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  • Green Book
    Film classico nell'impostazione, ma ben confezionato e scritto in maniera prevedibile ma non scontata. Punto di forza l'interpetazione degli attori, con un Mortessen che si sveste dei suoi personaggi borghesi e di classe e qui interpreta un personaggio degno di Jim Belushi. Una sorta di Homer Simpson italo americano, zotico e disonesto ma di buon cuore. Impossibile, nella interpretazione di Mortessen non pensare a Gassman e ai film in cui si "truccava" da uomo volgare, girando in mutande e canottiera e parlando in finto romanaccio per portare avanti uno dei tanti mostri della nostra commedia. Consigliato.
    Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
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    • Benvenuto Presidente
      Piacevole favola, banalotta ma meno populita di quanto sembrerebbe, che si poggia molto sulla simpatia e bravura di tutti gli attori, specie quelli nei ruoli di contorno. Impagabile ad esempio la mimica fisica del grande Populizio, sia quando si guarda le scarpe lussuose parlando di povertà che quando improvvisa un balletto sulla musica rap. Bisio sfrutta la sua naturale simpatia e riesce a reggere sia il registro serio che quello farsesco. Le gag sono di grana piuttoso grossa, pur non essendo volgari, e si ricorre spesso ad uno slapstick quasi disneiano. Eppure la penna di Bonifacci riesce, come riusciva una volta il grande Steno, a far trasparire brevi riflessioni non banali in contesti farseschi (si pensi al momento in cui, per pochi secondi, il personaggio di Fiorello dichiara di "spendere milioni in manifesti di odio" per ragioni di propaganda).
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      • Un uomo da marciapiede (Midnight cowboy)

        L'avevo già visto una decina d'anni fa e mi aveva lasciato insoddisfatto.
        Adesso mi è bastato il montaggio di alcune scene, la presenza di alcune sequenze in b/n e l'utilizzo della colonna sonora per farmelo rivalutare parecchio.
        Al di là di questo è un ottimo film sull'infrangersi delle aspettative, sul doversi adattare a un nuovo ambiente, sulla solitudine ma soprattutto sull'evolversi di un'amicizia inaspettata.

        Lo strangolatore di Boston

        L'ho trovato più invecchiato e meno incisivo rispetto al film citato sopra. Ha soluzioni visive interessanti ma è un po' ripetitivo, soprattutto nella prima parte. Solo dal momento in cui svela la carte inizia a coinvolgere veramente a mio parere, con un ottimo crescendo finale.

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        • Visto Green Book giusto ieri sera. Commedia di buon intrattenimento, con protagonisti davvero ottimi (del resto i nomi si presentano da soli) con bel ritmo e un messaggio anti-razzista molto forte, con qualche caduta qua e là nel sentimentalismo un po' facile e retorico.

          non so quanto meriti l'Oscar come miglior film. mi dovrei recuperare Roma e Blackklasman
          firma 3.jpg

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          • Leave No Trace (D.Granik, 2018): regia di una sensibilità e delicatezza inaudite (chiara la mano femminile), un film di suoni e silenzi.
            Meno vivo del precedente ma ugualmente potente. Non nascondo di aver patito un pò il suo essere rarefatto nella fase centrale... 20 minuti in meno avrebbero forse giovato.
            Il finale è molto probabimente il più genuinamente toccante dell'anno.
            La McKenzie è impressionante (non a caso ha 1000 progetti in cantiere), anche se non mi pare abbia il phisique du role per imporsi a lungo nello star system hollywoodiano.
            Foster molto bravo ma troppo contenuto.
            Da vedere.

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            • Copia originale di Marielle Heller, un vero piacere, praticamente perfetto, e se fossi stato io a decidere avrei dato l'oscar per il supporting a Richard E. Grant, piuttosto che il bis ad Ali
              In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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              • Originariamente inviato da trabant Visualizza il messaggio
                se fossi stato io a decidere avrei dato l'oscar per il supporting a Richard E. Grant, piuttosto che il bis ad Ali
                Idem, un'interpretazione toccante.

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                • Grant ha comunque ottenuto la maggior parte dei premi della critica... È già qualcosa...

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                  • Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman

                    Bello ma mi aspettavo meglio. La scrittura è buona ma non eccellente, quello che eleva il film sono gli attori tutti che danno delle prove sbalorditive, un cast di caratteristi grintosi e affiatati bigger than life, che riescono ad aggiungere spessore ulteriore agli eventi ed alle righe di dialogo.
                    La regia è esperta, riesce a dare magia in particolare a due momenti (la partita di basket e la partita "vista" sulla tv spenta) e riesce a rendere dolorose le sessioni di terapia con primi piani che stringono impietosamente, comunicando come non solo i pazienti del manicomio volontari ma anche l'infame Nurse Ratched sia a modo suo spaventata dalla vita e dalle persone ed usi un'armatura fatta di autorità ed intelligenza.
                    In generale mi ha colpito come riesca a scivolare dal registro comico al registro drammatico al registro agrodolce con molta fluidità.
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                    • Stracosiglio il film Storie Pazzesche (che potete trovare ora su Raiplay).
                      Film argentino, racconta 5 episodi un pò pulp un pò umoristicamente neri, roba degna di Risi. Non si arriva mai a Pasolini o al Citti di Storie Scellerate, ma è piacevole assitere ad un film che, seppur composto da 5 cortometraggi, mantiene alta l'attenzione in quanto è difficile prevedere lo svolgersi degli eventi, con un bestiario di cattiveria umana in cui vittime e carnefici si scambiano i ruoli in continuazione in un gioco di vendette, controvendette, umiliazini e premi inaspettati. Il regista oltre che una buona penna ha anche un buon occhio, e indovina varie inquadrature (il televisore che parla di omicidio al telegiornale, con l'uomo innocente nell'altro angolo dell'inquadratura, lo sposo umiliato inginocchiato vicino alla torta nuziale, le mani dell'uomo che chiede perdono che incorniciano l'immagine della donna a cui chiede scusta).
                      Momento cult: l'amplesso SULLA torta nuziale XD
                      Qual'è la verità? Ciò che penso io di me, ciò che pensa la gente, o ciò che pensa il burattinaio?
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                      • Already Tomorrow in Hong Kong (2015) di Emily Ting

                        rivisto forse per la decima volta in una manciata d'anni, ha i requisiti minimi indispensabili per essere definito un film, ma è un'esperienza immersiva totale che richiama alla mente ricordi e sensazioni di chi almeno una volta nella vita certe esperienze le ha vissute. Commedia (?) romantica sulla falsa riga dei vari Before Sunrisee, Bewore we go e compagnia cantante...nella speranza che quella stronza della Ting si decida a completare lo script del sequel....che tanto gli altri suoi film, a parte me, non se li caga nessuno.


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                        • Ancora auguri per la tua morte(2019)
                          Commedia slasher autoparodica .. Voto 5 e mezzo

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                          • Il cattivo tenente di Abel Ferrara

                            Capolavoro, si o no? Di primo acchito mi viene da rispondere: si, è un capolavoro. Eppure, sento che qualcosa mi frena, come se non lo avessi capito fino in fondo. David.Bowman qui mi servi tu! Ferrara ha detto di aver voluto parlare di Grazia ed in tal senso mi è venuto in mente un paragone con un film che ami particolarmente come Europa '51 di Rossellini. Dirai tu, che ci azzecca? Ecco, forse niente, però la parabola dei due protagonisti è molto simile. Entrambi vengono puniti (la Bergman subisce una "morte sociale" mentre Keitel trova la redenzione nella morte fisica) per non essersi omologati ad un sistema di pensiero, ad un sistema "istituzionalizzato", scegliendo invece di agire per purezza d'intenti. Ma sarà veramente così? Se il tenente non avesse perso la scommessa, avrebbe liberato ugualmente i due criminali? La pellicola resta ambigua fino alla fine, ma forse è proprio questa disperazione, questa confusione esistenziale a dargli maggior spessore drammaturgico.
                            https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                            "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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                            • Originariamente inviato da Gidan 89 Visualizza il messaggio
                              Il cattivo tenente di Abel Ferrara

                              Capolavoro, si o no? Di primo acchito mi viene da rispondere: si, è un capolavoro. Eppure, sento che qualcosa mi frena, come se non lo avessi capito fino in fondo. David.Bowman qui mi servi tu! Ferrara ha detto di aver voluto parlare di Grazia ed in tal senso mi è venuto in mente un paragone con un film che ami particolarmente come Europa '51 di Rossellini. Dirai tu, che ci azzecca? Ecco, forse niente, però la parabola dei due protagonisti è molto simile. Entrambi vengono puniti (la Bergman subisce una "morte sociale" mentre Keitel trova la redenzione nella morte fisica) per non essersi omologati ad un sistema di pensiero, ad un sistema "istituzionalizzato", scegliendo invece di agire per purezza d'intenti. Ma sarà veramente così? Se il tenente non avesse perso la scommessa, avrebbe liberato ugualmente i due criminali? La pellicola resta ambigua fino alla fine, ma forse è proprio questa disperazione, questa confusione esistenziale a dargli maggior spessore drammaturgico.
                              è un film che amo ma per me è un quasi capolavoro, gli assegnerei un 8,5 o un 9-- ma al 9 non ci arriverei. Il cattivo tenente ha tanti meriti ma anche troppa enfasi, a parer mio. Qualche "urlo" in meno e qualche "sussurro" in più gli avrebbe giovato. Per me il vero capolavoro di Ferrara (che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente nel maggio di 3 anni fa) è The Addiction.

                              Il confronto che fai con Europa '51 è troppo ardito secondo me. E' vero che esiste una certa assonanza tra la vicenda del tenente e quella di Irene, un doloroso percorso di auto-punizione e di redenzione, però ci sono troppe differenze. Innanzi tutto Irene abbraccia la sua nuova vita in maniera convinta e compiuta, perchè si sente in colpa per la tragedia familiare che l'ha colpita ma anche perchè sente di avere un vita troppo privilegiata rispetto ai suoi "meriti". Quello di Irene è un accorato percorso interiore che parte dal dolore disperato e si sublima in un misticismo laico in bilico tra catarsi e follia. Il tenente di Keitel è un bastardo emotivamente fragile che si getta a capofitto nel male quasi per stordirsi, per non sentire la voce della sua coscienza, per sfuggire alla sua pochezza. Il senso di colpa che lo attanaglia è evidente in diverse scene ma la sua debolezza prevale sempre e la catarsi finale sembra (come hai notato anche tu) frutto del caso. Quindi i due personaggi obbediscono a logiche differenti: quella di Rossellini è "a tesi" mentre quella di Ferrara è sottilmente ambigua.

                              Detto questo i film sono diversissimi perchè lo sono i registi, due stili agli antipodi. Il film di Rossellini è un dramma esistenziale teso ed asciutto, che rinuncia ad ogni velleità spettacolare per una messa in scena asettica e scarnificata, che mira all’essenza e porta alla massima esasperazione l’estetica neorealista. E' anche un'opera spartiacque nella filmografia di Rossellini, che segna il passaggio ad un cinema più rarefatto e intriso di suggestioni psicologiche che indagano, parallelamente, la realtà esteriore e la dimensione intima dei protagonisti. Da un regista non credente come Rossellini, questo film dal realismo severo, che scava nella coscienza umana, usando suggestioni metafisiche, appare come un estremo atto di coraggio, tra l’altro fortemente sentito perché l’autore ha provato un’esperienza simile a quella della protagonista: la scomparsa prematura di un figlio.

                              Quello di Ferrara è un noir metropolitano, ruvido, sporco e "cattivo" alla maniera del suo autore, "bad guy" per eccellenza del cinema americano moderno. E' un film volutamente forte, caricato ed esasperato, ricolmo delle ossessioni del regista: sesso e violenza, peccato e redenzione, colpa e innocenza, osceno e sublime, e poi ovviamente l'ambiguità della natura umana. E' un visionario nero d'autore sospeso tra Peckinpah e Scorsese, ma con tutta la forza espressiva selvaggia di Ferrara che qui, in mezzo a tanto accumulo di depravazione, sembra mettere (a modo suo) una "luce" in fondo al tunnel, di evidente sapore cristologico.

                              Insomma la tua interessante ricerca di un legame tra le due opere mi sembra un tantino ... forzata
                              Ultima modifica di David.Bowman; 10 marzo 19, 23:20.
                              "E' buffo come i colori del vero mondo diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo"


                              Votazione Registi: link

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                              • David.Bowman sono due film indubbiamente diversissimi, se non altro per il diverso contesto storico in cui sono stati prodotti. Il parallelo mi è venuto sicuramente perché ho visto entrambi i film di recente, a distanza di poco tempo. Il percorso dei due personaggi è simile, (come detto, entrambi vengono "cancellati" per le loro scelte etiche, entrambi fanno un percorso verso la carità partendo da una posizione antitetica) ma ci sono tante differenze ovviamente, come tu hai ben sottolineato. Al film di Rossellini critico un eccesso di didascalismo in alcuni passaggi (alcuni personaggi fanno dei discorsi troppo retorici e da "spiegone") ed un po' di prolissità in generale. Verso il film di Ferrara in fondo nutro le tue stesse perplessità, quelle che ti fanno pensare ad un 9-- e non a un 9 pieno. Alla fine su Letterboxd gli ho dato 4 stelline e mezzo (l'equivalente del 9) perché alla fine, volendo o meno, il personaggio di Keitel mi torna sempre in mente, sono anni che quando penso ad un certo tipo di antieroe lo materializzo nei miei pensieri.
                                https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

                                "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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