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  • Carlito's way è uno dei miei film preferiti e straborda di scene cult: da quella del "biliardo" a lui che parla dalla fessura della porta.
    Oltre alla fine che si ricollega all'inizio con questi movimenti circolari

    Letterboxd

    Hemingway una volta ha scritto: "Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso." Condivido la seconda parte.

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    • Originariamente inviato da Atlantide Visualizza il messaggio
      "A, ui, ue arrakis viene a me"
      genio.... XD
      Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
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      • Originariamente inviato da Andy Visualizza il messaggio
        Carlito's way è uno dei miei film preferiti e straborda di scene cult: da quella del "biliardo" a lui che parla dalla fessura della porta.
        Oltre alla fine che si ricollega all'inizio con questi movimenti circolari
        Diciamo che è un film perfetto. De Palma sembra adottare uno stile di regia meno virtuosistico, ma in realtà gira tutta una serie di sequenze di livello altissimo e di grande maestria. Quella del biliardo ad esempio, è una lezione di suspense con pochi eguali. La sceneggiatura è il lavoro della vita di David Koepp. Pacino è talmente bravo da far piangere.
        Il film tra l'altro è geniale perché De Palma decide di mostrare il finale allo spettatore già nel prologo, riuscendo ugualmente a creare ansia e tensione riguardo le sorti del protagonista lungo tutto l'arco narrativo della pellicola.
        De Palma comunque tra capolavori ed ottimi film (cult tra l'altro) ha una filmografia che fa impallidire. Per quanto mi riguarda Il fantasma del palcoscenico, Scarface, Carlito's Way e Redacted (che però dovrei rivedere) sono dei capolavori, Omicidio a luci rosse quasi (tutta la sequenza del pedinamento è da storia del cinema) più tutta una serie di film eccezionali come Carrie e Vestito per uccidere.
        https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

        "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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        • Su Scarface ho una riserva: il finale, quando la sorella gli piomba in casa e
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          l'ho trovato trash, fuori luogo e stonato, anche perché la sorella fino ad allora era un angioletto casto e puro e senza tendenze schizofreniche.
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          • Originariamente inviato da Cooper96 Visualizza il messaggio
            Su Scarface ho una riserva: il finale, quando la sorella gli piomba in casa e
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            l'ho trovato trash, fuori luogo e stonato, anche perché la sorella fino ad allora era un angioletto casto e puro e senza tendenze schizofreniche.
            Eh si, tipo quando si faceva scopare dal tizio nel bagno della discoteca
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            https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

            "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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            • Originariamente inviato da Gidan 89 Visualizza il messaggio

              Eh si, tipo quando si faceva scopare dal tizio nel bagno della discoteca
              Questa cosa me l'ero scordata



              Intanto ho visto Arrival di Villenueve

              Fantascienza esistenzialista, quella che preferisco. Un buon film che nel finale (vedi la scelta della protagonista) condensa un bel messaggio: ci saranno momenti bui e momenti felici nella vita, a volte quelli bui sono necessari perché ci siano quelli belli, e quando si presentano bisogna apprezzarli nella loro fugacità.
              Mi è piaciuto molto il design stilizzato delle navi e degli alieni; non mi è piaciuta la fotografia, troppo asettica e moscia. Villeneuve ha una regia trattenuta al servizio della storia, in cui risalta un bel movimento di macchina durante la prima salita all'interno dell'astronave.
              A fare le pulci, non vengono gettate basi molto solide per la futura relazione fra la protagonista e il futuro marito, e credo reggerebbe poco ad una seconda visione.
              Ultima modifica di Cooper96; 25 luglio 18, 12:07.
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              • Vabbè, De Palma è un Dio dell'Arte, che gli vuoi dire. Alla fine scegliere tra capolavori su capolavori diventa solo una questione di gusto e vissuto personale. I miei preferiti sono Omicidio a luci rosse, Le due sorelle, Vestito per uccidere, Il fantasma del palcoscenico, Blow Out, Carrie e Omicidio in diretta. Ma come si fa a non godere durante la visione degli altri? Appena posso rivedo Black Dahlia.

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                • Annie Hall di Woody Allen

                  Deliziosa commedia sentimentale. Ho sempre avuto un bias contro questo genere, ma Annie Hall scoppia di un umorismo brillante, surreale, effervescente che fornisce continui spunti di riflessione che mi ha fatto sorvolare sulle mie idiosincrasie. Adoro inoltre oltre che da un messaggio tutt'altro che idealizzato sull'amore nonostante tutto il film sia, alla fine, un atto d'amore verso la vita.



                  Three Days of the Condor di Sydeny Pollack

                  Puro cinema di genere. uno spy-movie di serie B di ottima fattura che non vuole mai strafare.
                  Ho molto apprezzato come tutto il mondo delle spie e della CIA sia stato rappresentato come persone comuni ed ordinarie. Ci sono varie trovate ingegnose riguardo la tecnologia dell'epoca che mi hanno divertito ed un graffiante finale che fa da commentario sociale. Inoltre c'è un sicario interpretato dal grande Max von Sydow che sembra uscito da un film di Tarantino che è pura coolness nella sua professionalità e filosofia di vita. Peccato solo per la sottotrama amorosa che è poco convincente e parecchio bizzarra, nonostante Faye Dunaway sia stupenda.
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                  • M.A.S.H. di Robert Altman (1970).

                    Secondo David Bowman, uno spettatore di cinema deve vedere per forza i film di Altman; e siccome mi ero abbastanza stufato dei tanti film classici per averne visti tanti negli ultimi mesi, pur vedendo film americani, ho deciso di spostarmi nel periodo della New Hollywood e di vedere il dvd di M.A.S.H. (1970) di Robert Altman, colmando così la mia lacuna sull'ultimo dei grandi maestri del cinema americano degli anni 70' di cui non avevo visto ancora un film.
                    Questa pellicole folle ed anarcoide inaugura alla grande il decennio degli anni 70', ponendosi come nuovo modo di fare cinema e consacrando al mondo del pubblico e della critica, il talento di Altman che sino a quel momento era un'anonimo regista che proveniva dalla televisione e autore di una manciata di film "minori".

                    Non bisogna farsi fregare dal fatto che il regista non sia accreditato come sceneggiatore, visto che il regista sul set ha compiuto molti rimaneggiamenti ed improvvisazioni che sino a poco prima dell'uscita del film, gli causarono non pochi problemi sia con lo sceneggiatore che sopratutto con gli attori Elliot Gould e Donald Sutherland, i quali chiusero addirittura il suo licenziamento al produttore. E' facile capire il loro nervosismo, poichè mai nessun film prima aveva osato narrare la guerra con una grammatica filmica così originale e una messa in scena anarchica che sfiora quasi il caos.
                    M.A.S.H. in poco meno di due ore porta una serie di importanti rivoluzioni; in primis è interessante notare che ci si trova innanzi ad un film sulla guerra, dove essa non si vede, ma ne vediamo gli effetti tramite i corpi maciullati e martoriati dai proiettili, che a getto continuo gli elicotteri portano al campo medico, che si trova poco lontano dal fronte.
                    Il ritmo impresso all'opera è stralunato, assecondato dall'ottima fotografia di Harold E. Stine, che adopera filtri nebbia, i quali mescolati con i numerosi zoom in aventi ed indietro di cui Altman fà abbondante uso nel film, crea una fortissima sensazione di straniamento e allucinazione nei protagonisti e nello spettatore che si ritrova confuso e spaesato da tali scelte, le quali servono per rendere al meglio il disfacimento fisico e morale cagionato dalla guerra. I chirurghi e le infermiere del M.A.S.H. (Mobile Army Surgical Hospital; Ospedale Militare Chirurgico da Campo in lingua italiana); vivono in una consapevole anarchia corale (non abbiamo dei protagonisti veri e propri in termini di screen time) ed insofferenti a qualunque disciplina, per mantenere in questo modo una certa sanità mentale che il conflitto bellico sembra aver irrimediabilmente compromesso.
                    Le vittime delle burle di Benjamin Franklin (Donald Sutherland) e John Francis (Elliot Gould) sono l'ultra religioso Burns (Robert Duvall) e l'infermiera integerrima militarista Margaret (Selly Kellerman), che rappresentano l'aspetto più conservatore e retrogrado della società degli Stati Uniti; si può dire che i veri folli siano costoro e non i vari componenti del campo base, visto che nonostante l'assurdità del tutto, vogliono mantenere una disciplina e un rigore morale impossibile da mantenere, dato che ogni conflitto distrugge tutto ciò che è preesistente per fare posto ad un nuovo tipo di società e valori. Burns e Margaret rappresentano l'ipocrisia del potere, il quale indossa la maschera del rigore in pubblico, per poi nel privato darsi alle trasgressioni che alla luce del sole condannano fermamente e per questo vanno giustamente puniti con una gag geniale come quella del microfono posizionato sotto il letto, mentre i due stanno scopando; sequenza significativa che è un elogio all'informazione che deve smascherare e sbuggiardare innanzi al mondo, chi si fà portatore di un moralismo ipocrita.
                    La surrealità del tutto, è aumentata dai confusi annunci radio (spesso messa fuori campo, scelta indicativa), simbolo di un potere sempre più confuso da una società che non riesce più a guidare, preferendo poi rifugiarsi in stupide proposte di film bellici che esaltano l'eroisimo dei soldati, stridendo nettamente con il degrado, la sporcizia e il sangue versato dai feriti presenti nel campo.

                    Robert Altman utilizza metodi di ripresa ed inquadrature mai viste prima; tra primi piani allucinati, fuori fuoco di chiusura, inquadrature sugli occhi sbarrati dei personaggi e dialoghi di personaggi che si accavallano tra loro; crea un'atmosfera sgradevole e decostruttivista, che non risparmia nessun mito americano, arrivando nel finale a distruggere il gioco del football (mito sacro americano) grazie a veloci tagli di montaggio per dare appieno una carica visiva di brutalità del gioco, imbrogli dei giocatori e scommesse varie.
                    La satira nera di Altman quindi non risparmia niente e nessuno; dallo sport, alla vita militare (i superiori sono visti come stupidi o passivamente accondiscendenti) al sesso, alle delicate operazioni chirurgiche (Benjamin e Margaret non solo fanno continue battute caustiche al tavolo operatorio, ma addiritura sono irriverenti verso i pazienti lì distesi, tanto che certe volte operano addirittura vestiti con calzoncini da golf). M.A.S.H. è una delle più grandi commedie nere della storia del cinema e una forte satira anti-militarista (ma forse sarebbe meglio dire anti-potere); che non si preoccupa della religione, nè di fare battute apertamente sessiste, prendendo per il culo costantemente il personaggio di Margaret, vista con una rigida bacchettona ottusa dall'intelligenza scarsa, venendo soprannominata "Hot Lips". Nella decostruzione del militare, Altman riesce a tirare fuori la loro umanità e creare un film che non è assolutamente datato per via delle sue battute caustiche e uno stile registico fresco e mantenuto perfettamente intatto dopo 50 anni.
                    E' ambientato durante la guerra di Corea, ma si legge la critica al periodo storico del Vietnam; ma a parere del sottoscritto è il film bellico meno legato alla sua epoca in assoluto, perchè il film per come è impostato è universale nel tema; sono convinto che se Altman l'avesse fatto nel periodo della guerra in Iraq, sarebbe uscito più o meno uguale.
                    Enorme successo di pubblico (oltre 70 milioni di dollari), Palma d'oro a Cannes e ben 5 nomination agli oscar (vinse solo per la sceneggiatura, che ironia!) tra cui miglior film e regia, ma tale capolavoro assoluto purtroppo perse contro il militarista film di Schaffner; Patton Generale D' Acciaio.

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                    • Amiche di sangue (Thoroughbreds) di Cory Finley

                      buon film, ripensandoci mi ha ricordato per certi aspetti Stoker di Park Chan-Wook
                      dopo aver visto il titolo originale mi è venuto da pensare che i purosangue siano i giovani attori sui quali puntare in ottica di ricambio generazionale, con la Taylor-Joy già diva in pectore, non da meno la Cooke, grande tristezza nel rivedere Anton Yelchin nella sua ultima prova, soprattutto quando ad un certo momento del film il suo personaggio ha una battuta del tipo "ho tutta la vita davanti e milioni di cose da fare e da vedere ..."
                      Ultima modifica di trabant; 06 agosto 18, 09:00.
                      In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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                      • Sensei anche io ieri ho visto MASH. A differenza tua non l'ho trovato affatto un capolavoro, ma un buon film sicuramente si. E di "fresco" ci trovo davvero poco, se non quasi niente. E' un film figlio del suo tempo, calato talmente tanto nella mentalità contestataria di quegli anni che inevitabilmente non ha potuto che invecchiare maluccio. L'idea di realizzare un film così dissacrante e goliardico fu innovativa e coraggiosa, su questo poco da dire e da discutere. Chissà se Altman ebbe modo di leggere "Sturmtruppen" prima di scrivere il film. In ogni caso, il film procede per piccoli episodi, più o meno divertenti (chi più chi meno) senza picchi di livello eccelso, né di regia che di recitazione. Per quanto mi riguarda più che di capolavoro si può parlare di cult, quello si, assolutamente. Riuscì a battere a Cannes "Indagine su un cittadino al dì sopra di ogni sospetto" che mi sembra di altro spessore cinematografico.
                        "Patton Generale d'Acciaio" non l'ho visto, ma con Coppola alla sceneggiatura dubito che sia così militarista.
                        https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                        "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                        • È un film contestario vero, ma trovo che sia tra i film della New Hollywood che meno viva il suo tempo, anche tra quelli in ambito bellico.
                          C'è una guerra, è quella di Corea perché ce lo dice la didascalia iniziale, ma può essere qualsiasi guerra in qualsiasi tempo storico.

                          Regia senza picchi? Davvero? Zoom in avanti ed indietro, primi piani stranianti se non sfocati leggermente, fuori fuoco di chiusura etc... ed il tutto trova sfogo nella partita a football con quel montaggio serrato.
                          Citi le Sturmtruppen di Bonvi... lo spirito è quello, così come l'umorismo caustico e corrosivo.
                          A me MASH ha fatto ridere, ma anche riflettere tramite le battute dei suoi personaggi che non risparmiano niente e nessuno facente parte dell'ordine costituito, con picchi di puro genio nella sequenza di Cassiodoro e l'ultima cena.

                          Il film di Petri è sul medesimo livello, e uno solo poteva vincere, quindi... anche se Petri vinse il Gran Prix.

                          Comunque non sei il solo ad averlo trovato invecchiato, anche se non sono d'accordo.
                          Ultima modifica di Sensei; 06 agosto 18, 19:22.

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                          • stavolta sono assolutamente d'accordo con Sensei (che ringrazio pubblicamente per aver seguito il mio consiglio)

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                            Concordo sul fatto che il film di Petri sia di livello superiore, ma di una spanna. Quanto a Patton (film che conosco bene) devo dire che, più che militarista, è agiografico nella seconda parte, e sta nettamente al di sotto di M*A*S*H* (che però probabilmente era troppo politicamente scorretto per vincere l'Oscar).
                            Come satira contro la guerra (e contro il potere) M*A*S*H* sta subito dietro pietre miliari come "Vogliamo Vivere!" di Lubitsch, "Dottor Stranamore" di Kubrick o "La guerra lampo dei fratelli Marx" di Leo McCarey e (sempre a mio avviso ovviamente) sul medesimo livello de "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin.

                            Riporto qui sotto un mio giudizio su M*A*S*H*

                            Capolavoro di geniale irriverenza dissacratoria, irresistibile, mordace, spudorato, sboccato, stralunato. Distrugge, con la sua corrosiva derisione, la retorica dell’eroismo patriottico ed il dogmatismo fanatico del militarismo, cambiando per sempre il modo hollywoodiano di raccontare la guerra, come una sorta di “peccato originale” della satira militare. Dal vulcanico magma di personaggi fuori di testa e situazioni irriverenti, emerge l’ironia tagliente e beffarda del regista, che, come un uragano iconoclasta, trascina tutto con sé nella sua corrente demistificatrice, senza risparmiare nemmeno i miti istituzionali quali religione, moralismo e persino il football americano, lo sport nazionale. Diede il successo mondiale al “diabolico” contestatore Robert Altman, che qui, forte dell’energia degli “esordienti”, ha raggiunto l’apice della sua vena dissacratoria. Sebbene il film sia ambientato in Corea, sembrò a tutti evidente, che l’autore intendesse parlare del Vietnam, senza però mai nominarlo, sia per esorcizzarne, a livello inconscio e con assoluto coraggio, l’impatto angosciante che aveva sull’opinione pubblica del tempo, sia per attuare il suo lucido progetto di caustica denuncia attraverso il linguaggio pungente della farsa. Malgrado le pressioni produttive il grande regista non rinunciò a nessuna delle sue provocazioni, dal linguaggio scurrile alle scene cruente in sala operatoria, dalle battute politicamente scorrette (quelle sessiste sono celeberrime) fino alla parodia dell’ultima cena, che fece arrabbiare i cattolici. Ma i meriti dell’opera risiedono anche negli alti valori tecnici e nella sua assoluta originalità stilistica: la sintassi è libera, anarchica, debordante, le sperimentazioni sono numerose, come la sovrapposizione dei dialoghi e dei punti di vista, che poi troveranno magnifico compimento artistico nel famoso Altman “corale” degli anni migliori. Lo sberleffo supremo è già nella canzone che apre il film sui titoli di testa, composta dal figlio quattordicenne del regista ed inneggiante al suicidio. Sotto la patina demenziale e grossolana, sulla quale si soffermeranno i meno attenti, si nasconde uno dei più potenti ed anticonvenzionali attacchi al militarismo mai compiuti dal cinema americano.
                            "E' buffo come i colori del vero mondo diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo"


                            Votazione Registi: link

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                            • Visto Quelle Due di William Wyler
                              Buon dramma, di chiara origine teatrale, in cui il regista stringe molto sui primi piani (specie sul finale, concentrato tutto sul volto strettissimo della Hepburn) e su sguardi "di sbieco" (spesso i personaggi non si guardano negli occhi nella stessa inquadratura ma si dispongono sull'immagine di tre quarti rispetto all'interlocutore, gli danno le spalle, voltano il collo...).
                              Interessante variazione del tema della "caccia alle streghe", ancora attuale dato che alcuni "politici" ancora oggi organizzano lotte contro la fantomatica "teoria gender".

                              Visto La congiura degli innocenti: Divertente commedia inglese, pregna di umorismo dark, vagamente ispirata, forse, ad una novella di Boccaccio. I duetti migliori sono quelli tra il capitano e la "zitella": rubicondo lui, mingherlina lei...sembra di vedere Alma e lo stesso Hitch nel loro menage matrimoniale. La stessa scena, divertentissima, in cui prendono the e pasticcini e si intrattengono conversando su come occultare un cadavere, sarebbe potuta essere una versione autobiografica delle loro riunioni di lavoro.
                              Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
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                              • Visto Sabotatori: forse il peggior hitchcock insieme a La Taverna dlla Giamaica. Film iperpatriottico in cui il nostro Hitch piega il suo canovaccio classico dell'eroe accusato ingisutamente che deve scappare e difendersi da solo, al codice censorio americano in cui "non sia mai che qualche comunista cattivo plagi i nostri validi giovani americani". Il finale sulla statua della Libertà, nel suo essere smaccatamente autocelebrativo, è anche girato in maniera tecnicamente superba. Specie la parte in cui si scuce la manica.
                                Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
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