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  • proprio ieri mi sono letto La straordina invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick, pensate un pò.
    comunque per quanto sono d'accordo nel dare grossi meriti al lavoro di Meliès, si tratta pur sempre di un linguaggio narrativo allo stato brado, difficile ritenerlo vero e proprio cinema... che poi abbia contribuito enormemente alla sua nascita e al suo sviluppo, è fuor di dubbio.

    Giovedì 9 Febbraio
    I Love Radio Rock
    8,5

    Fantastico. Folle, divertente, un cast eccezionale, tutto al ritmo di gran musica... visione graditissima.

    Shame
    7

    Il racconto di un disturbo mentale, sicuramente eseguito in maniera sicura e lineare, senza forzature eccessive.
    Ma alla fine della visione, resta comunque ben poco... e non ho trovato neanche così grandiosa la prova di Fassbender, sinceramente.
    fedele seguace del team Apatow

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    • Originariamente inviato da Silente Visualizza il messaggio
      proprio ieri mi sono letto La straordina invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick, pensate un pò.
      comunque per quanto sono d'accordo nel dare grossi meriti al lavoro di Meliès, si tratta pur sempre di un linguaggio narrativo allo stato brado, difficile ritenerlo vero e proprio cinema... che poi abbia contribuito enormemente alla sua nascita e al suo sviluppo, è fuor di dubbio.
      Però vedi, anche quei film avevano un proprio linguaggio, una propria grammatica, e soprattutto, aspetto che ovviamente per me fa la differenza, un proprio fine ed una propria identità espressiva nell'illustrare un racconto. Tenendo conto di questo non posso fare a meno di considerarlo cinema, nel senso più completo del termine. In seguito c'è stata un'evoluzione, sono state fissate delle "regole", e un determinato modo di strutturare le immagini su una linea narrativa è giunto fino ai giorni nostri. Ma siamo noi che abbiamo fissato queste regole dandole per buone e talvolta assolute. E se il linguaggio non si fosse arricchito (che preferisco al termine "evoluto"), nessuno avrebbe mai avuto dubbi nell'assegnare una valenza cinematografica a quelle opere. Trovo che le regole, nel campo delle arti, abbiano sempre avuto un'importanza relativa (e il nuovo è sempre sbocciato ogni volta che si sono infrante). Non c'è niente che impedisca a qualcuno di tornare a fare cinema come lo faceva il pioniere del fantastico (magari con un piglio speciale e, chessò, con tecnologie all'avanguardia. Sto ipotizzando eh!), e potenzialmente non c'è niente che impedisca l'ottenimento di un risultato coinvolgente, bello, interessante (e pure nuovo, perchè no!) a livello espressivo! :-)


      P.S.

      Anch'io adoro I Love Radio Rock!:mrgreen:

      I bastardi hanno atterrato!! http://www.badtaste.it/rubriche/il-borg
      http://www.destroythismovie.com

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      • Originariamente inviato da SE7EN
        Per me non è pietra miliare né capolavoro, lo vedo come il solito film che piace tanto all'Academy.
        Che sia emozionante è soggettivo, che sia di grande spessore concettuale dubito fortemente. Sempre che qualcuno non voglia sottoporre ad attenta lettura il suo punto di vista inoltre non l'ho apprezzato a livello tecnico, montaggio in primis.
        Che non possa essere visto come un capolavoro è soggettivo, mentre i meriti che rendono Il cacciatore un capolavoro immortale sono invece molteplici e oggettivi. L'elemento più lampante del (miglior) film di Cimino è l'impostazione narrativa che abbraccia la scelta di porre l'attenzione sulle conseguenze della guerra, piuttosto che sulla guerra stessa, sulle conseguenze che questa tragedia comporta ai suoi giovani ragazzi. Quello di Cimino si trasforma quindi in un sontuoso e struggente affresco sull'America dei '70, sulle sue speranze, le sue delusioni e le profonde contraddizioni, che fa breccia nell'animo dello spettatore per l'intelligenza e il trasporto con il quale dimostra gli effetti della mostruosità delle azioni dell'uomo. Siano esse la follia, la mutilazione oppure l'irrimediabile senso di dolore e l'incomunicabilità di un'esperienza che nessuno di coloro che sono rimasti a casa è in grado di comprendere. Non gli amici, non il soggetto d'amore. Non è un caso che l'unico dei tre amici che riuscirà in qualche modo a "salvarsi" fosse il più solitario e riflessivo del gruppo, una sorta di emerginato in partenza. Nel film sono anche presenti due metafore molto forti, che si sdoppiano assumendo nuovo significato alla fine del conflitto: la caccia al cervo e la roulette della morte.

        Ma, al di là di tutto, al di là della regia ferma, impeccabile ed intimamente potente, della sceneggiatura di ferro, della straordinaria fotografia di taglia quasi espressionista, del montaggio che, insieme alla regia, dilata i tempi della narrazione per poi concedere delle brecce fulminee come un colpo di pistola, il paradiso e l'inferno, delle interpretazioni (anche improvvisate, come lo sputo di Walken [il migliore] che non ricordava la battuta e la conseguente reazione naturale di De Niro, oppure la fuga in elicottero dove Savage si ruppe realmente la gamba cadendo e le grida erano reali, o come l'interpretazione di Cazale che era in fin di vita [malato di cancro alle ossa] durante le riprese che cambiarono tabella di marcia per permettergli di girare il prima possibile tutte le sue scene in vista della prossimità della morte) memorabili di un cast fenomenale, dell'essenzialità di una musica perfetta nel suo dimesso rispetto verso il vuoto dell'animo, di un dramma umano che diventa un affresco della storia dell'America e dei suoi giovani, mi chiedo come sia possibile rimanere emotivamente indifferenti rispetto alla sincerità struggente di un dramma di tali e sublimi proporzioni. Come rimanere indifferenti all'abisso di malinconia che, durante l'ultimo "giorno del cielo" di un gruppo di amici, accarezza lo schermo in un ultimo momento di sana ed alcolica euforia sulle note "strimpellate" di Can't take my eyes off you. Come rimanere indifferenti all'impatto della prigionia dei Vietkong, e alla maggior parte di scene memorabili di questo capolavoro? Si rimane incollati alla sedia per tutte le tre ore, fino all'intimo e perfetto finale dove l'intonazione dell'inno statunitense in memoria di Nick e di tutti i ragazzi morti in guerra diventa un paradossale canto funereo di amara riflessione: è possibile che, per servire le azioni del proprio paese, i propri giovani debbano pagare uno scotto così salato?
        La profonda mancanza di spiritualità di colui che non percepisce, ma giudica l’arte, il suo rifiuto e la sua mancanza di disponibilità a riflettere sul significato e sullo scopo della propria esistenza nel significato più alto del termine, assai sovente vengono mascherate con l’esclamazione primitiva fino alla volgarità: "Non mi piace!", "Non mi interessa!". Il bello è celato a coloro che non cercano la verità.

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        • Quello che ha scritto l'utente "il borg", meriterebbe ampia risposta, a partire dalla teoria di Burch sulla funzione di cinema primitivo e istituzionale.

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          • Originariamente inviato da Il Borg Visualizza il messaggio
            Però vedi, anche quei film avevano un proprio linguaggio, una propria grammatica, e soprattutto, aspetto che ovviamente per me fa la differenza, un proprio fine ed una propria identità espressiva nell'illustrare un racconto. Tenendo conto di questo non posso fare a meno di considerarlo cinema, nel senso più completo del termine. In seguito c'è stata un'evoluzione, sono state fissate delle "regole", e un determinato modo di strutturare le immagini su una linea narrativa è giunto fino ai giorni nostri. Ma siamo noi che abbiamo fissato queste regole dandole per buone e talvolta assolute. E se il linguaggio non si fosse arricchito (che preferisco al termine "evoluto"), nessuno avrebbe mai avuto dubbi nell'assegnare una valenza cinematografica a quelle opere. Trovo che le regole, nel campo delle arti, abbiano sempre avuto un'importanza relativa (e il nuovo è sempre sbocciato ogni volta che si sono infrante). Non c'è niente che impedisca a qualcuno di tornare a fare cinema come lo faceva il pioniere del fantastico (magari con un piglio speciale e, chessò, con tecnologie all'avanguardia. Sto ipotizzando eh!), e potenzialmente non c'è niente che impedisca l'ottenimento di un risultato coinvolgente, bello, interessante (e pure nuovo, perchè no!) a livello espressivo! :-)
            guarda, quando dici che le regole le abbiamo imposte noi, con me sfondi una porta aperta.
            perciò andrei più che altro a sensazioni... non nego che i lavori di Meliès non abbiano una loro storia, ma quando li ho visti (così, come, per esempio, quelli dei fratelli Lumière) l'impressione che ho avuto è che non fossero altro che "esperimenti". affascinanti, impressionanti, ma pur sempre esperimenti. la mancanza di un montaggio, di un movimento di macchina, ecc... sono comunque dei limiti su cui difficilmente riesco a passar sopra, per poter considerarli tecnicamente cinematografici.
            è cinema primitivo, con tutti i fattori che quest'accezione si porta dietro.
            fedele seguace del team Apatow

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            • Originariamente inviato da Dwight Visualizza il messaggio
              Che non possa essere visto come un capolavoro è soggettivo, mentre i meriti che rendono Il cacciatore un capolavoro immortale sono invece molteplici e oggettivi. L'elemento più lampante del (miglior) film di Cimino è l'impostazione narrativa che abbraccia la scelta di porre l'attenzione sulle conseguenze della guerra, piuttosto che sulla guerra stessa, sulle conseguenze che questa tragedia comporta ai suoi giovani ragazzi. Quello di Cimino si trasforma quindi in un sontuoso e struggente affresco sull'America dei '70, sulle sue speranze, le sue delusioni e le profonde contraddizioni, che fa breccia nell'animo dello spettatore per l'intelligenza e il trasporto con il quale dimostra gli effetti della mostruosità delle azioni dell'uomo. Siano esse la follia, la mutilazione oppure l'irrimediabile senso di dolore e l'incomunicabilità di un'esperienza che nessuno di coloro che sono rimasti a casa è in grado di comprendere. Non gli amici, non il soggetto d'amore. Non è un caso che l'unico dei tre amici che riuscirà in qualche modo a "salvarsi" fosse il più solitario e riflessivo del gruppo, una sorta di emerginato in partenza. Nel film sono anche presenti due metafore molto forti, che si sdoppiano assumendo nuovo significato alla fine del conflitto: la caccia al cervo e la roulette della morte.

              Ma, al di là di tutto, al di là della regia ferma, impeccabile ed intimamente potente, della sceneggiatura di ferro, della straordinaria fotografia di taglia quasi espressionista, del montaggio che, insieme alla regia, dilata i tempi della narrazione per poi concedere delle brecce fulminee come un colpo di pistola, il paradiso e l'inferno, delle interpretazioni (anche improvvisate, come lo sputo di Walken [il migliore] che non ricordava la battuta e la conseguente reazione naturale di De Niro, oppure la fuga in elicottero dove Savage si ruppe realmente la gamba cadendo e le grida erano reali, o come l'interpretazione di Cazale che era in fin di vita [malato di cancro alle ossa] durante le riprese che cambiarono tabella di marcia per permettergli di girare il prima possibile tutte le sue scene in vista della prossimità della morte) memorabili di un cast fenomenale, dell'essenzialità di una musica perfetta nel suo dimesso rispetto verso il vuoto dell'animo, di un dramma umano che diventa un affresco della storia dell'America e dei suoi giovani, mi chiedo come sia possibile rimanere emotivamente indifferenti rispetto alla sincerità struggente di un dramma di tali e sublimi proporzioni. Come rimanere indifferenti all'abisso di malinconia che, durante l'ultimo "giorno del cielo" di un gruppo di amici, accarezza lo schermo in un ultimo momento di sana ed alcolica euforia sulle note "strimpellate" di Can't take my eyes off you. Come rimanere indifferenti all'impatto della prigionia dei Vietkong, e alla maggior parte di scene memorabili di questo capolavoro? Si rimane incollati alla sedia per tutte le tre ore, fino all'intimo e perfetto finale dove l'intonazione dell'inno statunitense in memoria di Nick e di tutti i ragazzi morti in guerra diventa un paradossale canto funereo di amara riflessione: è possibile che, per servire le azioni del proprio paese, i propri giovani debbano pagare uno scotto così salato?
              La prima frase è una grossa contraddizione. I meriti che tu citi non sono oggettivi perchè tu li percepisci come tali, mentre io no. Dipendono dal soggetto che li analizza, non dall'oggetto analizzato. Il tuo è un punto di vista, ora saprai il mio.
              Le curiosità riguardo al film sono senza dubbio degli aneddoti interessanti ma ciò che conferisce ad una pietra miliare il suo titolo non sono gli incidenti di percorso, bensì il risultato. Il film, per come la vedo io, si basa quasi esclusivamente su una manciata di scene cardine e sulla performance degli attori. Il migliore è Robert De Niro, non dico altro. John Cazale non ha fornito una performance memorabile e non mi ha comunicato nulla di così straziante, ha interpretato bene il suo ruolo ma non vedo come la malattia che ha sofferto dovrebbe influenzare il mio giudizio. Christopher Walken è stato il migliore dopo De Niro ma per la maggiorparte del suo screen-time è inserito in un contesto tutt'altro che disagiato. Per me il suo comportamento nel finale del film è tutt'altro che giustificato, non si capiscono le sue ragioni e i motivi per i quali agisce. Questo problema è prettamente legato al montaggio: l'inferno che conosce in Vietnam è mostrato per una durata troppo esigua per far capire allo spettatore cosa ha vissuto. Non sto dicendo che la scena della roulette russa è inefficace, tuttavia si tratta di una scena inserita tra due macro-cosmi temporali che non si incontrano neanche con una mediazione di questo tipo. Senza contare il fatto che, a livello tecnico, un montaggio del genere è spiacevole a vedersi --> ultima sera in America/stacco/momento indefinito in Vietnam/stacco/prigionia e ruolette russa. Non crea l'atmosfera, non crea la tensione, non crea pathos. Biogna sentire il calore della brace prima di essere gettati nelle fiamme. Cosa sarebbe Apocalypse Now senza il viaggio lungo il fiume? Cosa sarebbe Full Metal Jacket senza l'addestramento? E Platoon senza i violenti attacchi dei vietcong? Tutti film che, per inciso, ritengo molto superiori a Il Cacciatore. Ora, io so bene che questo non è un film sul Vietnam. Il problema è proprio questo: non vale la pena prendere in considerazione il conflitto vietnamita se l'intenzione è quella di offrire uno spaccato di vita dell'America anni '70. Arrivato a questo punto dico che è più efficace First Blood dal momento che il Vietnam è presente solo come spettro del passato, lontano e tormentoso. Non ha senso mostrare le conseguenze della guerra se la guerra si risolve in un quarto d'ora e il film dura quasi tre ore, in particolare se si desidera mostrare un lungo antefatto.
              Inoltre il personaggio di Michael non mi è sembrato un emarginato, anzi è il leader del gruppo se così può essere chiamato. E l'incomunicabilità che dimostra al suo ritorno è molto debole, soprattutto se il suo cambiamento si risolve in una banale metafora nella caccia al cervo. Qual è il concetto chiave? Non riesce a uccidere l'animale perchè memore del concetto "one shot one kill" che aveva sperimentato in Vietnam? Non era meglio elaborare la metafora considerando il parallelo uomo-animale e approfondire il discorso ampliando la funzione della guerra? Tra l'altro, ricollegandomi al discorso sul montaggio e su Walken, arriviamo a quelli che - con il senno di poi - passano tranquillamente per dei "buchi" di sceneggiatura. Può darsi che mi sbagli ma io dubito che il copione prevedesse dei salti così bruschi. Decisamente non un script di ferro. Inoltre, per quanto riguarda il personaggio di Nick, non c'è una caratterizzazione adeguata a giustificare il suo comportamento. Perchè é rimasto sconvolto? Perchè fugge via anche dopo aver visto Mike? Perchè alla fine sembra in trance e non dice nulla?
              E qua veniamo ai problemi di regia! asd Molte cose avrebbero acquisito uno spessore maggiore se il film fosse stato girato solo ed esclusivamente dal punto di vista di Mike. Teoricamente è proprio così ma in pratica... non lo è affatto. L'esempio più lampante è la scena all'ospedale dei veterani con un Nick in lacrime, percepita come un'isola in mezzo ad un mare di vicende totalmente estranee. Lo stesso vale per la sequenza a Saigon, ma lì il discorso è un pò diverso perchè alla roulette c'è anche il suo amico. Il film, visto con gli occhi di Mike, avrebbe acquisito molto più valore, e la scena dell'ultima roulette sarebbe stata molto più straziante perchè l'immedesimazione nel protagonista avrebbe raggiunto l'apice. Per il resto la regia è molto formale (appunto quella che piace all'Academy), a volte quasi piatta. Nel complesso fa molto "vecchia scuola" per via di una globale staticità di fondo, con pochi primi piani e praticamente nessuna inquadratura di dettaglio che, tipicamente, conferisce ritmo alla narrazione. Tanto per fare un esempio recente, a livello di ritmo e nudo montaggio non c'è paragone con The Girl with the Dragon Tattoo di Fincher, lo stesso vale anche per film di recente uscita come The Dark Knight, District 9 o Drive. Secondo i miei gusti ovviamente.
              La fotografia propone un quadro niente male nelle scene in esterno-notte e in qualche spazio in interno ma per il resto non c'è nulla da segnalare: le scene di giorno mi sono sembrate scarne, prive di qualsiasi caratterizzazione, anche troppo taglienti per i miei gusti. Mi vengono in mente le scene ambientate in montagna, dove l'ottima scenografia non è valorizzata da una luce adeguata in quanto si basa su una diffusa alquanto piatta. Al tramonto sarebbe stata tutt'altra cosa.
              Comunque sì, finale vietnamita escluso, Il Cacciatore mi ha lasciato piuttosto marmoreo e sbadigliante. Non un movimento neanche nell'ultimissa stucchevole scena. Mi sono rimaste solo un paio di scene cult, roulette russa e relativa fuga in primis. Per il resto, ognuno ci vede ciò che vuole. Secondo me, con Stallone nei panni di De Niro il film sarebbe stato uguale ma al contempo molto meno riverito agli occhi dei cinefili.

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              • Originariamente inviato da SE7EN Visualizza il messaggio
                Secondo me, con Stallone nei panni di De Niro il film sarebbe stato uguale ma al contempo molto meno riverito agli occhi dei cinefili.
                Stiamo parlando di una delle migliori interpretazioni di de Niro in assoluto....
                "Ore come mesi; giorni come anni. Sono entrato nell'età dell'oro. Sono stato sulla riva di un nuovo mondo."

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                • Il tuo commento conferisce un peso ancora maggiore alle mie parole asd

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                  • Originariamente inviato da SE7EN Visualizza il messaggio
                    La prima frase è una grossa contraddizione. I meriti che tu citi non sono oggettivi perchè tu li percepisci come tali, mentre io no. Dipendono dal soggetto che li analizza, non dall'oggetto analizzato. Il tuo è un punto di vista, ora saprai il mio.
                    Esatto, dipende dal soggetto che li analizza.

                    Le curiosità riguardo al film sono senza dubbio degli aneddoti interessanti ma ciò che conferisce ad una pietra miliare il suo titolo non sono gli incidenti di percorso, bensì il risultato.
                    Non mi sembra vero di doverlo specificare ma spesso sono proprio le situazioni estreme e gli inconvenienti a tirare fuori qualcosa di non premeditato in grado di migliorare il risultato, come nel Cacciatore. Ne parlammo quest'estate tra l'altro...

                    Senza contare il fatto che, a livello tecnico, un montaggio del genere è spiacevole a vedersi --> ultima sera in America/stacco/momento indefinito in Vietnam/stacco/prigionia e ruolette russa. Non crea l'atmosfera, non crea la tensione, non crea pathos. Biogna sentire il calore della brace prima di essere gettati nelle fiamme. Cosa sarebbe Apocalypse Now senza il viaggio lungo il fiume? Cosa sarebbe Full Metal Jacket senza l'addestramento? E Platoon senza i violenti attacchi dei vietcong?
                    Non sarebbero Il cacciatore, per l'appunto. Che, per inciso, è inferiore solo (e di un bel pò) ad Apocalypse Now, trai film qui citati. Quella è una scelta narrativa perfettamente in linea con l'idea di rendere immediato, doloroso, scioccante e fulmineo il passaggio dalla vita di tutti i giorni all'orrore della guerra. E' perfettamente funzionale, e funziona alla grande.

                    Ora, io so bene che questo non è un film sul Vietnam. Il problema è proprio questo: non vale la pena prendere in considerazione il conflitto vietnamita se l'intenzione è quella di offrire uno spaccato di vita dell'America anni '70.
                    Ehm... sai, le due cose sono strettamente collegate. Ma ognuno ci vede quello che vuole, giusto?

                    Comunque sì, finale vietnamita escluso, Il Cacciatore mi ha lasciato piuttosto marmoreo e sbadigliante. Non un movimento neanche nell'ultimissa stucchevole scena. Mi sono rimaste solo un paio di scene cult, roulette russa e relativa fuga in primis. Per il resto, ognuno ci vede ciò che vuole.
                    Ti correggo, ricollegandomi a qui sopra: ognuno ci vede ciò che riesce, a volte. Ricordando che l'impatto di un film sull'emotività dello spettatore può essere regolato da tutto tranne che dalla volontà.

                    Secondo me, con Stallone nei panni di De Niro il film sarebbe stato uguale ma al contempo molto meno riverito agli occhi dei cinefili.
                    Ecco, quest'ultimo appunto posticcio mi ha fatto passare la voglia di discuterne. Non ne vedo più il senso, francamente.
                    La profonda mancanza di spiritualità di colui che non percepisce, ma giudica l’arte, il suo rifiuto e la sua mancanza di disponibilità a riflettere sul significato e sullo scopo della propria esistenza nel significato più alto del termine, assai sovente vengono mascherate con l’esclamazione primitiva fino alla volgarità: "Non mi piace!", "Non mi interessa!". Il bello è celato a coloro che non cercano la verità.

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                    • Originariamente inviato da Dwight Visualizza il messaggio
                      Esatto, dipende dal soggetto che li analizza.
                      Quindi è soggettivo

                      Ehm... sai, le due cose sono strettamente collegate. Ma ognuno ci vede quello che vuole, giusto?
                      Sì, so bene che sono collegate. Ma non è obbligatorio mostrare il Vietnam. Taxi Driver?

                      Ti correggo, ricollegandomi a qui sopra: ognuno ci vede ciò che riesce, a volte.
                      Esatto, ognuno vede ciò che riesce.

                      Ecco, quest'ultimo appunto posticcio mi ha fatto passare la voglia di discuterne. Non ne vedo più il senso, francamente.
                      L"appunto posticcio" è meno scontato di ciò che sembra. Se vuoi tronchiamo anche, l'importante è che ognuno abbia esposto la propria opinione.

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                      • Uomini Che Odiano le Donne:

                        premessa, non ho letto ne libro ne visto film svedese...
                        che dire, difficile valutare appieno l'ultima opera del regista di TSN, una visione forse è troppo poco...ho già voglia di rivederlo, anche se mi sento "incompleto", sarà per la questione commerciale legata ai successivi episodi? probabile, ho avvertito una sorta di "freno" in alcune situazioni, ma sopratutto non ho propriamente gradito l'uso dell'ormai famosa "scena dello stupro"...anche se posso comprendere "la furbata"... uno stacco sulla porta che si chiude...bastava penso...anche se il film richiede un certo "tipo" di violenza, e non avendo letto il libro posso solo immaginare...anzi no, Fincher mi ha mostrato la sua visione, ed è disgustosa...
                        il lavoro di regia è di una bravura indiscussa... un compitino (il primo di una serie) ben svolto a pieni voti sotto ogni profilo, l'abilità per come tutto il film è montato (anche con il freno tirato) è "pazzesca", (attualmente solo Refn può tenergli testa) con musiche e inquadrature dove si percepiva "il brivido" immergendoti perfettamente nel "caso" e nel contesto...

                        voto: 6.5

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                        • Così, a buffo... ma quindi il criminale Barnes che in The Great Train Robbery di Porter del 1903, sfonda la quarta parete e "spara" verso il pubblico è già un esempio di metacinema? Direi perentoriamente "no", perché non basta un movimento di macchina o una trovata per dire "ecco fatto signori, a voi il cinema".

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                          • Guida galattica per autostoppisti
                            A volte confuso, assolutamente folle, a tratti geniale.
                            Qualcuno ha letto i romanzi?

                            Letterboxd

                            Hemingway una volta ha scritto: "Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso." Condivido la seconda parte.

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                            • Originariamente inviato da SE7EN Visualizza il messaggio
                              Quindi è soggettivo
                              Anche il parere del mio coinquilino, con il quale l'ho rivisto qualche mesetto fa è soggettivo, e lui si è annoiato una cifra, per esempio. Ma questo parere come tanti altri non intacca certo il valore di un'opera sontuosa come questa, che vanta svariate qualità intrinseche e peculiari che, penso io, solo uno sprovveduto non può cogliere. Poi si può mettere in discussione qualsiasi cosa. Prova a chiedere ai tuoi amici cosa ne pensano di 2001. La maggior parte, se l'ha visto, ti dirà che è un mattone incapibile. Non a caso feci la distinzione tra volere vedere e riuscire a vedere. Non voglio sembrare saccente, ma proprio non riesco a concepire cose come "il montaggio di TDK o di District 9 fanno la barba a questo". Mamma mia, lo shock di venire catapultati bruscamente nell'inferno della giungla dopo un'ora di dilatazioni temporali così pregne di calore umano, ma anche di velata malinconia, è proprio qualcosa di cinematograficamente meraviglioso, sorprendente e originale. E poi mi tocca sentire certe cose.


                              Sì, so bene che sono collegate. Ma non è obbligatorio mostrare il Vietnam. Taxi Driver?
                              Ma non è nemmeno obbligatorio non mostrarlo, diamine! Non sarebbe Il cacciatore, appunto.

                              Se vuoi tronchiamo anche, l'importante è che ognuno abbia esposto la propria opinione.
                              E' successo, e basta e avanza, direi.
                              La profonda mancanza di spiritualità di colui che non percepisce, ma giudica l’arte, il suo rifiuto e la sua mancanza di disponibilità a riflettere sul significato e sullo scopo della propria esistenza nel significato più alto del termine, assai sovente vengono mascherate con l’esclamazione primitiva fino alla volgarità: "Non mi piace!", "Non mi interessa!". Il bello è celato a coloro che non cercano la verità.

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                              • Originariamente inviato da Tobias Visualizza il messaggio
                                Nemmeno io, sarà che Bullet In The Head m'è rimasto più impresso. asd
                                eheh, quello è "Il cacciatore del sol levante" asd.
                                Il film di Cimino è più introspettivo, ma Woo non ci va leggero e disegna una tragedia psicologica niente male.
                                Sono una persona semplice, guardo film e non rompo il cazzo.

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