Originariamente inviato da outis81
I vitelloni (1953) fu presentato a Venezia l’anno dopo il flop de Lo sceicco bianco, riscuotendo, stavolta, un'attenzione molto maggiore. Anch’esso atipico e spiazzante per l’epoca, il film superò le iniziali perplessità, imponendosi come l’opera di un autore importante ed originale e un nuovo modello di cinema intimistico ed autobiografico, capace per virtù stilistiche, sincerità di ispirazione ed universalità dei contenuti, di imporsi e farsi capire dal pubblico di tutto il mondo, nonostante la forte connotazione italiana della vicenda (questa caratteristica, comune alle opere successive, farà di Fellini l’autore nazionale più apprezzato ed amato all’estero). La storia dei cinque amici, giovani fannulloni di provincia, la cui vita trascorre tra scherzi goliardici e inutili speranze, ha influenzato numerosissime pellicole in diversi paesi, come Calle Mayor in Spagna (1955, di J.A. Bardem), Giovani mariti in Italia (1958, di Bolognini), e, in America, Mean Streets (1972, di Scorsese), American Graffiti (1973, di George Lucas) e All American Boys (1979, di Yates), solo per citare le più importanti.
E’ la pellicola nella quale emergono numerosi temi ricorrenti (di ispirazione prevalentemente autobiografica) nella filmografia di Fellini, come la poetica della memoria, l’influenza del contesto familiare e dell’educazione cattolica, la monotonia e la ristrettezza culturale della vita di provincia, la smania di evasione e le aspirazioni frustrate. Molti di questi temi saranno poi ripresi (e rielaborati) da un Fellini più maturo in Amarcord ma in chiave lirico fantastica e totalmente anti-realistica.
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