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Le STORIE_Bonelli ed.

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  • Le STORIE_Bonelli ed.


    1. Il Boia di Parigi

    La nuova proposta mensile di Sergio Bonelli Editore consta in episodi autoconclusivi raccolti in volumi in brossura con copertina (illustrata da Aldo Di Gennaro) ad effetto telato, 110 pp. In b/n.
    Il primo numero è disegnato da Giampiero Casertano, sui testi di Paola Barbato che ha riletto la biografia di un personaggio realmente esistito benché dei meno immediatamente noti della Rivoluzione Francese.
    Il filo conduttore della collana vuole appunto essere il racconto “dell’avventura” umana di testimoni meno riconosciuti delle più diverse epoche storiche; qui Parigi intorno al 1790.
    Per tradizione familiare Charles-Henri Sanson lavora a “dare la morte” sotto la corona di Luigi XVI, con metodica professionalità e compassionevole partecipazione corroborata dall’interesse necrofilo-spirituale peri suoi “assistiti”, condiviso con una nobildonna in nero e riconosciuta anche dal popolino, che pure lo teme essendo l’unico ceto destinato alla ghigliottina.
    Il segno “ espressionista” di Casertano è viscerale nella profondità dei neri , con la costruzione della anatomia umana che pare sempre al limite di trasfigurare nel grottesco e deforme, in ciò perfetto per ritrarre i cenciosi plebei…
    Rovesciata la Monarchia,con sua sorpresa Sanson sarà cooptato come “boia del popolo”, ed immediatamente stimato da esso come giustiziere della aristocrazia depravata e parassitaria.Poi i giacobini cominciano a forzargli la mano…
    Efficace parabola morale di Paola Barbato, che indaga sulla psicologia delle masse nella costruzione del consenso “popolare” peraltro etero diretto da élites di ben altra estrazione sociale ,per niente immuni dalle degenerazioni di quel Potere che erano accorsi a destituire.E molte altre teste rotoleranno…

    Buon esordio.In edicola dal 13 ottobre 2012 a 3,50€.
    "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"


  • #2
    Io paola barbato la detesto. Posso dirlo?
    Nuovo post: "E dopo questa..." http://bobbyspedersen.blogspot.com/

    [FONT=Verdana]

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    • #3


      Da un periodo antecedente al suo “Jan Dix”, Carlo Ambrosini sta revisionando il suo stile alla ricerca di una simillima immediatezza e matericità espressiva, mettendo in conto di sacrificare a questa urgenza la pulizia delle tavole e la calibrazione del segno data dal ripasso a china.
      Qui illlustra una sceneggiatura di Pasquale Ruju , concepita per dare una robusta rappresentazione dei topoi del genere gangsteristico urbano americano degli anni ’30, con digressioni orrorifiche ( suggestione peraltro già colta dallo staff di “Dampyr”…) e certamente sospettabile ( ) di attingere dall’immaginario cinematografico lo studio e la composizione dei caratteri. Una “scuola dei duri” che opportunamente i due autori si preoccupano di rendere senza piallare le fisionomie dei personaggi su standard estetici troppo moderni; ma di avvicinare i “ceffi” all’immagine che ci è pervenuta dalle vecchie foto in bianco e nero; ed il lavoro di Ambrosini in questo senso vi aderisce con profitto.L’uso insolitamente insistito delle didascalie rimanda anch’essa alla voce fuori campo del noir, con le fiamme dei mitra, le sgommate delle auto dell’epoca ed il peccato per una donna dalle forme sinuose e la brama di un colpo che faccia svoltare l’esistenza. E senza codici di regolamentazione il crimine paga, con vite che si esprimono o si dissolvono in una voluta di fumo.Piacevole lettura, imho.
      "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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      • #4
        5. Li Lato oscuro della luna


        La consuetudine ai testi di Alessandro Bilotta ( suo il “Dylan Dog” attualmente in edicola) ci fa rinvenire le impronte tematiche care all’autore anche in questo lavoro, incentrato _con licenza_ sul programma spaziale americano.
        1963.Tre astronauti sono in ricognizione esplorativa intorno all’orbita della Luna.Dopo una routine di riposo il pilota si accorge di essere rimasto solo a bordo, mentre il controllo di Houston gli annuncia l’assassinio di J.F. Kennedy e lo aggiorna dei vorticosi avvenimenti successivi. Il bombardamento emotivo della incresciosa situazione venutasi a creare metterà a rischio la tenuta psichica dell’astronauta, che cercherà di conservare il suo equilibrio aggrappandosi ai ricordi dell’infanzia;ma infine pervenendo a sconvolgenti intuizioni…
        Giocata su due registri temporali, il ’63 appunto e l’estate immediatamente precedente all’entrata degli Usa nel secondo conflitto mondiale (dando ampio spazio perciò alla biografia del pilota, ai tempi bambino), la storia registra lo stress psicologico del protagonista portandolo ai limiti ( e più?) della patologia e ne illustra la personalità a partire dalle esperienze cruciali e formative che l’astronauta ha vissuto da piccolo. L’amalgama di suggestioni e dubbi disseminati progressivamente, ne rende una lettura avvincente e soddisfacente nella definizione caratteriale dei personaggi , facendo spesso respirare il racconto oltre le strette pareti dell’astronave .Plauso ai disegni di Matteo Mosca, bravo a sfruttare l’assenza di gravità spaziale per dare dinamicità alle tavole in un contesto che avrebbe scarsi margini di manovra; per poi aprirsi alle ambientazioni in “costume” (fine anni ’30) della campagna americana resa con eleganza di tratto e cura del particolare. I bambini ritratti ricordano una iconografia da “piccole canaglie” ma anche da post grande depressione, con corporature gracili e teste che quindi appaiono leggermente abnormi e visi segnati nonostante la verdissima età.
        Buono.
        "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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        • #5

          Un capitolo che recupera al fumetto una dimensione esotica ed avventurosa di stampo classico. Ambientato nell’India colonizzata dagli Inglesi , con il Paese _nella seconda metà del 1800_ attraversato da montanti inquietudini rivoluzionarie e nazionaliste indipendentiste ,si focalizza su personaggi che vivono, amano e combattono al confine dei due mondi , sfruttando e pagando l’appartenenza di sangue a cavallo delle due culture e “razze”.
          L’impianto del racconto concede dunque didascalie esplicative e voce narrante che si racconta biograficamente al passato su composizioni delle tavole , di Bruno Brindisi, ortodosse nel montaggio delle vignette quanto ricche di particolari ambientali (architetture, vestiti, armi…) e variegate nella resa dei vari tipi fisici ,ben caratterizzati e fatti risalire ai gusti e alle mode dell’epoca.
          Paga in sede drammaturgica, la sceneggiatura è di Giuseppe De Nardo, una poco evitabile (?) pomposità verbale degli aristocratici inglesi ( che dietro al blasone rivelano di norma ignobiltà d’animo e gretto ed ottuso opportunismo…) contrapposta all’ardimento rabbioso e ultimativo di alcuni indiani, contrapposto alla saggezza più meditabonda di altri, insieme a “figurine” che ci si aspetta di trovare per l’affresco di una vicenda che vede un meticcio angloindiano, Jim Donovan, amare una donzella inglese moderatamente emancipata ma promessa sposa ad un ufficiale di Sua Maestà cerimonioso nei modi quanto spregevole nel carattere. Di grado militare inferiore ma provvisto di senso di giustizia interviene il padre di Jim a spalleggiarlo, mentre il cognato nativo si prepara a capeggiare un’insurrezione dei soldati indiani, che pur servendo la Corona Britannica sono sottoposti , quale che sia il loro grado, alle scelte arbitrarie inglesi. E sarà ( con episodi cruenti da ambo le parti…) dura rivolta e caos, che tuttavia rientra nell’ordine pulsante dei sentimenti umani : gelosia, vendetta , ma anche altruismo e redenzione nel sacrificio di sé. Salgariano e pulp.
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          • #6


            Con rapide ellissi siamo messi a parte della collocazione e ruolo dei personaggi di una vicenda che si snoda principalmente nella Berlino di oggi e quella nei giorni del 1989 della caduta del Muro .Un vantaggio narrativo che il lettore conserverà per tutto l’albo rispetto a Max, il giovane protagonista, nato in circostanze tragiche proprio nei giorni convulsi della ricongiunzione della parte Est della sua città, e che a dispetto di un carattere insistentemente scostante e superficiale, conserva sepolto nei ricordi un antico dolore ed esperienze che lo hanno molto precocemente segnato, incrociando indissolubilmente il proprio destino con le macchinazioni criminose di una letale e ramificata società segreta che mira al controllo dello Stato…
            Senza entrare in ulteriori dettagli della storia è intuibile che Max entrerà in collisione con la Loggia, suo malgrado, trovando il provvidenziale appoggio di una volitiva donna magistrato , mentre a coprirgli le spalle provvederà un “ amico”, anch’esso proveniente dal suo passato.
            Purtroppo la trama non trasmette che una continua sensazione di già visto e sentito, mentre la maschera di strafottenza esibita da Max come uno scudo psicologico protettivo tiene a distanza empatia e partecipazione emotiva al suo dramma personale. Sul versante spy story e sentimentale le situazioni sono sovente telefonatissime o richiedono una enorme sospensione logica per digerire che una mega organizzazione dalle risorse virtualmente infinite sia sgominata con una clamorosa concatenazione di coincidenze da una coppia di ragazzi, che neppure hanno un quadro definito di cosa stanno affrontando,come dimostra l’ultimo posticcio colpo di scena, quando già la sceneggiatura si è persa per strada un paio di comprimari.
            Davide De Cubellis è un valente illustratore e copertinista e qui si presta a coadiuvare Paolo Morales ai disegni, stilisticamenti amalgamati su una sintesi del segno estremamente asciutta, ardirei semplificata oltremodo fino a essere un po’ povera. Provo ad indovinare la mano di De Cubellis in alcuni ritratti femminili e di figure che emergono attraverso la luce lunare o non meglio precisata fonte esterna.
            Numero prescindibile, imho.
            Non esimo un cenno di ricordo per Paolo Morales , scomparso lo scorso 16 gennaio. Aveva 56 anni.
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            • #7
              Un mistero misterioso sul fronte di guerra asiatico. Vietnaqm 1967. All’approssimarsi della tregua del Tet (Capodanno) la postazione radiotelegrafica di stanza a Saigon dell’Esercito americano riceve una drammatica richiesta di copertura militare da parte di una squadra di soldati…data per dispersa più di un anno prima!Viene formata un’ulteriore pattuglia per andare a soccorrere e recuperare.Discesa Conrad-iana nel “Cuore di tenebra” che prende accenti metafisici( non solo in senso filosofico ma anche…) soprannaturali ed orrorifici; chiudendo la sorte degli uomini in un loop spazio-temporale. Fissata e tipicizzata in caratteri opposti e complementari la Leva di Zio Sam affronta il prevedibile countdown dei caduti e dei propri fantasmi ( interiori?) progressivamente sovrastati da avvenimenti sempre più difficoltosamente razionalizzabili.Scritto validamente da Fabrizio Accatino, che sorveglia la tenuta della sceneggiatura dosando di aggiunte successive gli elementi perturbanti ed in contraddizione di una storia che dunque _quasi fino alla fine_ potrebbe trovare una spiegazione in campo logico; come si addice ai racconti che vogliono sparigliare le certezze piuttosto che giocare immediatamente le loro carte allo scoperto.Appaganti i disegni di Giampiero Casertano, del tutto adatti a rappresentare uomini in divisa, nella mescolanza etnica distintiva del popolo americano, certamente né belli né tantomeno eroici, rendendoli identificabili nella loro ordinarietà.Mi è piaciuto. 
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              • #8
                Gigi Simeoni torna a raccontare L’Italia di cento anni fa in un sequel apocrifo di “Gli Occhi e il Buio” , volgendosi verso il racconto gotico, con giovani signore della buona borghesia cagionevoli di salute e scosse nei nervi; e l’investigatore di misteri, qui un razionalista deluso dalla Fede ed emotivamente coinvolto.Il soggetto è lambito da omaggi e citazioni ed incanalato verso una “Storia di fantasmi”, con un Commissario milanese ( dalle fattezze di un Amedeo Nazzari) che deve indagare l’atroce omicidio del fratellino di sua moglie, donna fragile e diventata cieca. Incroceranno il loro destino con un’anziana Medium ( che pare un mix tra la sensitiva di “Poltergeist” e Rita Levi Montalcini…) e loro malgrado “apriranno gli occhi”su dimensioni ed esperienze diverse. La trama gialla si dipana con una certa credibilità , robustezza dei numerosi dialoghi e buon ritmo, con svolte narrative e colpi di scena che preludono l’innesto degli elementi soprannaturali /ultraterreni che ne fanno una “favola nera” conciliatoria, a cui l’autore sembra dare un credito perlomeno agnostico. Si apprezza una complessiva riuscita , anche per mezzo di una mano felice nei disegni , che danno un ritratto documentato del primo decennio italiano del ‘900.Albo carino.http://www.fumetto-online.it/images/...8872000080.jpg
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                • #9
                  Piombo, e sole rovente nel Messico del nord.
                  Deserto, ma non certo una Las Vegas che raccoglie folate ininterrotte di forestieri in libera uscita, ma villaggi di quattro case in croce,a resilenza di un paesaggio brullo ed ostico, che appare immobile ed immutato. Luogo sospeso, dove i cellulari non hanno ( mai avuto) campo o i video sono ruminati da un videoregistratore a cassette, erede di un tempo che potrebbe essere oggi o dieci anni fa.
                  Dove tutto si corrode e corrompe di calore e polvere si può giustificare che il gusto estetico non sia algidamente minimale ma più da “Matrimonio dei Casalesi”(cit.). Ed è dai traffici della droga che muove il protagonista Reyes , redivivo dopo un regolamento di conti che lo ha visto perdente;ed in via di guarigione da ferite d’arma da fuoco dopo una convalescenza di cui non sa dare una durata temporale od una ubicazione. Dato che non lo fa desistere da riprendere le armi per chiudere la partita con la sua ex banda.
                  Diego Cajelli sceneggia una storia in cui, ancora una volta, trovano posto un boss malavitoso che ama dar conto “filosoficamente” delle sue nefandezze mentre le sta compiendo ed il suo antagonista che non usa esternare il proprio fardello di rovelli interiori ed ipoteche di un passato in sorprendente rivelazione progressiva .
                  Confronto virile che il disegnatore Matteo Cremona rende con anatomie tozze e possenti, colli taurini e labbra serrate e sottili alla Jean Gabin ,o bocche spalancate nei frangenti di maggiore tensione drammatica; buon rendimento dei dettagli e nella cura prospettica.
                  L’eloquenza della cover non teme lo spoiler dei rapimenti alieni ,innestati nel racconto come ampie parentesi di una vicenda da chiudere comunque in senso “realistico” .Una commistione di generi che mi ha rimandato al periodo in cui Chiaverotti scriveva Dylan Dog…
                  Sarà stata senz’altro avvertita anche dall’autore l’impossibilità di affrontare compiutamente le suggestioni etiche, umanistiche e teologiche offerte dal soggetto ( e del resto probabilmente non sintetizzate alla perfezione neppure da kolossal dedicati, come ad esempio “Prometheus”…) , sfruttato dunque per infondere temporanei “superpoteri” allo sbalordito Reyes col modo di operare degli Alieni secondo le teorie complottiste più in voga a livello di racconto di fiction.
                  Anche se vedere il vicino Esercito Americano ingerente per la “Sicurezza Nazionale” ben di più ed oltre a ciò che è dato sapere all’opinione pubblica democratica non può che rimandare a fatti di stringente attualità. Espediente digeribile ma non del tutto necessario, per una storia che ha i suoi tocchi “esotici” già nella valida descrizione di un…Messico e nuvole/ la faccia triste dell’America/ il vento suona la sua armonica…
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                  • #10
                    Un marinaio che non ha un nome (dunque Nobody…) accettal’ingaggio su un Brigantino inglese allo scopo di raggiungere un luogo pressoil Mar della Cina dove staziona la nave corsara che ha rapito sua moglie Molly.
                    Ma è la realtà o una sua (in)tangibile proiezione mentale?
                    Non sorprende che quest’ultimo tema sia nelle corde dellosceneggiature Alessandro Bilotta già autore dell’apprezzata miniserie “ValterBuio”, e in questa collana “Il latooscuro della Luna” in cui il dato psicologico dei protagonisti era preminente evolentieri l’auto-suggestione faceva emergere quasi palpabilmente i lorofantasmi inconsci.
                    Si possono enumerare svariate citazioni da letteraturamarinaresca ; e scambi di battute con un misterioso personaggio ricorrente cheha echi Bergmaniani.
                    Racconto che procede per scarti (ed ellissi anche di decine d’anni in poche pagine!) che nonchiedono, né concedono, di essere tamponati con spiegazioni logiche e lineari,chiamando il lettore a per-seguire la dimensione onirica che pare imprigionarel’ossessione di Nobody, peraltro invinta dai limiti delle leggi fisiche ,finoal suo compimento.
                    Disegni di Pietro Vitrano , duttilmente articolati neidiversi frangenti d’azione e che sanno _ anche con una marcata inchiostrazione_ trasmettere materica solidità nei ritratti personali , benché le icone non possano essere ricondotte allacontemporaneità.
                    [FONT=&quot]Affascinante.
                    "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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                    • #11


                      Il gelo artico che cinge la Lapponia, lo sferzare insidioso del vento, estremo fino ad ottundere i sensi, già disorientati dalla luce solare smorzata a queste latitudini e presto soppiantata dalle lunghe notti del circolo polare.
                      Nel novembre del 1933 il timido e sensibile Lars Svensson si reca nella clinica Ullerakers presso Norrbottens Ian per un ciclo di cure termali. Una struttura isolata, avamposto umano nel maestoso paesaggio innevato. Data la stagione anche i rifornimenti ed i contatti esterni divengono difficoltosi e Svensson si affida a lunghe lettere mandate alla sorella in cui descrive le sue giornate e gli inizi di amicizie con gli altri ospiti,non molti del resto ,ed il personale sanitario.
                      Una misteriosa scomparsa farà precipitare gli avvenimenti , in un avviluppo di fatti ostili ed ambigui che daranno a temere a Svensson di essere in pericolo di vita, sostanzialmente segregato ,e dipendente da spiegazioni mediche evasive ed inattendibili: come riuscire a salvarsi?
                      Giovanni Di Gregorio ai testi azzecca il climax della storia e genera dei personaggi dotati di buona creanza , spossessandoli progressivamente di ogni certezza fino a fagocitarli di azioni estreme. Lo scioglimento del mistero che arriva nel sottofinale _non inatteso o graziato da particolare originalità_, lascia comunque un com-patimento delle (loro )vicende umane; dando pure a riflettere dell’insondabilità essenziale delle persone, oltre le manifestazioni contingenti di fragilità od ostinazione che ci agitano di fronte agli eventi .
                      Il segno stilizzato di Francesco Ripoli ( che mi ricorda cose di Angelo Stano) fa emergere i volumi con pennellate di nero, quasi nel tentativo di non essere “sepolto” dalla pagina bianca, rappresentante il bianco invadente della neve e lo sbiadimento dell’attendibilità soggettiva di ciò che si vede. E mette in coerenza la durezza delle ombre con i limitati spazi di luce a disposizione.
                      Episodio solidamente dignitoso.
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                      • #12


                        Private eye , modi spicci e lingua affilata incontra un attore dello star system hollywoodiano che gli chiede di liberarlo dalla persecuzione di lettere minatorie, minacce ed invasioni della sua privacy da parte di chi sembra odiarlo visceralmente, conoscendo anche i dettagli irriferibili di tutta la sua vita, allo scopo _riuscito!_ di esasperarlo e troncargli la carriera…
                        Ritorno alle atmosfere hard boiled per il disegnatore piacentino Giovanni Freghieri , l’autore grafico di “Sorrow”, detective bogartiano che il sottoscritto è abbastanza vecchio da ricordarselo dalle pagine del glorioso “L’Intrepido”, alle stampe negli anni ’70 dall’Editrice Universo. In molti casi la gabbia bonelliana viene numericamente rispettata da fasce di tre vignette a sviluppo verticale che sacrificano gli sfondi ( in aggiunta ai caratteristici punti luce diretti e radenti…) lasciandoli anonimamente indefiniti o neutri. D’altronde non vi è grande spazio in preziosismi architettonici in questo drama teatralizzato su testi della bresciana Paola Barbato, che incalza piuttosto l’escursione dei volti e gli spasmi corporei di personaggi che sempre “recitano” più o meno bene nel fronteggiare le imbeccate del detective privato, avendo tutti qualcosa o tanto da perdere e da seppellire definitivamente. Tra le volute di fumo di mille sigarette, portate al viso quasi a scudare la parvenza e la leggibilità dei sentimenti ed innaffiate di liquore allungato dal fido barista come ricostituente per uomini veri, i tasselli del mistero trovano una loro composizione , ordinati da una mano tutt’altro che disinteressata.
                        Anche se lo “spiegone” definitivo inizia già da pag.85; con tutti gli elementi in mano l’episodio non si può propriamente definire un giallo , dando atto alla sceneggiatrice di aver saputo abilmente distrarre il lettore dalla percezione funzionale dei personaggi in gioco, sciogliendo un mistero che invece a posteriori emerge ,nella sua drammaticità, in maniera piana e meno costruita, dunque anche più credibile ed emozionale.
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                        • #13
                          io ho voluto prendere tutti i numeri del primo anno , e non ne sono stato deluso..

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                          • #14


                            Il titolo non è da intendersi in senso metaforico (!). Una miscellanea di spunti ispirativi, accavallati nella Francia seicentesca, tra cappe e spade da letteratura avventurosa (Dumas) e fantastica (Der Golem…).
                            Dialoghi d’uopo inclini al motteggio ridondante, storia dall’impianto classico che chiama all’appello tipici ingredienti quali l’inganno ed il raggiro; il ravvedimento e la morte eroica, la vendetta e l’aprirsi ad una storia d’amore…
                            Cenni del soggetto: dopo aver incrociato le lame con un misterioso ed ambiguo moschettiere mascherato, un giovane Duca che combatte in usbergo al lealismo regio viene persuaso che il Monarca _perdipiù suo cugino_ è minato nella salute ed ottenebrato nella mente dalla speciosa influenza del Cardinale Richelieu, che ormai ne detta la volontà animato da bramosie espansionistiche e vendicative specie verso gli inglesi, Protestanti.
                            Ne agevola gli intenti secolarizzati e guerrafondai D’Artagnan, perduto al “lato oscuro della forza”, ed un “Giocattolaio” esperto in marchingegni meccanici come pure di formule cabalistiche. Presosi il tempo , presso una miniera abbandonata, di assemblare una flotta navale invincibile e particolarissima, solo il Duca; il moschettiere, un frate ex spadaccino ed una gentildonna emancipata aggregati al seguito possono sovvertire i turpi piani del Porporato…
                            Illustra la sceneggiatura di Giovanni Gualdoni la sintesi dei disegni di Giorgio Pontrelli, meno stilizzato che ai tempi di “John Doe” ma sempre essenziale,un po’ rigido nello squadrare volti ed ambienti ed abbastanza invasivo (va detto che le locazioni dell’azione lo suggeriscono…) nell’inchiostrazione.
                            Numero di medio interesse.
                            "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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                            • #15
                              Prova risolta con mestiere da Carlo Ambrosini , qui autore completo, che non fa scoccare la scintilla dell’originalità immaginifica di altri suoi precedenti, poiché ribatte argomenti ampiamente sviscerati in casa Bonelli, esplicita la speculazione psicanalitica tagliando corto affidando direttamente ad un personaggio tra i principali la professione di psicoterapeuta e si cava d’impaccio in alcuni snodi narrativi con coincidenze fin troppo scoperte.
                              Volando alto con le premesse umanistiche, sembra pur concedersi un approccio auto-ironico: così valuto le non poche scene di dialogo ambientate in esercizi pubblici, quasi a premettere che si tratta di “chiacchere da bar” innervate su una vicenda che ha i tratti prosaici del riciclaggio di soldi sporchi con la cementificazione selvaggia, società di comodo e subappalti con caporalati e lavoratori deprivati di diritti e dignità. Fasi di un capitalismo maturo e selvaggio, che crea sradicamento ed esclusione sociale; particolarmente avvertita _questo è lo scenario_ tra i nativi americani, per essi stessi mortificati nelle Riserve ed incapaci, talvolta indolenti, sia di sottomettersi integralmente a logiche tribali e tradizioni separatiste che fatalmente guardano al passato, sia a concorrere competitivamente alla corsa dei beni materiali subordinando ad essi qualsiasi altra ricerca di senso, spiritualità ed armonia naturale.
                              Tocca ancora una volta ad un meticcio, metà indiano ma fattezze mitteleuropee alla Viggo Mortensen, con determinazione da reporter idealista portare alla luce il marcio dei cantieri e tentare di trovare il proprio posto nel mondo, in bilico tra due civiltà che non sempre sanno o vogliono contaminarsi a vicenda se non forse negli aspetti più deteriori.
                              I disegni padroneggiano l’alternanza tra ambienti metropolitani e paesaggi boschivi, mentre sulla figura umana il segno si attaglia particolarmente bene sui corpi segnati dall’età e dalla malattia oltre che alla marcata etnicità di alcuni personaggi, spesso impegnati in frangenti movimentati a farsi riconoscere.
                              Episodio in definitiva non senza mordente, ma piuttosto risaputo nei suoi caratteri distintivi e motivazionali.
                              "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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                              In esecuzione...
                              X
                              😀
                              🥰
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