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  • Nonostante sia tra i più osannati, a me non ha detto niente, anzi è proprio insulso, non vi ho riscontrato nulla di quegli elementi per i quali la critica lo considera un cult.
    Forse all'epoca sarà stato innovativo, mah ...

    Il migliore di Roeg che ho visto finora è di gran lunga Walkabout, seguito da L'uomo che cadde sulla terra.
    In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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    • Originariamente inviato da Ladida Visualizza il messaggio
      Don't Look Now (titolo originale, faccio prima!) è nel mio listino per le prossime settimane.
      Credo ti piacerà sicuramente. Ricordo che Carrie era il tuo horror preferito. A volte certi virtuosismi m’hanno riportato alla mente quella regia di De Palma.
      Capolavoro non lo so, però comunque un must, di quelli che ti fanno venir voglia di fare il regista (effetto personale).

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      • Originariamente inviato da trabant Visualizza il messaggio
        Forse all'epoca sarà stato innovativo, mah
        No non credo sai. Tra l'altro una Venezia spettrale, fantasmatica e labirintica si era già vista due anni prima in Morte a Venezia di Visconti... Impossibile che Roeg non avesse in mente una particolare scena di quel film quando ha girato il finale del suo thriller...

        --- Aggiornamento ---

        Originariamente inviato da Sir Dan Fortesque Visualizza il messaggio
        sull'aspetto visivo nulla da dire. è più il film che mi ha detto poco nel complesso (ma in generale la sua filmografia non mi entusiasma).
        anche io non ho seguito il suo percorso recente (cronologicamente il suo ultimo visto è Chi ha paura delle streghe? del '90) ma non credo ne valga la pena
        Io mi sono fermato anche prima... asd

        Vabbeh dai, peggio per te e trabant... asd
        La profonda mancanza di spiritualità di colui che non percepisce, ma giudica l’arte, il suo rifiuto e la sua mancanza di disponibilità a riflettere sul significato e sullo scopo della propria esistenza nel significato più alto del termine, assai sovente vengono mascherate con l’esclamazione primitiva fino alla volgarità: "Non mi piace!", "Non mi interessa!". Il bello è celato a coloro che non cercano la verità.

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        • Originariamente inviato da Green Arrow Visualizza il messaggio
          Anni felici

          Mi chiedo perchè il cinema italiano debba scadere sempre nella solita, becera ripetitività che ormai ha francamente stancato. Si salva ben poco in questo film a mio parere: la storia di per sè potrebbe anche essere carina, in qualche modo inedita, ma ciò che viene mostrato alla fin fine è sempre il solito disagio familiare. Che siano ambientate negli anni '70, '20, o che siano oggi, pianti, urla, tradimenti sono sempre al centro delle pellicole. Basta. Il filone dolce-amaro ha stufato se ripropone sempre le stesse cose. Anche la "pseudo-lesbo" story mi è parsa quasi patetica. Forse unica cosa che si salva è la Ramazzotti. Forse.
          A me invece è piaciuto abbastanza. Hai ragione a dire che è sempre "la solita storia" ma il film l'ho trovato piacevolissimo. Kim Rossi Stuart è bravissimo, migliora di film in film, mentre la Ramazzotti fa sempre la stessa parte ma in questo caso funziona bene senza dare troppo la sensazione di deja vu. A me la storia ha preso, si sente che è un'opera sincera, di cuore e di pancia (è una storia autobiografica del regista). E' un tentativo di metabolizzare ed esorcizzare gli sbagli dei genitori, ma la cosa notevole è che Luchetti, nonostante tutto, è riuscito anche ad avere uno sguardo dolce, di tenerezza, verso di loro. In questo senso il personaggio interpretato da Kim Rossi Stuart è scritto molto bene. Nella scena in cui finalmente si "ribella" alla madre dittatrice ho goduto parecchio asd Che dire, può benissimo non piacere, ma l'ho trovato davvero un bel film, anche con qualche bel momento lirico (la scena subacquea). Alla fine l'ho preferito a La grande bellezza, quello si troppo costruito, ampolloso, forzato, arrogante. Almeno Luchetti, senza voler fare il capolavoro, costruisce commedie piacevoli, sincere e non stupide. I suoi ultimi 3 film (Mio fratello è figlio unico; La nostra vita e questo) li ho apprezzati. Se il cinema italiano medio fosse sempre così mi starebbe benissimo.
          https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

          "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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          • Originariamente inviato da Roy E. Disney
            Credo ti piacerà sicuramente. Ricordo che Carrie era il tuo horror preferito. A volte certi virtuosismi m’hanno riportato alla mente quella regia di De Palma.
            Capolavoro non lo so, però comunque un must, di quelli che ti fanno venir voglia di fare il regista (effetto personale).
            Se mi dici pure così 'sto una crema. :musino:

            Recupero e vi aggiorno nei prossimi giorni.

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            • Vabbè però non prendermi così alla lettera sennò rischi di rimanere deluso asd , me lo ricorda perché appunto Carrie è frutto di virtuosismi ricercati e innovatiti. Tecnicamente è più valido, il film di Roeg è funzionale perché nella miseria riesce a creare momenti di alto cinema.


              A proposito, pensavo, effettivamente quando un film può definirsi sperimentale? Insomma, dove si trova il filo sottile che separa il virtuosismo sperimentale dal virtuosismo fine a se stesso (masturbatorio, onanistico, autocompiaciuto insomma).
              Come riconoscerlo, a intuito? Simpatia verso il regista? Sarebbe triste. Perché Sorrentino e Refn con i loro ultimi film appaiono immediatamente pretenziosi, mentre ancor oggi i virtuosismi di De Palma sembrano frutto della spontaneità di un genio?

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              • Originariamente inviato da Gidan 89 Visualizza il messaggio
                A me invece è piaciuto abbastanza. Hai ragione a dire che è sempre "la solita storia" ma il film l'ho trovato piacevolissimo. Kim Rossi Stuart è bravissimo, migliora di film in film, mentre la Ramazzotti fa sempre la stessa parte ma in questo caso funziona bene senza dare troppo la sensazione di deja vu. A me la storia ha preso, si sente che è un'opera sincera, di cuore e di pancia (è una storia autobiografica del regista). E' un tentativo di metabolizzare ed esorcizzare gli sbagli dei genitori, ma la cosa notevole è che Luchetti, nonostante tutto, è riuscito anche ad avere uno sguardo dolce, di tenerezza, verso di loro. In questo senso il personaggio interpretato da Kim Rossi Stuart è scritto molto bene. Nella scena in cui finalmente si "ribella" alla madre dittatrice ho goduto parecchio asd Che dire, può benissimo non piacere, ma l'ho trovato davvero un bel film, anche con qualche bel momento lirico (la scena subacquea). Alla fine l'ho preferito a La grande bellezza, quello si troppo costruito, ampolloso, forzato, arrogante. Almeno Luchetti, senza voler fare il capolavoro, costruisce commedie piacevoli, sincere e non stupide. I suoi ultimi 3 film (Mio fratello è figlio unico; La nostra vita e questo) li ho apprezzati. Se il cinema italiano medio fosse sempre così mi starebbe benissimo.
                Sono d'accordo per quanto riguarda Kim Rossi Stuart: il personaggio che gli disegnano e si disegna addosso gli calza a pennello. Tuttavia noto una certa pesantezza (e non mi riferisco solo ad Anni felici, che come dici tu, si stacca da molto sudiciume cinematografico italiano) nella cinematografia italiana che è diventata ripetitività stanca, un ristagnamento di idee che fa male senza dubbio al nostro cinema. E per me è per questo motivo che un film che si discosta appena da ciò è osannato come capolavoro (e mi riferisco ad esempio a La grande bellezza che pur io ho amato tantissimo). Il cinema italiano ha bisogno di boccate d'aria fresca (Smetto quando voglio è un toccasana incredibile), e magari, come tu sostieni, il cinema "medio" italiano fosse veramente così: purtroppo non lo è.

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                • Don't Look Now non l' ho visto ma quel trailer mi fa passare la voglia, sembra proprio il genere di film invecchiato male che non ha molto senso visto fuori dal suo tempo.
                  Gli horror di De Palma e Polansky dello stesso periodo, pur conservando l' impronta dell' epoca, sono godibili anche oggi.
                  Forse è solo un' impressione?

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                  • Originariamente inviato da Roy E. Disney Visualizza il messaggio
                    Vabbè però non prendermi così alla lettera sennò rischi di rimanere deluso asd , me lo ricorda perché appunto Carrie è frutto di virtuosismi ricercati e innovatiti. Tecnicamente è più valido, il film di Roeg è funzionale perché nella miseria riesce a creare momenti di alto cinema.

                    No, no, ma avevo capito. Ho già letto molto (e bene) di questa pellicola, e il tuo piccolo paragone ha solo contribuito ad innalzare il tassello dell'entusiasmo. ;D

                    Per quanto mi riguarda mai guardare un film anni 80/70 guardando prima il trailer .. 3 volte su 4 fanno caghèr e rovinano tutto il bello!

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                    • Originariamente inviato da Roy E. Disney Visualizza il messaggio
                      Vabbè però non prendermi così alla lettera sennò rischi di rimanere deluso asd , me lo ricorda perché appunto Carrie è frutto di virtuosismi ricercati e innovatiti. Tecnicamente è più valido, il film di Roeg è funzionale perché nella miseria riesce a creare momenti di alto cinema.


                      A proposito, pensavo, effettivamente quando un film può definirsi sperimentale? Insomma, dove si trova il filo sottile che separa il virtuosismo sperimentale dal virtuosismo fine a se stesso (masturbatorio, onanistico, autocompiaciuto insomma).
                      Come riconoscerlo, a intuito? Simpatia verso il regista? Sarebbe triste. Perché Sorrentino e Refn con i loro ultimi film appaiono immediatamente pretenziosi, mentre ancor oggi i virtuosismi di De Palma sembrano frutto della spontaneità di un genio?
                      Bella domanda, me la sono posta anche io in questi giorni e penso anche di aver trovato una risposta. Per prima cosa, sia lodato il Creatore, riesco sempre istintivamente a separare il virtuosismo geniale dal virtuosismo masturbatorio (almeno per me stesso eh, non sono il portavoce della Verità Eterna); per seconda cosa, per giudicare bisogna saper individuare il contesto giusto in cui inserire il "virtuosismo". De Palma fa entertainment, così come (per esempio) il Tarantino di Kill Bill. Sorrentino invece no, lui sborona senza che ci sia alcuna necessità estetica. In un film d'autore che vuole essere rigoroso, serio, profondo, forma e contenuto devono andare di pari passo. Quando questo non accade, lo spettatore predisposto a capire (penso prevalentemente per formazione culturale) si accorge subito che quello che sta vedendo sullo schermo non è semplicemente grande cinema, ma l'ego stesso dell'autore. Il piano sequenza finale di Professione reporter è un virtuosismo esagerato, eppure è assolutamente funzionale e geniale, proprio perché è la sintesi perfetta di forma e contenuto. Insomma, il movimento di macchina deve avere una necessità, nulla deve essere lasciato al caso. La Bellezza tanto per essere Bellezza è superflua (This must be the place?). Giusto per citare Cosmopolis: "la Bellezza necessita una causa".
                      https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                      "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                      • Ne ho visto anche una decina di minuti su youtube e la mia opinione non è cambiata, resto nel dubbio comunque. E' un culto che ha molti ammiratori quindi della verità ci deve essere.

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                        • Originariamente inviato da Green Arrow Visualizza il messaggio
                          Sono d'accordo per quanto riguarda Kim Rossi Stuart: il personaggio che gli disegnano e si disegna addosso gli calza a pennello. Tuttavia noto una certa pesantezza (e non mi riferisco solo ad Anni felici, che come dici tu, si stacca da molto sudiciume cinematografico italiano) nella cinematografia italiana che è diventata ripetitività stanca, un ristagnamento di idee che fa male senza dubbio al nostro cinema. E per me è per questo motivo che un film che si discosta appena da ciò è osannato come capolavoro (e mi riferisco ad esempio a La grande bellezza che pur io ho amato tantissimo). Il cinema italiano ha bisogno di boccate d'aria fresca (Smetto quando voglio è un toccasana incredibile), e magari, come tu sostieni, il cinema "medio" italiano fosse veramente così: purtroppo non lo è.
                          Questo accade perché non c'è molto ricambio generazionale. Da 20 anni i registi che fanno abitualmente cinema in Italia sono figli degli anni 60, è normale che prima o poi si ricade sempre nei soliti cliché. E soprattutto, non sono emerse personalità geniali, quelle che invece avevamo nelle generazioni precedenti (vedi il mio avatar).
                          https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                          "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                          • Originariamente inviato da Gidan 89 Visualizza il messaggio
                            Bella domanda, me la sono posta anche io in questi giorni e penso anche di aver trovato una risposta. Per prima cosa, sia lodato il Creatore, riesco sempre istintivamente a separare il virtuosismo geniale dal virtuosismo masturbatorio (almeno per me stesso eh, non sono il portavoce della Verità Eterna); per seconda cosa, per giudicare bisogna saper individuare il contesto giusto in cui inserire il "virtuosismo". De Palma fa entertainment, così come (per esempio) il Tarantino di Kill Bill. Sorrentino invece no, lui sborona senza che ci sia alcuna necessità estetica. In un film d'autore che vuole essere rigoroso, serio, profondo, forma e contenuto devono andare di pari passo. Quando questo non accade, lo spettatore predisposto a capire (penso prevalentemente per formazione culturale) si accorge subito che quello che sta vedendo sullo schermo non è semplicemente grande cinema, ma l'ego stesso dell'autore. Il piano sequenza finale di Professione reporter è un virtuosismo esagerato, eppure è assolutamente funzionale e geniale, proprio perché è la sintesi perfetta di forma e contenuto. Insomma, il movimento di macchina deve avere una necessità, nulla deve essere lasciato al caso. La Bellezza tanto per essere Bellezza è superflua (This must be the place?). Giusto per citare Cosmopolis: "la Bellezza necessita una causa".
                            Si, mi ritrovo in queste parole. Tutto sommato credo che a volte farsi piacere casi come Refn e Sorrentino sia diventato un ancoraggio per lo spettatore (e parlo per esperienza personale), visto quanto continuano a diminuire i registi/autori con una personalità marcata e un marchio di fabbrica subito riconoscibile. Un film di Burton, di Almodovar, di Tarantino lo riconosci immediatamente, la magia di certi autori è proprio quella. Un film di Woody Allen lo riconosci dalle prime battute. Recentemente l’unico caso concreto è Wes Anderson per quanto mi riguarda. Aronofsky ha esordito con due bombe atomiche e si è consacrato con Black Swan facendo un vero e proprio film di genere. Ma la cerchia degli autori non è così vasta, sicuramente ci sono altri nomi, ma non così tanti.

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                            • Io invece le trovo posizioni un po' troppo "estreme", nel senso che tralasciano tutto un insieme di sfumature che in questi casi sono necessari. Anche perché il virtuosismo "giustificato dal tema" rischia di essere un parametro piuttosto soggettivo.

                              Come troppo tranchant mi sembra il giudizio su Sorrentino e su Refn, come se la questione fosse "il regista è un bravo autore, sì o no?" e come se lo spettatore giocasse a dinamiche di accontentismo per penuria di film di qualità. Si esclude a priori la possibilità più realistica, che un film possa risultare interessante, senza per questo essere ritenuto un buon film? O che un regista possa essere ritenuto interessante, senza che ci si strappi i capelli?

                              Refn è un regista interessante, che però in OGF per me a tratti è irritante (come a tratti affascinante). Ma si scopre adesso il rischio di maniera, in un regista che in Bronson guarda a Kubrick e in Valhalla Rising guarda a Herzog e Coppola, in un confronto dialettico?

                              Ha senso limitare il manierismo, per esempio, a "stile non aderente al contenuto" per il cinema post moderno? E le rivisitazioni di genere? E Tarantino? E i Coen?

                              Insomma... alla fine lo stile può essere buono o no, esagerato o dosato, controllato o esuberante. Ma in un contesto che secondo me va a al di là del contrasto film di sceneggiatura/film di regia.

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                              • Originariamente inviato da outis81 Visualizza il messaggio
                                I Refn è un regista interessante, che però in OGF per me a tratti è irritante (come a tratti affascinante). Ma si scopre adesso il rischio di maniera, in un regista che in Bronson guarda a Kubrick e in Valhalla Rising guarda a Herzog e Coppola, in un confronto dialettico?
                                ma l'errore secondo me è proprio quello di NON considerarlo TUTTO pacco, Refn, fin dall'inizio. I confronti con Kubrick, Herzog e Coppola lasciano esterrefatti.

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