Più bello Prometheus? xD
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Originariamente inviato da SE7EN Visualizza il messaggioPiù bello Prometheus? xD:twisted: LA VOSTRA SERENITA' E' UN BUON SINTOMO... ALLEVIA LA TENSIONE E LA PAURA DI MORIRE. :twisted:
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Ieri sera rivisto Interstellar, e ho confermo tutte le ottime impressioni avute alla prima visione. Ma adesso non potrò contribuire al grafico a torta? E io che avevo il mio very good pronto pronto per stamattina e mi trovo il topic chiuso"It's too bad she won't live. But then again, who does?"
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Originariamente inviato da Sir Dan Fortesquedimenticavo:
[FONT=&amp]DOMANDA
mi scuso perché suppongo che sia già stato chiesto tra le 1000 e le 10.000 volte. qualche anima pia potrebbe dirmi le differenze principali (ma proprio le principali eh, senza spapirare) con il copione precedente d'Interstellar?
ComunqueSpoiler! Mostrala differenza principale era che Murph è un maschio, quindi tutto il rapporto padre-figlia non c'è. Cade un satellite e da quello si recuperano immagini e (credo, magari ricordo male) coordinate del pianeta da cui provengono (il pianeta ghiacciato). Arrivato sul pianeta ghiacciato (TARS si sacrifica per permettergli di allontanarsi dal gargantua) cooper scopre che i cinesi sono arrivati prima, e hanno ancora i robot attivi. Il pianeta sotto le nuovle di ghiaccio nasconde un'atmsofera vivibile, la dott. Brand prende alcuni campioni e tornano sulla nave, dove scoprono che Case (loro robot) è in realtà dei cinesi. Poi trovano un secondo Whormole, che li porta in uno spazio bianco, gli fa vedere tutto il tempo come "circolare", e scoprono che la galassia è disseminata di wormhole. Poi ne escono e praticamente si scopre che la sonda all'inizio l'ha mandata lui, e quando ci torna, circa 200 anni dopo, scopre che la terra è un deserto. QUindi sparge alcuni dei campioni della dott. Brand sul pianeta, e mentre sta per morire viene recuperato dal pronipote (mi pare, o da una nave cargo). Nel finale, come in Interstellar, si ricongiunge con la dottoressa. Ho dimenticato moltissime cose eh..."It's too bad she won't live. But then again, who does?"
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Originariamente inviato da Sir Dan FortesqueInterstellar
commento fast (suppongo di cose già sviscerate anche nelle virgole). metto tutto sotto spoiler e via
Spoiler! MostraAllora, se si fa il tipico ragionamento del non-film ma opera, sicuramente Inter mostra una progressione sulle linee che man mano hanno fatto progredire la filmografia nolaniana.
In passato abbiamo avuto un uomo che trasforma una perdita d’amore in ossessione e diventa prigioniero di un loop; due uomini vittima di un’ossessione (in parte scatenata dall’amore): anche in questo caso c’è un loop, ma l’amore trova un suo spiraglio nella salvezza della bambina e di uno dei fratelli.
Abbiamo un eroe che nasce con una perdita e la trasforma in qualcosa che oscillerà continuamente tra ossessione e missione (preparando il campo per l’eroe interstallariano), finché non trova un nuovo amore (in maniera per me di merda, ma questa è un’altra storiella). Un uomo che perde un amore (la moglie) e deve lottare per recuperare l’altro che gli resta (i figli), ma alla fine c’è sempre il dubbio se ci sia riuscito o meno.
Il più delle volte si tratta di personaggi che lottano contro/in sistemi di scatole cinesi (in Inception persino diegetici) che mostrano la loro prigionia mentale. Nel caso d’Interstella il sistema di scatole cinesi diventa invece materia di progressione del protagonista, l’attraversamento del loop diventa oggetto di maturazione, comprensione e speranza, quell’affogare che in realtà non è come tornare a casa ma è un’agonia, qui invece è un vero ritorno a casa, un ritorno a una casa che, per dirla alla cioccolatino, è dov’è il cuore e non la riproduzione museificata di un edificio nella falsa polvere.
Qui ci sarebbe da discutere su certe goffaggini espositive sulla questione amore/attrazione (che va in parallelo con la gravità) che a tratti mi hanno un fatto cascare le braccia. Non dico che non si possa fare (ci sono alcuni manga/anime nipponici, ad esempio, che ci hanno fatto dei discorsi simili anche se in maniera più disinvolta) ma che la forma usata non mi ha entusiasmato (ma mi sto tripetendo).
E come rappresenta Nolan l’umanità del futuro? Come padroni e tessitori (in tutti i sensi) di un sistema gigantesco di scatole cinesi temporali, ciò che prima era solo controllo sui sogni, qua diventa una scienza iper-avanzata che trascende le nostre possibilità di percezione e comprensione attuali (in realtà Il Sommo già possiede queste capacità, ma questa è un’altra storia).
Ancora una volta Nolan non spiega. Nolan per me non è davvero uno che spiega, è uno che espone. Lui espone tanti curiosi meccanismi, ma quando giunge il momento di spiegare, si fa (giustamente in alcuni casi) da parte. Questo, nel bene o nel male a seconda dei casi, lascia sempre un velo d’incertezza ai suoi film. La profonda soggettività di Memento, la misteriosa macchina di The Prestige, Il passato del Joker, la tecnologia dei sogni di Inception. Interstellar è però il film che si spinge giustamente più oltre, la soggettività diventa relatività, quel misterioso spazio tra le cose che separa la nascita di un clone dall’originale (semmai poi si potesse parlare di originale) qua viene attraversato e manipolato, quel mondo dei sogni ricondotto a misura di rapina qua (per quanto sempre ridimensionato, in ogni senso, a misura d’uomo) si sfrangia e diventa il controllo quasi assoluto e allo stesso tempo l’alieno più inspiegabile.
Ciò che invece mi cruccia riguarda quello a cui effettivamente Nolan vuole arrivare. L’amore è o non è una forza come altre che un giorno verrà “appresa e spiegata”? E questo come si relaziona alla scelta di avere un personaggio artificiale (a cui il protagonista si affeziona) che è regolabile addirittura in percentuali sul grado di determinate caratteristiche caratteriali (e che sappiamo e afferma candidamente di essere sempre e solo il prodotto di una programmazione. Ciò che sembra “sacrificio” o “simpatia” o altro, è sempre e solo puro calcolo).
Ma a parte queste considerazioni poi il film che impressioni mi ha fatto? Visivamente l’ho trovato potente, il meglio di Nolan (anche se alla 300esima semi-soggettiva della navetta stavo bestemmiando). A proposito di tecnica, ma solo a me in alcune scene (specie quella dell’aggancio forzato) ha dato come l’impressione di stop-motion?
Il film è lungo, per me il rapporto lunghezza, ambizione, effettivo punteggio portato a casa, è squilibrato. Non trovo ci sia dentro tanto da giustificarne la grandezza di formato, una bella sfoltita avrebbe giovato. Sempre in bilico tra tentativo di sci-fi seria e intelligente e classicone romantico d’avventura (cuore di tenebra; la dualità planetaria di acqua e ghiaccio: da un estremo all’altro fino a trovare nel terzo, il giusto equilibrio), bilico vacillante con il piede che ogni tanto scivola.
Il personaggio di Damon è interessante a livello concettuale ma nella realizzazione mi sapeva quasi di b-movie (problema che Nolan sembra avere quando affronta determinati cliché narrativi, in questo caso il sopravvissuto impazzito).
C’è una delle stupidiest deaths eva’, una di quelle che ogni volta che lo rivedrò (ma quante volte lo rivedrò poi?) urlerò “scemo, muoviti caxxo! Noooo ma come caxxo ha fatto, non è possibile!” e roba così.
Curiosa chicca extafilmica il fatto che McCounaghey in Contact fosse il personaggio portatore del “messaggio d’amore” (con una battuta specifica “Tu amavi tuo padre? Provalo” che genera un curioso parallelo col film di Nolan). Poi? Boh, basta. In realtà non è un film che mi abbia dato così tanto, non tanto quanto suppongo supponga di voler/dover fare.
E ora: Aronofsky nello spazio e Nolan nella Bibbia.
--- Aggiornamento ---
Per quanto riguarda le differenze tra le due versioni dello script, c'è un articolo approfonditissimo su badtaste.it in cui in pratica viene raccontato per filo e per segno il film che avrebbe dovuto girare Spielberg (molto più spettacolare, magico e nello stesso tempo intricato di quello poi realizzato da Nolan...).
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Bel commento, Sir Dan!
8-good, anche per me, comunque.
I miei due lunghi centesimi:
Spoiler! Mostra[FONT=Helvetica]Un film che ha la grandezza, l'arroganza, la struggente forza che, però, è anche fallimento del viaggio dell'Ulisse dantesco oltre le colonne d'Ercole, che Nolan travalica per "seguir virtute e canoscena", ergendosi quasi a filosofo che utilizza la materia cinematografica per portare avanti una sua visione di ciò che è e ciò che siamo, affascinante, nel suo essere, purtroppo e per fortuna, così radicale e totalizzante.
Un film in cui il viaggio esiste solo da uomo a uomo perché il Tutto è uomo e non può esistere un Dio che non sia l'uomo stesso, che attraverso le scienze e il libero arbitrio deve trovare la forza di travalicare la sua limitatezza. In fondo, non può esistere nulla che non sia la conoscenza attraverso il nostro sguardo, di cui il cinema diventa sublimazione; a voler vedere, in questo c'è quasi il superamento del momento sacro di André Bazin, per cui il momento filmato dal cinema è Dio rivelato e ripreso in quel preciso istante.
Alla fine, nulla esiste se non nella grandezza di chi si erge contro le colonne d'Ercole, oltre il viver come bruti.
E tutto questo discorso trova grande coerenza nella struttura registica di Nolan, tanto suggestiva e potente quanto soffocante (a controprova delle reazioni contrastanti e da cortocircuito che il film mi ha creato), per cui l'occhio terzo del narratore, se non in alcuni rari istanti, non esiste, a costo di depotenziare il lato più esteticamente spettacolare del film; non c'è quasi inquadratura che non sia ad altezza d'uomo, inchiodata sui volti dei protagonisti, sovrapposta al loro sguardo o collocata fissa su oggetti, quasi ad esplicitare in ogni momento che lì la cinepresa c'è perché l'ha piazzata una mano umana.
Come se non bastasse a tutto questo Nolan aggiunge un piano meta-testuale, perché il Cooper di McConaughey non è altri che lui nella sua missione di trovare la quadratura di un cinema popolare d'autore al giorno d'oggi.Il degrado prima ancora culturale, e solo dopo naturale, del mondo che descrive è anche quello del nostro mondo cinematografico.
Ora, azzardo a dire che [FONT=Helvetica]Nolan è chiaro sappia degli studi di neuro-cinema, la scienza del fare film, che si sta rapidamente diffondendo ad Hollywood e negli studios, il cui unico limite[FONT=Helvetica] risiede nel cinema arthouse, che, insieme alle commedie, è l'unico in cui le reazioni agli stimoli si fanno più eterogenee.
[FONT=Helvetica]Il punto è che Nolan sa che c'è il rischio che nel medio-lungo periodo le sale tenderanno a scomparire o a trasformarsi in una piattaforma televisiva, lontana dalla sua sacralità, come ha scritto in un interessante articolo pubblicato dal Wall Street Journal e avvallato da dati, e dunque parte con la sua ambizione di sfruttare il suo potere contrattuale per applicare la scienza del far cinema, così come la scienza che applicano i suoi protagonisti, per andare alle origini dell'uomo e dell'arte, anche se questo vuol dire spingersi verso quei confini in cui gli stimoli creeranno increspature negli spettatori.
In questo, il film è molto basato sull'utilizzo di strumenti registici e di costruzione narrativa manipolatori, volti a meglio relazionarsi con gli spettatori di oggi.
[FONT=Helvetica]C'è, però, soprattutto un lavoro sul montaggio, che riflette il concetto della relatività del suo film, per creare una perdita del senso del tempo e dello spazio nelle percezioni e nelle emozioni dello spettatore, che si ritrova ad essere in quanto parte di un flusso del cinema, un'idea questa, applicata spesso in maniera brillante.
Ma se in questa manipolazione c'è dell'indubbio genio, vi sono anche molte inevitabili problematicità, su tutte il calcare troppo e troppo spesso sulla drammaticità e sul sentimentalismo di certi elementi, quasi a compensare la scientificità positivista dell'approccio di Nolan al film e alla vita, che forse sarebbe potuto apparire asettico. Tra l'altro, questi problemi si rivelano spesso anche in sequenze magnifiche (e ce ne sono molte); allo stesso tempo, momenti decisamente sbagliati riescono a dischiudersi in scene di emozione e fascino.
in conclusione, da occhio esterno vi sono tutta la grandezza e i limiti dell'artista di talento che volle farsi Dio, ma da spettatore, anche quando a tratti perplesso, mi sento di voler genuinamente bene ad un Icaro, Nolan, che ha voglia ancora di volare, in un mondo in cui ambire è peccato, nonché dominato dalla mediocrità e dalla spietatezza.
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Originariamente inviato da Sir Dan FortesqueInterstellar
commento fast (suppongo di cose già sviscerate anche nelle virgole). metto tutto sotto spoiler e via
Per sintetizzare le mie reazioni, se ti interessa, visto che l'altro topic è chiuso.
Dei legami con la poetica di nolan non discuto, non sono addentro/interessato abbastanza per fare confronti etc.
Spoiler! MostraAl di là del concept (più o meno originale/intrigante a seconda dei gusti), la confezione la trovo troppo carente e latitante: la durata poco giustificata, i personaggi quasi tutti piatti (mi si "accusava" di applicare criteri sbagliati, ma insomma, se questo non è un classicone sul viaggio & ritorno a casa dell'eroe che vuole/deve commuovere e pesantemente, boh, cos'è?...e come riuscirci con personaggi così piatti e reunion con la figlioletta risolte così frettolosamente?), i clichè presenti a pioggia (non so, l'arruolamento di mccoso l'ho trovato di una frettolosità e una faciloneria da far cadere le braccia, là mi ha perso e non mi ha pià ritrovato, e il bello è che a quel punto ci speravo sul serio di godermela), lo squilibrio tra scarsa capacità di coinvolgere/commuovere e la pretesa di farlo con poesie a buffo (dylan thomas torna pure in mezzo al ghiaccio, e anche lì un imbarazzo) e pipponi a freddo sull'ammore quasi trash, il modus narrandi troppo espositivo, e via dicendo.
Le allusioni "colte", beh, mi paiono il solito sintomo d'insicurezza (il tesserat, eggià. cuore di tenebra me l'ero dimenticato ma ho avuto un bivido di fastidio anche lì), i registi seri mica si preoccupano di queste cose.
Ah: zimmer insopportabile, robottino troppo "scemo". E via dicendo.
Non sono neanche d'accordo più di tanto sulla forza visiva: semmai sulla bellezza di certi effetti speciali, magari di qualche inquadratura, di qualche momento, ma registicamente, boh, al di là del solito anonimato (io non so davvero che "stile" abbia nolan), mi pare pure che il nostro tenda a buttar via, non costruisce suspense coi modi "giusti", non stimola la curiosità dello spettatore preferendo rassicurarlo e imboccarlo (ed è anche un problema di regia, non solo di script espositivo: troppe inq. strette, soffocanti, scarso uso del fuori campo e dei movimenti di mdp per stimolare e intrigare lo sguardo, ritmi frettolosi o con un nonsochè di "sbagliato", etc.).
Poi, su come nolan vede l'ammore: a me pare la sua solita smania di controllare e codificare tutto, forse di anestetizzare, incapacità di lasciarsi andare (pure kubrick il razional/asettico alla lunga sbrecciava le sue architetture razionali, perdeva il controllo).
Il nostro eroe manipola lo spaziotempo dal tesserat, eccola qui la pretesa (fantascientifica) nolaniana.
Che poi, volendo andare sul prosaico: sarò insensibile, ma a me pare sin troppo uno stereotipo da film d'avventura un pò bmoviestico in cui il nostro eore riesce a cavarsela in circostanze a dir poco incredibili e angoscianti con lucidità e prontezza un pochino assurde.
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Chef (2014)
Commediola leggera dal buonismo sfrenato con tante facilonerie e sentimentalismi. Credo non si sia fatta mancare nessuna situazione/sequenza tipica del genere, tipo un "all star" tra riscatti lavorati e morali, bambini dal cuore d'oro e l'immancabile storia d'amore.
Piacevole, tutto sommato: ogni tanto fanno bene anche questi film qui. Poi la mano di Favreau è inconfondibile, e aggiunge sicuramente valore.
Eva (2011)
Seconda visione a distanza di qualche anno.
Veramente un bel filmetto fantascientifico, delicato, con un trio di protagonisti molto affiatato e un'estetica intrigante che fonde elementi vintage a futuristici. Un'oretta e trenta che scivola via, con un finale tanto struggente quanto dolce.
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Rivisto Eros
Episodio di Antonioni: esperienza illimitata e vigore tecnico ai massimi livelli per l’ultimo sospiro di un maestro del cinema, vittima della stessa poetica del suo cinema, in un frammento che aveva solo bisogno di un appoggio in più per non crollare su se stesso: l’assenza di parole e/o dialoghi. Specie per la bassezza interpretativa dei suoi protagonisti.
Episodio di Wong: una delle cose migliori che abbia girato. La degna dimostrazione di un cineasta che ha preso tra le mani la poetica di Antonioni, l'ha fatta sua, l'ha modernizzata, rendendola non solo orientale, ma universale.
Episodio di Soderbergh: guardatelo e capite dove la Disney ha preso spunto per “Paperman”. Un mezzo plagio.
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INTERVISTA COL VAMPIRO (1994)
[FONT=Arial]Questo film è così affascinante che ho voluto leggere anche il romanzo di Anne Rice. Devo dire che il film è abbastanza fedele al romanzo, è fatto molto bene. Le cose che più si discostano sono il personaggio di Armand, interpretato da Antonio Banderas, nel romanzo è un ragazzino di non più di 17 anni, chiaro di pelle e di capelli, molto diverso da quello cinematografico. E il trauma di Louis è condito di più sentimentalismo, prima che diventasse vampiro. Non c'entra la morte della moglie, ma del fratello. Ma a parte, queste due divergenze, è veramente un bel film. Bellissima l'interpretazione di Tom Cruise, molto fedele al Lestat del romanzo. Metto un voto molto alto perché il film merita una media più alta. Non è facile rendere bello un film sui vampiri.
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Per me è IL film sui vampiri. Quando lo vidi per la prima volta ero un ragazzino. Per merito suo ho cominciato a interessarmi sia al cinema in generale che alla letteratura di genere.
E non mi stancherò mai di ripeterlo, tutte le modifiche che ci sono rispetto al romanzo sono introdotte in maniera talmente naturale, intelligente, che sembrano state scritte dalla stessa Rice, compreso il finale cult.
Questo è un vero adattamento.
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Originariamente inviato da Mr Bloody Visualizza il messaggioPer me è IL film sui vampiri.
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