Lincoln
il biopic rappresenta a mio parere uno dei generi di film più difficili, non essendo facile condensare in un paio d'ore la vita e l'essenza di una persona, specie quando essa abbia lasciato la propria impronta nella storia, come in questo caso. In questa prospettiva, secondo me, il film di Spielberg sceglie la strada giusta concentrandosi su un periodo molto breve e su una vicenda precisa, lasciando che il personaggio Lincoln emerga in relazione alla sua capacità di affrontare le ore difficili dell'approvazione dell'emendamento costituzionale sull'abolizione della schiavitù.
Il film indubbiamente funziona e scorre molto piacevolmente, grazie ovviamente soprattutto alle straordinarie interpretazioni. Daniel Day Lewis ha da tempo superato la soglia della divinità e anche in questo caso riesce a tratteggiare un Lincoln molto convincente e mai sopra le righe. In questo, secondo me, sta il suo pregio maggiore, cioè quello di non forzare mai un personaggio che, vista anche la sua iconicità, avrebbe potuto facilmente scivolare nel macchiettistico. Da segnalare anche l'ottima interpretazione di Tommy Lee Jones nonchè di tutto un cast di comprimari perfettamente in parte e pieno di facce che risulteranno note ai cultori di serie tv.
Detto questo, non posso però non rimarcare che il film è ben lontano dall'essere un capolavoro. La scelta di concentrarsi sulla vicenda politica e sul gioco di interessi che portò all'approvazione dell'emendamento se da un lato consente di evitare facili sentimentalismi, disegnado solo indirettamente la figura del presidente (che non appare mai come un sognatore che lotta da solo per un ideale, come di solito accade in questi film) e la sua sagacia politica, dall'altro non consente di addentrarsi a pieno nell'intimo del personaggio che non si apre mai del tutto di fronte allo spettatore. In questo senso una delle scene più riuscite è quella con la moglie in cui Lincoln confessa tutta la sofferenza interiore derivante dal non potersi abbandonare alla disperazione per la morte del figlio, dovendo retare saldo alla guida di una nazione. Ecco questo è quello che mi è mancato maggiormente nel film, che per il resto segue i binari di un riuscito thriller politico, che si giova del fascino derivante da un momento cruciale della storia americana e della forza di una verità di per se evidente.
Rimane il merito di non essere scaduti nel sentimentalismo, riuscendo a rimarcare la commozione per un momento così importante senza mai però staccare i piedi da terra, come emerge da dialogo tra il presidente e la sua domestica in cui il primo ammette di non conoscere veramente le persone di colore e di non sapere cosa apettarsi da loro, una volta liberi. Dall' altro canto, come detto, rimane un pò la sensazione della mancanza di scene memorabili e di aver assistito a qualcosa che non rimane impresso più di tanto.
voto: 7
P.S. bisogna dire che il film non risolve il più grande mistero sulla vita di Lincoln. E se il suo assassinio non fosse dettato da motivi poltici; e se il presidente avesse effettivamente meritato la morte, come si teorizza in questa raffinata ricostruzione storica:
il biopic rappresenta a mio parere uno dei generi di film più difficili, non essendo facile condensare in un paio d'ore la vita e l'essenza di una persona, specie quando essa abbia lasciato la propria impronta nella storia, come in questo caso. In questa prospettiva, secondo me, il film di Spielberg sceglie la strada giusta concentrandosi su un periodo molto breve e su una vicenda precisa, lasciando che il personaggio Lincoln emerga in relazione alla sua capacità di affrontare le ore difficili dell'approvazione dell'emendamento costituzionale sull'abolizione della schiavitù.
Il film indubbiamente funziona e scorre molto piacevolmente, grazie ovviamente soprattutto alle straordinarie interpretazioni. Daniel Day Lewis ha da tempo superato la soglia della divinità e anche in questo caso riesce a tratteggiare un Lincoln molto convincente e mai sopra le righe. In questo, secondo me, sta il suo pregio maggiore, cioè quello di non forzare mai un personaggio che, vista anche la sua iconicità, avrebbe potuto facilmente scivolare nel macchiettistico. Da segnalare anche l'ottima interpretazione di Tommy Lee Jones nonchè di tutto un cast di comprimari perfettamente in parte e pieno di facce che risulteranno note ai cultori di serie tv.
Detto questo, non posso però non rimarcare che il film è ben lontano dall'essere un capolavoro. La scelta di concentrarsi sulla vicenda politica e sul gioco di interessi che portò all'approvazione dell'emendamento se da un lato consente di evitare facili sentimentalismi, disegnado solo indirettamente la figura del presidente (che non appare mai come un sognatore che lotta da solo per un ideale, come di solito accade in questi film) e la sua sagacia politica, dall'altro non consente di addentrarsi a pieno nell'intimo del personaggio che non si apre mai del tutto di fronte allo spettatore. In questo senso una delle scene più riuscite è quella con la moglie in cui Lincoln confessa tutta la sofferenza interiore derivante dal non potersi abbandonare alla disperazione per la morte del figlio, dovendo retare saldo alla guida di una nazione. Ecco questo è quello che mi è mancato maggiormente nel film, che per il resto segue i binari di un riuscito thriller politico, che si giova del fascino derivante da un momento cruciale della storia americana e della forza di una verità di per se evidente.
Rimane il merito di non essere scaduti nel sentimentalismo, riuscendo a rimarcare la commozione per un momento così importante senza mai però staccare i piedi da terra, come emerge da dialogo tra il presidente e la sua domestica in cui il primo ammette di non conoscere veramente le persone di colore e di non sapere cosa apettarsi da loro, una volta liberi. Dall' altro canto, come detto, rimane un pò la sensazione della mancanza di scene memorabili e di aver assistito a qualcosa che non rimane impresso più di tanto.
voto: 7
P.S. bisogna dire che il film non risolve il più grande mistero sulla vita di Lincoln. E se il suo assassinio non fosse dettato da motivi poltici; e se il presidente avesse effettivamente meritato la morte, come si teorizza in questa raffinata ricostruzione storica:
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