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Le notti di Cabiria, di Federico Fellini
Molto bello questo film di Fellini in cui convivono due anime, una drammatica, commovente e poetica da una parte, e dall'altra un'anima più "farsesca" e carnascialesca. Entrambe queste due anime si incarnano in una bravissima Giulietta Masina, che si presta ad impersonare una prostituta alla ricerca di affetto sincero e, per questo, continuamente raggirata.
Dopo I vitelloni, un ulteriore passo in avanti verso i tratti stilistici "maturi". Lo consiglio vivamente, vi ritroverete a ridere di gusto come anche ad essere toccati dalla vicenda della protagonista.
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Originariamente inviato da outis81 Visualizza il messaggioLe notti di Cabiria, di Federico Fellini[FONT=lucida grande]"Il cinema non fornisce ciò che desideri, ti spiega come desiderare." Slavoj Žižek
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Originariamente inviato da outis81 Visualizza il messaggioLe notti di Cabiria, di Federico Fellini
Molto bello questo film di Fellini in cui convivono due anime, una drammatica, commovente e poetica da una parte, e dall'altra un'anima più "farsesca" e carnascialesca. Entrambe queste due anime si incarnano in una bravissima Giulietta Masina, che si presta ad impersonare una prostituta alla ricerca di affetto sincero e, per questo, continuamente raggirata.
Dopo I vitelloni, un ulteriore passo in avanti verso i tratti stilistici "maturi". Lo consiglio vivamente, vi ritroverete a ridere di gusto come anche ad essere toccati dalla vicenda della protagonista.
La storia della piccola prostituta, umiliata ed offesa ma salvata dall’istintivo vitalismo, non ha più né gli accenti tragici né quelli allegorici di una parabola sulla "grazia", come i precedenti La strada e Il bidone. Fellini manifesta un sempre maggiore scetticismo sui valori religiosi, denunziandone il sottofondo di credulità e superstizione, ed evolve verso un laicismo scettico e problematico, che esorcizza i dubbi dell’anima attraverso il potere liberatorio della fantasia. Tra le altre cose per questo film Fellini è insignito di un secondo Oscar."E' buffo come i colori del vero mondo diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo"
Votazione Registi: link
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Giovedì 16 febbraio 2012 .
Conan il Barbaro di Marcus Nispel .
Noleggiato oggi il dvd di questo remake/reboot del film cult con Schwarzy e guardato questo pomeriggio alle 17:32 ,devo premettere che purtroppo non ho mai letto il racconto dal quale si basano anche i due film kolossal originali,ma secondo i miei gusti devo dire che questo film non mi ha preso nel senso che non mi ha saputo dare le stesse emozioni che provavo guardando i due film con Schwarzy ,se devo dirla tutta l'unica cosa buona di questo film é il nuovo bellone di turno Jason Momoa che assomiglia al cimmelio dei fumetti,per il resto dico che speravo in meglio dato che il regista Marcus Nispel é noto solamente per aver diretto quel capolavoro di remake del film horror Non aprite quella porta anche se come film Pathfinder non bisognerebbe contarlo per quanto orribile era,comunque spero che qualcuno sia daccordo con me .
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Originariamente inviato da Tobias Visualizza il messaggioTi quoto perché 'ho rivisto giusto ieri notte, ché non mi riusciva di prendere sonno. Sarà la 5°/6° volta che lo rivedo, ed ogni volta ri-realizzo che la versione mastodontica originale ormai perduta, quella da una quarantina di rulli, deve essere stata qualcosa di assurdo. Così come altrettanto assurdo è il fatto che, le amputazioni anch'esse mastodontiche della produzione e lo scorrere del tempo, non ne abbiano intaccato minimamente la potenza. Per me è questo il risultato più alto del cinema muto, insieme a Sunrise di Murnau.
Sono anche d'accordo con franzo89: dopo 8 e mezzo, La dolce vita, La strada e Amarcord trovo che questo sia il Fellini migliore.La profonda mancanza di spiritualità di colui che non percepisce, ma giudica l’arte, il suo rifiuto e la sua mancanza di disponibilità a riflettere sul significato e sullo scopo della propria esistenza nel significato più alto del termine, assai sovente vengono mascherate con l’esclamazione primitiva fino alla volgarità: "Non mi piace!", "Non mi interessa!". Il bello è celato a coloro che non cercano la verità.
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Lunedì 13 Febbraio 2012
War Horse di Steven Spielberg (2011)
Devo ammettere di essermi diretto nella desolata e buia sala dell’anteprima in lingua originale con qualche timore nei confronti dell’ultima fatica spielberghiana: la campagna marketing della Disney sembrava far intravedere, soprattutto nell’ultimo periodo, un film eccessivamente mieloso e retorico, capace di far salire i valori di glicemia anche al più coriaceo degli spettatori. Ma calata l’oscurità e sceso il silenzio in sala, ho formattato la zona del mio cervello riguardante il film e mi sono messo comodo.
Un pastorale solo di flauto incornicia lo splendore agreste di lunghe panoramiche sui paesaggi dell’altopiano di Dartmoor, in Cornovaglia.
Così si apre War Horse, con una scena che mette subito in chiaro pregi e difetti del film di Spielberg.
Tratto dal romanzo di Michael Morpurgo, ma influenzato anche dall’adattamento teatrale di Nick Stafford, la storia di Albert Narracott e del suo cavallo Joey è stata trattata prima da Lee Hall e successivamente da Richard Curtis ed è proprio in questo adattamento che il film mostra i suoi limiti maggiori. Diviso in tre atti ben delineati, la parte centrale si struttura nell’articolazione dei tanti incontri che investono Joey, ognuno con protagonista personaggi danneggiati in maniera differente dal conflitto che in un modo o nell’altro riescono ad evadere dal loro logoramento grazie all’incontro con l’animale. Purtroppo formalmente la coesione dei vari segmenti fallisce nel dare un senso unitario alla narrazione, ponendoci di fronte una serie di eventi in successione che non trovano un elemento forte ad amalgamarli. Se nel libro la narrazione avviene sempre tramite il punto di vista di Joey, qui il focus è posto sulla visione cangiante dei suoi diversi detentori che, se da un lato costruisce un maggiore senso di coralità, dall’altro ha come conseguenza la mancanza di un elemento trainante che eviti la suddivisione della storia in tanti episodi che tendono a reiterare tutti la stessa forma.
Ma è proprio in questi episodi della parte centrale che risiedono le scene più memorabili della pellicola: basti pensare alla silenziosa carica di inizio secondo atto, alla “sfuriata disperata” nella “terra di nessuno” o ancora il traino dei cannoni, tutte sequenze che mostrano l’impetuosa abilità tecnica del regista.
Di maggiore unità risultano invece il primo ed il terzo atto, nel quale Spielberg firma forse uno dei suoi finali migliori, omaggiando con grande forza visiva Gone with the Wind e richiamando il suo E.T.: The Extra-Terrestrial nella volontà di delegare la narrazione unicamente alle immagini e alla musica.
Proprio nel reparto registico-fotografico il film gioca alcune delle sue carte migliori, mostrano uno Spielberg in gran forma che gira un film stilisticamente collocabile nella grande tradizione hollywoodiana, mettendo di fianco ai suoi marchi di fabbrica (carrelli ad avanzare sullo sguardo sbigottito dei personaggi, sottili giochi di riflessi) tutta la forza di cineasti del passato come David Lean, John Ford, Victor Fleming; ma Spielberg si concede anche a qualche sperimentazione inedita nella sua filmografia, utilizzando una mirabile transizione sullo stile di quelle meravigliose viste nel recente The Adventures of Tintin – The Secret of the Unicorn e piazzando spesso la telecamera in luoghi del tutto inaspettati. La fotografia del sempre presente Janusz Kaminski, abbandona i toni sporchi ed algidi delle precedenti collaborazioni col regista per aprirsi ad una paletta di colori più ampia che va a dipingere inquadrature costruite minuziosamente rimandanti quasi ad una matrice pittorica: i personaggi e gli oggetti di scena vengono fatti entrare ed uscire dal campo visivo con gran classe e come avveniva nel già citato Tintin, in alcuni casi più azioni si svolgono simultaneamente su più piani della stessa composizione, ma è nella luce che Kaminski trova il suo migliore alleato, riuscendo a creare volti rugosi, ma allo stesso tempo morbidi e armoniosi. Una cosa a cui invece non si porrà forse mai rimedio sono le classiche “ombre multiple” create dall'illuminazione artificiale che in alcuni casi (soprattutto nella prima parte) si fanno parecchio evidenti: un difetto classico che non inficia il risultato finale, ma che non posso fare a meno di notare.
A commento dell’eccezionale quadro visivo John Williams firma una delle migliori colonne sonore degli ultimi 10 anni, capace di far vivere bellezza con la medesima, grande intensità. La maturità espressiva di Williams non ha eguali nella musica contemporanea, capace com’è di balzare sempre con estrema profondità da pagine bucoliche altamente evocative a momenti di intensa drammaticità, passando per atmosfere terrificanti e passaggi di furia estrema. Come il film, anche lo score si suddivide in tre atti, ma a differenza della pellicola che commenta, la musica gode di un’unità stilistica e narrativa invidiabile. La desolazione e l'inaridimento dei colori timbrici portata dalla guerra nella seconda parte (in conflitto con la lirica e tematicamente ricca prima parte) produce le sue conseguenze nel terzo atto e Williams si libera, lasciandosi andare a momenti di intensa emotività mai banale o eccessiva, ma, anzi, estremamente accorta. È qui che viene presentata l'idea melodica più bella dell'intero score, una variazione inedita del main theme nata dalla consapevolezza della perdita e dal dolore degli eventi affrontati che trova il suo miglior sfogo in Remembering Emilie, and Finale: alla sua toccante esposizione per pianoforte segue a conclusione della narrazione in maniera breve e desolata il tema della guerra, riassumendo in un pochi minuti il senso del film e congedandosi dallo spettatore con una straordinaria sottolineatura del non detto.
I personaggi e le loro relazioni all’interno dell’arco narrativo sono spudoratamente spielberghiani: conflitti famigliari, rapporti di intensa amicizia ed un certo senso naif nei confronti della vita. Ma se gli adulti sono tutti molto ben costruiti ed interpretati (le performances di Emily Watson, Peter Mullan, David Thewlis, Benedict Cumerbatch, Tom Hiddleston e Niels Arestrup sono encomiabili), le figure più giovani, protagonista incluso, risultano eccessivamente fuori dal mondo ed ingenue: vorrebbero essere genuinamente candide ed ammaliate da ciò che avviene intorno a loro come i migliori personaggi del cinema spielberghiano (a questa voce vedere Close Encounters of the Third Kind) ma risultano piuttosto, soprattutto nel caso di Jeremy Irvine, forzate e falliscono nel creare una relazione empatica con lo spettatore.
Un difetto non da poco perché con una scrittura migliore sarebbe potuto diventare un nuovo caposaldo nella carriera del regista, che però deve accontentarsi di un film imperfetto che trae forza da momenti singoli in cui è presente il grande cinema, ma che risulta troppo sfilacciato per poter coinvolgere totalmente.
6 le nominations agli Academy Awards (miglior film, fotografia, scenografia, colonna sonora, sonoro e montaggio sonoro) e sicuramente il tuto si risolverà in un nulla di fatto ma spero che almeno al superbo score di John Williams venga tributato il giusto merito, perché quanto di buono (e non è affatto poco) c’è nel film, è merito anche della sua musica.
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Cape Fear – Scorsese
L’ho trovato moscio. La storia di per sé è parecchio prevedibile e si capisce ben presto dove e come andrà a parare. Il potenziale discorso sui pericoli della giustizia privata e della vendetta bypassando la legge che sembra emergere ad un certo punto, è a mio modo di vedere solo abbozzato e per nulla soddisfacente, quasi collaterale, come se fosse stato il procedere della storia a farlo emergere e che non sia stato pianificato dall’inizio. De Niro crea un villain interessante, che prende spunto dal Mitchum de La morte corre sul fiume e lo rielabora dando vita a qualcosa di più personale: è di certo l’aspetto più stimolante del film, ma non riesce a renderlo del tutto memorabile. Il film si chiude poi in un finale che somiglia un po’ ad un pastrocchio forzatamente spettacolare e che lascia un po’ perplessi visto chi l’ha girato. In sostanza non un brutto film, ma lo inserisco tra gli Scorsese meno interessanti.
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Cape Fear – Scorsese
L’ho trovato moscio. La storia di per sé è parecchio prevedibile e si capisce ben presto dove e come andrà a parare. Il potenziale discorso sui pericoli della giustizia privata e della vendetta bypassando la legge che sembra emergere ad un certo punto, è a mio modo di vedere solo abbozzato e per nulla soddisfacente, quasi collaterale, come se fosse stato il procedere della storia a farlo emergere e che non sia stato pianificato dall’inizio. De Niro crea un villain interessante, che prende spunto dal Mitchum de La morte corre sul fiume e lo rielabora dando vita a qualcosa di più personale: è di certo l’aspetto più stimolante del film, ma non riesce a renderlo del tutto memorabile. Il film si chiude poi in un finale che somiglia un po’ ad un pastrocchio forzatamente spettacolare e che lascia un po’ perplessi visto chi l’ha girato. In sostanza non un brutto film, ma lo inserisco tra gli Scorsese meno interessanti.
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Ieri sera ero stanca, quindi non avevo le forze di mettere un dvd e spararmi un film di due ore. Così zappingando la tv e ovviamente cercando a più non posso di evitare rai 1, sono capitata su Rai4 dove stava andando in onda un film che non avevo mai visto e cioè Super Mario Bros. Lo so molti di voi lo avranno visto un sacco di volte, ma io non avevo proprio la minima idea di che film fosse. Bhè un capolavoro del trash, tutto assurdissimo, da ridere tutto i tempo. Ma l'idea della devoluzione che trasformava le teste degli uomini in piccole teste di dinosauro l'ho trovata "geniale".:]
Inutile dirvi che non sono riuscita ad arrivare alla fine.
Era il videogioco del momento sì ma il film era totalmente fuori tema.
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Venerdì 17 febbraio 2012 .
Super 8 di J.J.Abrams .
Visto ieri sera a noleggio questo film che secondo me é un capolavoro,ovvio che non stò a spoilerare sulla trama per chi non l'avesse ancora visto ma dico che é un film che merita davvero,i giovani attori sono davvero bravi,un film che consiglio di vedere e di acquistare !
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Originariamente inviato da theda.bara Visualizza il messaggioIeri sera ero stanca, quindi non avevo le forze di mettere un dvd e spararmi un film di due ore. Così zappingando la tv e ovviamente cercando a più non posso di evitare rai 1, sono capitata su Rai4 dove stava andando in onda un film che non avevo mai visto e cioè Super Mario Bros. Lo so molti di voi lo avranno visto un sacco di volte, ma io non avevo proprio la minima idea di che film fosse. Bhè un capolavoro del trash, tutto assurdissimo, da ridere tutto i tempo. Ma l'idea della devoluzione che trasformava le teste degli uomini in piccole teste di dinosauro l'ho trovata "geniale".:]
Inutile dirvi che non sono riuscita ad arrivare alla fine.
Era il videogioco del momento sì ma il film era totalmente fuori tema.fedele seguace del team Apatow
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Venerdì 17 febbraio 2012 .
The Aviator
L'ammaliante fattura estetica del biopic firmato Scorsese, è seconda solo alla sua mancanza di poetica, dall'essere a tratti didascalico, ripetitivo, pur contenendo qualche innegabile momento di grande Cinema. Commoventi gli sforzi di Di Caprio che col suo bel visino illividito tiene in piedi la baracca... Stavolta è Martin a dover ringraziare...
Voto: 6
"Spesso contraddiciamo una opinione, mentre ci è antipatico soltanto il tono con cui essa è stata espressa."
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Originariamente inviato da TheGameVenerdì 17 febbraio 2012 .
The Aviator
L'ammaliante fattura estetica del biopic firmato Scorsese, è seconda solo alla sua mancanza di poetica, dall'essere a tratti didascalico, ripetitivo, pur contenendo qualche innegabile momento di grande Cinema. Commoventi gli sforzi di Di Caprio che col suo bel visino illividito tiene in piedi la baracca... Stavolta è Martin a dover ringraziare...
Voto: 6
Sul film in generale, trovo che il suo difetto maggiore sia di essere fin troppo celebrativo, quasi manicheo nel presentare un Hughes come paladino del progresso, sorvolando sui suoi lati più scomodi, e la concorrenza del manager della Pan Am e del giudice presentati come "villain". Poi è di certo un film piacevole da vedere, anche se non riuscitissimo.
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