vezzi/tormentoni lessicali…). I nostri, in cambio di una onesta nota spese recuperano averi a loschi e disonesti e li redistribuiscono a taglieggiati e derubati ; od ancora si dedicano a smantellare in vari angoli del pianeta l’osceno traffico di droghe pesanti , ovvero delle mafie che vi si arricchiscono. Sempre distruggendo volentieri brutte cose ma mai uccidendo brutte persone. Un mischione di “007”, “Alan Ford” , “Diabolik” e “Arsenio Lupin”innaffiato di notazioni nozionistiche e di una “garra” che vuol unire scaltrezza ed ironia di una certa visione del sussiego in cui si pensa versino le classi nobiliari anglosassoni.
                          Dovendo richiamare al lettore segmenti di storia che ha letto a distanza di minimo otto giorni , Castelli “rompe la quarta parete” con dei brevi resume affidati ai primi piani stile “gatto-col-sorcio-in-bocca” affidati a Tacconi (1922_2006) a cui l’albo è dedicato ( con due altre storie brevi avulse dal mondo de “Gli Aristocratici”). Con qualche esagerazione grottesca degna di Bad Taste (il film), il segno a là Joe Kubert si mantiene ben caratterizzato anche quando alcune linee (vedi i panneggi ma anche i segni d’espressione della pelle) calchino gravose sulle vignette, organizzate sia sulle tre che sulle quattro fasce, senza intoppi di comprensione. L’editore ha racimolato l’intero catalogo di questo fumetto e potrebbe modulare ulteriori uscite in formato bonellide da edicola ;-) (imho).

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                            SOUL CRIME New York
                            Round Robin Editrice. 128pp., b/n . 15,00€.
                            Un’antologia di fumetti, uscita nel 2013, corredata da contenuti in prosa dei curatori italiani del volume (formato 14x20) e due brevi stralci d’interviste a Stan Lee e Matthew Modine (…in cui le due celebrità confessano il loro rapporto esclusivo con la Grande Mela), ove sono stipate otto storie (a loro volta munite di scheda di presentazione degli autori e del soggetto di ogni segmento) stringate che riassumono casi di omicidi avvenuti nella city nell’aeco di due secoli e che hanno suscitato particolare scalpore, fino magari a generare “leggende metropolitane” od a fare _come si dice_ giurisprudenza.
                            Dal gangster ai tempi del proibizionismo all’anonimo che “senza motivo” (…logico) butta un ragazzo sotto un treno od accoppa una ragazza per il “gusto “ di farlo, passando dal fratello di Colt (quello delle pistole) ritenuto colpevole di omicidio volontario di un tipografo a cui doveva dei soldi ; dai classici “balordi” alla Tarantino che devono far sparire (sic!) due cinesi al delitto di un ballerino gay negli anni sessanta preso poco sul serio dalla polizia dei ritratti(ni) di varia dis-umanità poco articolati sotto il profilo del linguaggio del fumetto , coi testi nettamente preponderanti e disegni abbastanza slegati sequenzialmente , se non evidentemente illustrativi , secondo esperimenti grafici di autori ( Miranda Mundt_ Miriam Selmi Reed_ Michael Alan Reed_Karen B. Frisch_Ernesto Gomis_ Roger Perez_Hector Gomis_ Sara Woolley_ Beldan Sezen_Adira Rotstein_Csaba Mester_ Christopher Ford) ,rivenduti come clamorosi ed incontrastati talenti artistici , che trovano (?) la loro specificità stilistica semplificando _per non dire banalizzando_ all’estremo il segno ; volendo forse apparire “arty” quando invece sembrano, se va bene, imitatori scarnificati di Bastien Vivès ed alla peggio gli esordienti cazziati da Laura Scarpa su “Scuola di Fumetto” dei bei tempi, od affini colleghi a“Lady Mafia” e “Battaglia”, per stare sul nostrano supposto“provincialismo”. Un volume per fortuna trovato in saldo (;-) ) che in definitiva mi sembra deficitario sotto ogni aspetto (imho).

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                              JULIA n.ro 292 Liz
                              SBE. 116pp., b/n. 4,50€.
                              Testi_Giancarlo Berardi e Maurizio Mantero / Disegni_ Lorenzo Bovo.
                              In tarda sera, su un’auto veloce , quattro ragazzi provano un circuito cittadino, in vista di una corsa clandestina legata ad un gioro di scommesse. Anche per una distrazione alla guida il conducente , accompagnando la morosa a casa , falcia ed uccide una donna afroamericana, scegliendo immantinente di dileguarsi. La vittima, Elizabeth “Liz” Reid, assistente sociale e soprattutto da molti mesi compagna di Leo Baxter. Avvertita dal sergente Ben Irving , Julia s’incarica di portare la terribile notizia al suo carissimo amico che, prima di sciogliersi ad un’umana disperazione, reagisce allo scoramento e largamente “sponsorizzato” dalla criminologa si perita di seguire il quanto mai suo “caso”.Tuttalpiù poiché dopo l’autopsia il Dr. Tait coglie una grave ferita al capo procurata a Liz prima (!) di essere investita. Così, pure convinto (…più o meno) il tenente Alan J. Webb, partendo dai problematici assistiti da Liz nel suo lavoro, Julia e Leo iniziano i primi approfondimenti , vedendo chi la defunta aveva aiutato , a discapito di loro familiari che potevano avere motivi di rivalsa nei suoi confronti , fino a…
                              IL portato emotivo di un’indagine “particolarmente” delicata in quanto messa “sul personale” per molti versi tuttavia non si discosta da molti altri episodi della serie, fungendo quasi da scusa per porre attenzione su “casi umani” di un disagio sociale che, per vari motivi, si allarga nelle nostre (occidentali) città ed a maggior ragione nelle periferie , perfino rurali in un mondo con (poche) regole globalizzate. E come appunto successo varie altre volte la “svolta” per risolvere il “giallo” risiede altrove ed in salde ragioni prosaiche. Il messaggio di fondo rimane quello di “pace e bene” , certo non installato in un contesto fintamente zuccheroso dunque, e con qualche in-sospettabile destinato a deluderci. E’ la vita.
                              Assistiti dal contributo digitale i disegni spiccano un forte contrasto se le chine/ombre sono compatte, costruendoci intorno uno stile realistico molto dettagliato; quando invece i toni sono meno notturni e netti anche il segno ammorbidisce in tratteggi più nodali, ma pur sempre accordati al significato, anche emotivo, dei testi; marcando per altro una forte diversità estetica tra persone “nere” e “bianche”. Il direttore dei servizi sociali è praticamente il sosia di Ugo Tognazzi, xD (imho).
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                                DIABOLIK SOTTOSOPRA_ L’Uomo che non sapeva ridere
                                Astorina s.r.l. 132pp., b/n. 0,00€.
                                Testi_ Tito Faraci / Disegni_ Silvia Ziche.
                                La prima regola imposta agli scrittori del canone “Diabolik” è che Lui non è MAI ironico, né auto-ironico. E’ il grimaldello con cui Tito Faraci, a pieno titolo appartenente alla nidiata degli sceneggiatori poc’anzi istruiti alla causa , a rompere la convenzione a scopo parodistico. Nella strutturata appartenenza, con la stessa disegnatrice,all’ambiente Disney ed all’originale “Quei Due” ( una guerra dei sessi in cui le incombenze lavorative “costringono” una coppia all’affiatamento nonostante la passione sentimentale sia , od appaia a loro, reciprocamente compromessa…) il celebrato sceneggiatore è proficuamente sottile nel Non stravolgere il personaggio né le sue abitudini operative ma, facendolo incalzare da una Eva Kant che mantiene _ con un tono civettuolo congruo alla black comedy_ un aplomb socialmente normato mettendo così a nudo il lato “Sindrome di Asperger “ (xD )del compagno.
                                Tolta una debolezza intrinseca nella logica del soggetto (…di nuovo emendabile nel carattere farsesco in capo a questa versione ), la storia procede alla stregua di un episodio regolare di “Diabolik” , offrendosi alla familiarità anche caratterizzando i personaggi comprimari , che serbano e seguono intenzioni losche e veniali intorno all’ennesima collezione privata di pregiate ed ingolosenti manifatture orafe. Questo innesca un gioco di equivoci in cui DK ed Eva rimangono (parzialmente , ;-) ) vittime del loro “machiavellismo”nell’approntare i colpi calcolando gli imprevisti e sbrigandosela all’occorrenza a pugnalate ed aghi al cianuro di potassio; con in più Lui che ci fa’ la figura del bietolone semi disadattato stante appunto l’incapacità di padroneggiare sottintesi ironici. Naturalmente la coppia diabolika se la cava ugualmente e ci lascia con l’impressione che il loro ménage saprà ben assorbire anche questo singolare aspetto.
                                Silvia Ziche mantiene la riconoscibilità di uno stile comunque pulito e sobriamente leggibile, anche perché nei primi piani _enfatizzati nelle proporzioni anatomiche_ non sbaglia l’intonazione di un ammiccamento o di una risposta emozionale ai testi , dis-turbando ovviamente anche il viso di DK, potenzialmente ed ugualmente ad Eva comunque perfettamente riconoscibile, col garbo di un tratto elegantemente filante. Giova credo “l’allenamento” su “Topolino” per rendere dinamiche e caricaturali le posture dei villains a caccia del malloppo e di testimoni scomodi. Approvato. Disponibile in lettura gratuita online, fin dall’iniziativa #iorestoacasa del (primo) lockdown anti Covid-19 (imho).
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