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  • sono riuscito a recuperare in sala Sembra mio figlio di Costanza Quatriglio, davvero uno dei migliori film italiani dell'anno

    ieri ci riflettevo e mi ha ricordato La canzone di Carla di K. Loach
    Ultima modifica di trabant; 12 ottobre 18, 13:36.
    In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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    • 13945.jpg
      LA FORESTA PIETRIFICATA Regia di Archie L. Mayo
      L’ultimo avamposto ai confini dell’arido deserto : una modesta stazione di servizio con tavola calda; in cui transitano, cocciando trasversalmente ,i destini di un gentile, erudito quanto spiantato bohémien (Leslie Howard), di una mal assortita coppia di borghesi benestanti , con autista di colore e infine un malvivente ( Humprey Bogart) coi suoi scagnozzi, che oramai è preceduto da sinistra fama e sta giocando con la prospettiva del braccio della morte. Serve ai tavoli Gaby (Bette Davis), vero nome _imposto dalla mamma francese_ Gabrielle, che ha velleità artistoidi, fors’anche solo per sfuggire , da figlia e nipote dei proprietari, alla probabile eventualità d’inchiodarsi a vita in quel perimetro, magari finendo sposa del garzone della pompa, un ragazzotto non cattivo , magari un po’ grossier.

      Film del ’36 di origine squisitamente teatrale, girato in unità di luogo e tempo negli interni del locale, salvo suggestivi esterni introduttivi e con un finale movimentato e ricomposto “perbene”.
      Quasi un “manifesto liberal” , addirittura “politicamente scorretto” , avvicinabile ad opere come “La Stazione” e “Una Pura formalità”; dove essere un vagabondo di buone letture, una madre (evocata) che non cresce il frutto del suo seno od addirittura un gangster sul filo del rasoio è comunque più emozionante di fossilizzarsi facendo i benzinai abbarbicati alla propria polverosa terra ( il babbo è pure riservista para-militare) facendone misura intera del mondo, peraltro affatto conosciuto. Meglio spararsi (?), quando almeno la filosofia e l’esperienza hanno dato un quadro abbastanza compiuto di ciò che si è. Howard e la Davis tubano carucci ; solidi gli altri caratteristi , col giovane Bogart arruffato e dal fare spiccio , che però di muove che pare Frankenstein (xD).
      Nota a margine : visto in dvd Warner HV, che è ri-doppiato.
      "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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      • Canzoni del secondo piano di Roy Andersson

        Si tratta del primo capitolo della trilogia "sull'essere un essere umano", che ha visto l'ultima pellicola - Un piccione seduto su un ramo medita sull'esistenza - aggiudicarsi il Leone d'Oro per il miglior film a Venezia nel 2014.
        Per quanto originale e assurda, quest'ultima fatica di Andersson non mi aveva conquistato del tutto. Canzoni del secondo piano invece è un capolavoro, uno dei film più belli ed importanti del nuovo millennio. Lo stile è esattamente lo stesso, il film è tutto una serie di tableaux vivants grotteschi e surreali. Andersson azzecca il difficile tono giusto del film, restituendo splendidamente allo spettatore la deriva tragicomica delle nostre vite. Ci sono anche picchi di critica feroce verso la società svedese, ma Andersson non si lascia mai prendere la mano. Il finale è di una potenza visiva e pittorica da storia del cinema.
        Il premio della Giuria assegnatogli a Cannes 2000 gli sta stretto. Soprattutto se si pensa che la Palma d'Oro l'avrebbe poi vinta in futuro il suo connazionale Ruben Ostlund col decisamente inferiore The Square.
        Da riscoprire.
        Ultima modifica di Gidan 89; 16 ottobre 18, 15:30.
        https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

        "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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        • Piccole Volpi di William Wyler (1941).

          Per chi fosse interessato alle origini del turbocapitalismo e della totale amoralità alla base di esso, Piccole Volpi (1941) di William Wyler è un film indicato per analizzare il fenomeno. La pellicola pur essendo ambientata nel Sud degli Stati Uniti, a differenza ddei film tratti dalle opere teatrali di Tennesse Williams, che hanno una visione abbastanza razzista verso gli abitanti degli stati del sud (come se quelli del nord fossero poi migliori), parte dal microcosmo della casa di Regina Giddens (Bette Davis), per universalizzarne la condizione particolare a tutto il paese. Regina, insieme ai suoi due fratelli Benjamin e Oscar, non sono uniti da alcun legame affettivo, ma solo e soltanto dall'avidità del guadagno e dell'accumulo compulsivo. Regina è vittima di una società maschilista ed opprimente, che dà opportunità gestorie e benefici dell'eredità ai soli maschi, finendo così per ritrovarsi totalmente sola e alla fine per sfuggire ad essa un mercante benestante di nome Horace con cui ha una figlia Alexandra (Teresa Wright). il problema è che Horace a differenza della moglie e dei fretelli di lei, non ha ambizioni economiche esagerate, specie perchè ha cambiato modo di vedere la vita e concepire l'esistenza, da quando ha scoperto di essere seriamente malato di cuore.

          La totale mancanza di ambizioni economiche di Horace, contrasta con l'enorme fame di Regina; un appetito originato dalla frustrazione di essere una donna vittima delle discriminazioni della sua condizione femminile e dall'impossibilità nel poter gestire liberamente le risorse economiche della propria famiglia, poichè sono tutte intestate al marito, che si oppone tenacemente all'affare proposto dai fratelli della moglie, poichè estremamemnte disgustato dai loro trucchi ed imbrogli, di cui hanno fatto largo uso durante tutta la loro vita per arricchirsi anche solo di un singolo dollaro in più.

          Saggiamente Wyler con l'aiuto della sceneggiatrice Lillian Hellman (autrice dell'opera teatrale), decide di non discostarsi troppo dalla fonte originaria, poichè questi mangifici dialoghi andavano preservati e conservati così com'erano senza interventi esterni. La regia giustamente si mette al servizio della storia senza inutili virtuosimi o vezzi d'autore che avrebbero solo distratto lo spettatore dal cuore dalla vicenda. Il regista non rinnega l'origine teatrale, ma la rende palese agli occhi dello spettatore grazie alla fotografia di Gregg Tolland, che adoperando speciali lenti nella macchina da presa, riesce a conferire una grande profondità di campo alla messa in scena mettendo a fuoco i personaggi in primo piano e ciò che è sullo sfondo, dando egual peso ed entrambi i piani (l'utilizzo più riuscito di tale tecnica lo si vede quando c'è Bette Davis in primo piano seduta sulla poltrona con il marito che tenta di salire faticosamente le scale o nel confronto finale tra Regina e i suoi fratelli con l'ingenua ed idealista Alexandra seduta avvilita e sconsolata sulla poltrona in secondo piano). L'uso massiccio e consapevole della profondità di campo al giorno d'oggi può sembrare cosa ordinaria, ed invece, ciò rivela l'estrema abilità tecnica di Wyler, rompendo una delle regole fondamentali del cinema classico dove essa non era adoperata, poichè distraeva lo spettatore durante la visione.

          Solitamente la profondità di campo dovrebbe rendere più cinematografica l'opera teatrale, ma in tal caso essa è mirata ad accenturare la scenografia vasta ed accurata della villa di Horace, dove su vari piani e stanze, si passa un rapporto amorevole tra padre e figlia (totalmente aliena dalle logiche turbocapitaliste) alle continue invettive tra Regina, Benjamin ed Oscar che puntano all'accumulo compulsivo di denaro, in un'ossessiva gara di competizione che di morale non ha nulla e che si basa sull'acquisire vantaggi ed informazioni decisive per ricattare la controparte ed ottenere una fetta di torta maggiore. La location vasta e chiusa della villa accentua volutamente la teatralità dell'opera, poichè Regina, Benjamin ed Oscar sono tre persone "artificiose" che hanno perso ogni sentimento (che può essere coltivato solo in luoghi aperti visto il finale) a vantaggio del solo e mero interesse personale. La vita di Regina è frutto solo e soltanto delle sue decisioni che hanno messo l'interesse del soldo innanzi ad ogni cosa, quindi nel magnifico finale con l'inquadratura sulla finestra, non vediamo la felicità della donna nell'aver conseguito i suoi scopi, ma la schietta costatazione di ciò che sarà d'ora in poi la sua esistenza. Dal primo 900' in poi il turbocapitalismo ha trovato largo consenso in tutti gli Stati Uniti per poi infettare il mondo; per chi si oppone ad esso c'è solo la morte, un silenzio annichilente oppure una fuga verso chissà dove e a che prezzo (anticipando quasi il finale del Laureato, anche se qua c'è ancora un barlume di felicità per chi si oppone al sistema). Piccole Volpi rappresenta forse la miglior trasposizione teatrale di sempre, nonchè una perfetta esposizione delle origini del'attuale sistema economico e sopratutto delle persone dietro i meccanismi del capitalismo. Un'opera angosciante e fortemente pessimista e che rappresenta l'apice di tutta la carriera del regista, nonchè della sua collaborazione con Bette Davis, che qui è al massimo della sua bravura recitativa, riuscendo a non far scadere mai nella macchietta monocorde il suo personaggio grazie all'attenta direzione di Wyler che ne ha smussato i più evidenti tic e manierismi recitativi (anche a costo di notevoli scontri con l'attrice che alla terza collaborazione era in disaccordo su tante cose; dalla caratterizzazione del personaggio al trucco sino all'arredamento della villa, sino ad essere stufa nel suo dover rifare le scene una marea di volte... il regista d'altronde era soprannominato Wyler 40-take, ma alla fine Bette Davis lo considerava un genio).

          Un'opera meno conosciuta rispetto ai suoi film più famosi come Vacanze Romane (1953) e Ben-hur (1959), ma Wyler è un regista che ha dato sicuramente il meglio di sè negli anni 30' e 40', e sopratutto negli adattamenti di opere letterarie o di derivazione teatrale, dove riusciva a dare il meglio delle sue doti di cineasta.
          Ultima modifica di Sensei; 17 ottobre 18, 13:06.

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          • L'albero dei frutti selvatici di Nuri Bilge Ceylan
            Ceylan prosegue con la sua critica piuttosto feroce degli intellettuali del suo paese, persi dietro aspirazioni velleitarie e narcisistiche e per questo lontani dal popolo che finisce per seguire il populismo di stampo militare e religioso. Mentre nel film precedente il bersaglio era un agiato sessantenne, qui se la prende anche con un giovane appena laureato e spiantato, come a dire non si salva nessuno.
            Non male ma Il Regno d'inverno era a mio avviso molto migliore.
            In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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            • Originariamente inviato da Sensei Visualizza il messaggio
              Piccole Volpi di William Wyler (1941).

              Per chi fosse interessato alle origini del turbocapitalismo...
              E qui ho smesso di leggere!

              Comunque un film stupendo, tra i miei preferiti di Wyler e della Davis.

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              • Ma veramente esiste il turbocapitalismo? Credevo fosse una supercazzola

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                • Turbocapitalismo è un termine esistente nella Treccani, Garzanti e in tutti gli altri vocabolari, non è un termine inventato da Fusaro e significa "capitalismo sfrenato".

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                  • Diciamo che - specie in Italia - viene usato quasi esclusivamente da Fusaro e gente del suo "spessore".

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                    • A coniare il termine fu l'economista Luttwak negli anni 70. Quelle teorie sono interessanti, si analizzava la fine di ogni ideologia anti capitaliste nella società occidentale post guerra fredda. Poi da fusaro e soci è stato ripreso negli ultimi anni e semplificato per dire capitalismo sfrenato che mira a distruggere sovranità degli stati, mentre Luttwak diceva che gli Stati del primo mondo ormai non potrebbero reggere più guerre pena la distruzione totale quindi la guerra si fa a livello economico, globalizzando l'economia mondiale ma con tutto un gioco di strategie economico-militari che favoriscano gli stati nazionali.
                      Ultima modifica di Sebastian Wilder; 17 ottobre 18, 11:20.

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                      • Originariamente inviato da trabant Visualizza il messaggio
                        L'albero dei frutti selvatici di Nuri Bilge Ceylan
                        Ceylan prosegue con la sua critica piuttosto feroce degli intellettuali del suo paese, persi dietro aspirazioni velleitarie e narcisistiche e per questo lontani dal popolo che finisce per seguire il populismo di stampo militare e religioso. Mentre nel film precedente il bersaglio era un agiato sessantenne, qui se la prende anche con un giovane appena laureato e spiantato, come a dire non si salva nessuno.
                        Non male ma Il Regno d'inverno era a mio avviso molto migliore.
                        Eh ma Il Regno d'Inverno è un capolavoro. Eguagliarlo o fare meglio non era affatto semplice. Beato te comunque che sei riuscito a vedere quest'ultima fatica di Ceylan.


                        Ragazzi vi prego, non nominiamo Fusaro anche qui. Già non lo si sopporta in generale
                        https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                        "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                        • Praticamente avete fatto una polemica basata sul nulla... il termine turbocapitalismo esiste nella lingua italiana e su chi lo utilizzi sinceramente me ne frega zero.
                          Non è un termine discriminatorio, che dovrebbe causare ribrezzo al lettore; a meno che non si sia dei capitalisti sfrenati, ma in quel caso è il film che condanna la tale pratica, quindi il vostro sdegno dovrebbe essere rivolto a Wyler e comunque io mi schiero a favore del regista nettamente.

                          Mi spiace che vi siano utenti che si sono fermati nella lettura del commento subito perché c'era quella parola. Vorrà dire che la prossima volta sceglierò termini meno controversi... sempre che ve ne siano in questo periodo.

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                          • Suvvia, si scherza. La seriosità è un altro grande problema di quest'epoca moderna. Oltre a Fusaro. E ai fascisti come lui.*










                            *tra i quali non metto te, of course.

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                            • Uno Sparo nel Buio - di B. Edwards

                              Forse il miglior film della saga della Pantera Rosa (e unico senza la pantera nel titolo!). Funziona tutto, da un Sellers strepitoso ma non cartoonesco come in futuro, alla new entry Kato, vero deus ex machina comico, al grandissimo Lom, unico in grado di rubare la scena a Sellers! Soprattutto c'è una solida trama di stampo teatrale che fornisce una solida ossatura agli istrionismi di Sellers. Molte poi le trovate puramente cinematografiche inventate da Edwards per vivacizzare il film, come l'omicidio al campo nudista. Incredibile quanti film successivi abbiano saccheggiato le gag da questo film e da altri simili (praticamente metà dei film di Villaggio).
                              Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
                              Spoiler! Mostra

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                              • Originariamente inviato da ColonelBlimp Visualizza il messaggio
                                Suvvia, si scherza. La seriosità è un altro grande problema di quest'epoca moderna. Oltre a Fusaro. E ai fascisti come lui.*










                                *tra i quali non metto te, of course.
                                Ok, tengo conto di questo post, abbinandolo _di mia iniziativa_ al discorso sulle iperboli personali che Maddux Donner faceva nella sez. Home Video. Anch'io, figurarsi, ho le mie impuntature , ma ti/vi chiedo anche "stacce", non prendetele necessariamente come filippiche atte a dimostrare una tesi socio-politica sebbene metta termini di quella estrazione.
                                Per dire : ne "La Foresta Pietrificata" c'è la signora borghese a cui i banditi fregano la macchina ed i contanti del marito , che all'inizio sembra altezzosa e disgustata da tutti; poi si rivela come una aspirante attrice che ha rinunciato "ai sogni" in cambio della sicurezza (economica) matrimoniale, ed addirittura finisce col chiedere un "passaggio" sulla macchina requisita dai gangster...Quasi la parabola marxista della vampiresca "carne morta" (il Capitalismo ; vedi anche i Buoni del Tesoro "congelati" dal nonno di Gaby...) che in questo caso si rianima riavvicinandosi all'azione "proletaria/lavoratrice" della "carne viva". Una suggestione intellettuale, non una tribuna politica : a Fusaro comunque non ci pensavo proprio...:-p.

                                Per quanto riguarda l'origine del Turbocapitalismo agli albori del XX secolo e la sua semantica fissata poi dai "Chicago Boys", non si dimentichi che in mezzo ci sono state robe non da poco come la Grande Depressione,La Seconda Guera Mondiale, il Fordismo, il Vietnam e la Guerra Fredda e la fase appunto dell'edonismo Reaganiano. Periodi ampiamente tratteggiati al cinema . :-)
                                Ultima modifica di henry angel; 18 ottobre 18, 05:31.
                                "...perché senza amore non possiamo che essere stranieri in paradiso"

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