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  • Originariamente inviato da Maddux Donner Visualizza il messaggio
    Meraviglioso.
    Addirittura? Eh la peppa di santa eustachia.


    The Divide 2011 - Xavier Gens
    Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
    La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
    Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
    Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

    Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
    Una ragazza madre che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
    Il cinema di questo eccellente talento danese è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
    Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile. Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi, ergo non sarà mai grande cinema? Ma per favore...

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      Meraviglioso.
      Addirittura? Eh la peppa di santa eustachia.


      The Divide 2011 - Xavier Gens
      Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
      La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
      Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
      Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

      Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
      Una ragazza madre, che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
      Il cinema di questo eccellente talento danese è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
      Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile. Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi, ergo non sarà mai grande cinema? Ma per favore...

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        Addirittura? Eh la peppa di santa eustachia.


        The Divide 2011 - Xavier Gens
        Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
        La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
        Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
        Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

        Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
        Una ragazza madre, che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
        Il cinema di questo eccellente regista danese (perché lo sappiamo che in Danimarca tolti Von Trier e Refn non c'è solo del marcio, vero...?) è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
        Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile. Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi, ergo non sarà mai grande cinema? Ma per favore...

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          Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
          La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
          Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
          Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

          Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
          Una ragazza madre, che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
          Il cinema di questo eccellente regista danese (perché lo sappiamo che al mondo non esistono solo registi strafamosi e che in Danimarca non ci sono solo Von Trier e Refn, vero che lo sappiamo...?) è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
          Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile.

          Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi né campagne promozionali a livello planetario, ergo non è grande cinema?
          È ovvio che nell'arte cinema l'occhio vuole la sua parte, e che non si possa campare di sola narrazione, eppure mi sento di dire che un Bela Tarr, ad esempio, non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare a un Terrence Malick, anzi... (e io Malick lo adoro, non lo sottolineo mai, ma è così). Chissà se l'occidente e l'estremo oriente partoriscono la qualità assoluta, o nebulizzano con il loro gigantismo la concezione della stessa in senso assoluto. Non metto in dubbio che i capolavori assoluti siano i soliti ultracitati ma, un film che narrativamente arriva a profondità eterne, vale forse meno a causa del suo impianto visivo non colossale?

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            Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
            La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
            Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
            Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

            Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
            Una ragazza madre, che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
            Il cinema di questo eccellente regista danese (perché lo sappiamo che al mondo non esistono solo registi strafamosi e che in Danimarca non ci sono solo Von Trier e Refn, vero che lo sappiamo...?) è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
            Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile.

            Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi né campagne promozionali a livello planetario, ergo non è grande cinema?
            È ovvio che nell'arte cinema l'occhio vuole la sua parte, e che non si possa campare di sola narrazione, eppure mi sento di dire che un Bela Tarr, ad esempio, non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare a un Terrence Malick, anzi... (e io Malick lo adoro, non lo sottolineo mai, ma è così). Chissà se l'occidente e l'estremo oriente partoriscono la qualità assoluta, o nebulizzano con il loro gigantismo la concezione della stessa in senso assoluto. Non metto in dubbio che i capolavori assoluti siano i soliti ultracitati ma, un film che narrativamente arriva a profondità eterne, vale forse meno a causa del suo impianto visivo non colossale?

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              The Divide 2011 - Xavier Gens
              Ovvero Xavier Gens (quello del tanto chiacchierato Frontiers) alle prese con un apocalittico di medio budget.
              La minaccia dall'esterno spinge un gruppo di inquilini nei sotterranei, dove abita il manutentore del palazzo. La marcescenza di quel locus underground e i crescenti contrasti, porteranno i nostri ad un abbrutimento delle dinamiche interpersonali, dove l'ordinario diverrà "way beyond".
              Gens non se la cava affatto male nel costruire l'escalation di tensione e perversione. Mentre Boyle col suo 28 Days Later si concentrava sulla minaccia esterna, Xavier si focalizza sulla minaccia dall'interno.
              Tra l'altro, il regista francese, oltre che buona padronanza del mezzo, dimostra di avere un'interessante cultura cinematografica, andando a pescare con gusto nelll'oscuro (e purtroppo dimenticato) cinema underground del passato. Per questi motivi, pur non essendo nulla di nuovo, The Divide si può catalogare come buon cinema, a patto che le aspettative, ovviamente, non siano molto alte.

              Daisy Diamond 2007 - Simon Staho
              Una ragazza madre, che vive da sola con la sua bimba di pochi mesi, tenta con determinazione di inseguire il suo sogno di attrice, saltando da un'audzione ad un'altra per un ruolo. La ragazza ha talento, ma ai provini viene costantemente scartata. Nel giro di poco avrà inizio il suo inferno. Amore materno o ambizione?
              Il cinema di questo eccellente regista danese (perché lo sappiamo che in Danimarca non ci sono solo Von Trier e Refn, vero che lo sappiamo...? XD) è scarno e privo di prosopopea, parecchio derivativo della scuola scandinava, Bergman e Dreyer in primis. Non c'è soluzione di continuità nel suo metacinema a là Lynch, è un film che si specchia e guarda se stesso impietosamente, senza pascersi nella vanità o nell'autocompiacimento. La telecamera fissa, scruta il volto- paesaggio della protagonista, scavando nel suo sguardo e regalando momenti di grande intensità, grazie anche all'oggettivo magnetismo dell'attrice.
              Ma derivazioni e ispirazioni a parte, questo resta Cinema purissimo, non mero esercizio di stile.

              Mettiamoci in testa che il Cinema è fatto anche da talenti sfavillanti come Simon Staho, Bela Tarr, Michael Haneke, Jan Švankmajer, Carlos Reygadas, e qui mi fermo. È cinema fatto senza budget mostruosi né campagne promozionali a livello planetario, ergo non è grande cinema?
              È ovvio che nell'arte cinema l'occhio vuole la sua parte, e che non si possa campare di sola narrazione, eppure mi sento di dire che un Bela Tarr, ad esempio, non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare a un Terrence Malick, anzi... (e io Malick lo adoro, non lo sottolineo mai, ma è così). Chissà se l'occidente e l'estremo oriente partoriscono la qualità assoluta, o nebulizzano con il loro gigantismo la concezione della stessa (senza nulla togliere ai capolavori assoluti, che anche per me sono i soliti ultracitati).

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              • Originariamente inviato da outis81 Visualizza il messaggio
                asd

                Appena finito di vedere

                Pi greco - Il teorema del delirio ( 1998 ), di Darren Aronofsky

                Film d'esordio del nostro regista, non perfetto ma con molti elementi di interesse.
                dai, si sa che quel film piace solo per le musiche drum 'n' bass! )

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                • A me piacque molto, pur annoverandolo come una pellicola sprimentale diciamo.

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                  • Invece a me, al contrario di Maddux, Pi greco stette abbastanza sullo stomaco, è uno di quegli esordi da Sundance che mal sopporto.

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                    • Chronicle
                      Una semi rivelazione. Forse anche il migliore nel suo genere “amatoriale”.
                      Mischia egregiamente i suoi ingredienti, tirando fuori uno spaccato generazionale fantasioso, crudo e condensato di giusta ed essenziale intensità.
                      Intelligente e senza sbavature. 1000 volte meglio del blocco. Anche se non ho ancora capito cosa mai dovrebbe accumunare questi due film.

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                      • Originariamente inviato da henry angel Visualizza il messaggio
                        Veramente c'è un topic dedicato con un mille paginate (di fuffa?)...Joe Johnston trovi abbia fatto "corbellerie", in corso d'opera? A me non è dispiaciuto; e già ai tempi di "Rocketeer"[email protected]: si scherza eh, .
                        Non essendo un conoscitore del fumetto, preferisco non gettarmi a capofitto in un topic dove potrebbero farmi il terzo grado riguardo le mie critiche asd Da non fan del personaggio, ho trovato tutto il film banale, prevedibile, con personaggi monodimensionali, ingenuamente patriottico. La classica americanata, stavolta questo stereotipo lo posso utilizzare.
                        https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                        "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                        • Quarto potere - Orson Welles

                          La storia di Charles Foster Kane, un ricco capitalista che si è fatto strada diventando proprietario di un giornale e in seguito politico. La complessità di quest'uomo è pari solo al suo narcisismo.
                          Sfrutta il potere della stampa per influenzare le idee politiche delle masse, ma è solo un modo per colmare il vuoto lasciato dopo l'abbandono dei genitori e in particolare della madre.

                          Credo che persone più analitiche di me abbiano già sviscerato a sufficienza questo capolavoro, quindi io mi limito a dire che "Quarto potere" è un opera che ogni tanto va rivista anche solo per ricordarsi quello che il cinema è in grado di regalare.




                          Voto 10
                          Flickr


                          "How much would you pay... for the Universe?" Neil Degrasse Tyson

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                          • Amen.


                            "Spesso contraddiciamo una opinione, mentre ci è antipatico soltanto il tono con cui essa è stata espressa."

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                            • Originariamente inviato da Gidan 89
                              Non essendo un conoscitore del fumetto, preferisco non gettarmi a capofitto in un topic dove potrebbero farmi il terzo grado riguardo le mie critiche asd Da non fan del personaggio, ho trovato tutto il film banale, prevedibile, con personaggi monodimensionali, ingenuamente patriottico. La classica americanata, stavolta questo stereotipo lo posso utilizzare.
                              Oddio, dal punto di vista dell'americanata ho trovato molto peggio Indipendence Day e Transformers 3.
                              "Compatisco quelle povere ombre confinate in quella prigione euclidea che è la sanità mentale." - Grant Morrison
                              "People assume that time is a strict progression of cause to effect, but *actually* from a non-linear, non-subjective viewpoint - it's more like a big ball of wibbly wobbly... time-y wimey... stuff." - The Doctor

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                              • Originariamente inviato da tizfx Visualizza il messaggio
                                Quarto potere - Orson Welles

                                La storia di Charles Foster Kane, un ricco capitalista che si è fatto strada diventando proprietario di un giornale e in seguito politico. La complessità di quest'uomo è pari solo al suo narcisismo.
                                Sfrutta il potere della stampa per influenzare le idee politiche delle masse, ma è solo un modo per colmare il vuoto lasciato dopo l'abbandono dei genitori e in particolare della madre.

                                Credo che persone più analitiche di me abbiano già sviscerato a sufficienza questo capolavoro, quindi io mi limito a dire che "Quarto potere" è un opera che ogni tanto va rivista anche solo per ricordarsi quello che il cinema è in grado di regalare.




                                Voto 10
                                Sottoscrivo anche le virgole.
                                Welles non sarebbe Welles, se tutti potessero essere Welles

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