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      • FIRE SQUAD - INCUBO DI FUOCO

        La premessa di questo film è relativamente semplice, e si basa sul fatto che in America (non ho idea se ciò sia tipico di qualche altro paese) esiste un corpo di vigili del fuoco chiamato "Hot Shots", ovvero gli addetti allo spegnimento degli incendi boschivi, che in certe aree degli Stati Uniti raggiungono talvolta proporzioni pressoché catastrofiche.
        Quello del pompiere da “prima linea” è un lavoro complicato e rischiosissimo per il quale è necessario assumersi tante di quelle responsabilità da rendere difficile il reperimento di persone volonterose, competenti e coraggiose in grado di poterlo svolgere. Può quindi accadere che tra le fila di questi eroi, finiscano spesso anche figure che poco o nulla hanno da chiedere ad una vita serena e normale, dovendovi rinunciare quasi del tutto. Il film racconta le vicende di un gruppo di questi ragazzi, quasi tutti giovanissimi, che nel 2013 combatterono lo spaventoso incendio di Yarnell Hill, in Arizona.

        Ultimamente mi sto appassionando ai film che raccontano, pur romanzandole, storie di vita vera, eventi accaduti nel passato più o meno recente. Ricordo quindi con piacere film come Boston caccia all’uomo, Lone Survivor, Deepwater Horizon, Everest, fino ad arrivare a perle come Sully e perfino First Man, pellicole che sono state in grado di trasfigurare ed elevare il genere…
        Mi sento di dire, senza negare di aver notato qualche eccesso drammaturgico o l’utilizzo di certi cliché, che tutte le storie che ho citato sono state portate sullo schermo con competenza artigianale, passione, giustizia ed estrema cura. Non si sottrae da questo giudizio Fire Squad (Only the Brave in originale) che è un ottimo resoconto di quegli eventi e un sentito omaggio agli uomini che ne hanno preso parte mettendo in gioco la propria vita.

        Anche se potrebbe sembrare un po’ lento nel giungere agli eventi tragici che rappresentano il fulcro del racconto, praticamente l’ultima mezzora di film, in realtà ciò che ci viene raccontato è a mio parere tutto necessario e l’interesse per ciò che accade sullo schermo è direttamente connesso all’approccio molto sincero, quasi documentaristico e verosimile. Era necessario investire qualcosa nel tratteggio più accurato possibile dei protagonisti, al fine che il pubblico potesse rispondere emotivamente agli eventi e calarsi nello sforzo e nella fatica che questo lavoro comporta.
        Da Josh Brolin a Miles Teller, fino a Taylor Kitsch, Jennifer Connelly e Jeff Bridges gli attori sono tutti bravissimi nel tratteggiare i loro personaggi, soprattutto un eccelso Brolin, tanto che ad un certo punto ho pensato che sarebbe stato bello se il film fosse durato anche di più, per approfondire maggiormente le vite di questi autentici impavidi guerrieri tra le fiamme.

        Gli effetti speciali sono sublimi, praticamente invisibili, e anche la colonna sonora fa il suo, accompagnandoci verso un terzo atto intenso, riuscito e purtroppo crudele. Perfino la regia, che non disdegna qualche inquadratura meno banale del solito - a partire dalle ariose vedute sulle montagne a cui viene tolta qualunque aurea romantica per trasformare il paesaggio in una sorta di vero e proprio villain, parafrasando una frase del film - sembra essere particolarmente ispirata.

        Mi è piaciuto parecchio, e ne consiglio la visione su un impianto in grado di esaltare le immagini cariche e i suoni potenti, degni dei blockbuster più spettacolari.

        ps: se ci fossero stati i Bad Awards questo film avrebbe senz'altro ricevuto la mia candidatura per il miglior cast...
        Ultima modifica di Gryzor; 22 aprile 19, 21:50.

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        • Ho visto un film che non mi arrischio a definire "clamoroso" solo perché non credo di aver capito bene il finale. Ad ogni modo, è una di quelle visioni che a me personalmente fanno impazzire (laddove invece lo spettatore medio si ritrova solitamente contrariato o infastidito), per l'audacia (narrativa e stilistica), il rigore, il perseguimento di un'idea di cinema fuori da ogni convenzione. Il film è Winter Brothers (Vinterbrødre) dell'islandese Hlynur Pálmason (in concorso a Locarno 2017, dove ha vinto il premio per il Miglior Attore). Racconta di due fratelli minatori (?), uno dei quali un po' stravagante (se non addirittura scemo), che fabbrica artigianalmente per i colleghi un intruglio, un liquore, fatto con delle sostanze chimiche rubate nei laboratori della fabbrica/miniera. Tutto va bene, finché uno dei colleghi non finisce in ospedale intossicato (e sembra l'inizio di The Master...) e il fratello meno scemo non si scopa la ragazza di cui lui è innamorato. Si presagisce un finale alla Taxi Driver, che però non arriva (sto spoilerando troppo?). Il film, comunque, procede per indizi (che non sviluppa e non chiarisce), rompe la linearità narrativa con sogni, deliri e altre cose. La fotografia è bellissima, con una composizione assolutamente perfetta del quadro (altro che Pawlikowski). La macchina è fissa, ma pronta ad animarsi in lunghe carrellate laterali. I tempi sono lunghi (soprattutto nei momenti cruciali) e non mancano neanche i momenti morti (siamo quasi dalle parti del cinema contemplativo).
          Per me - il mio gusto, la mia sensibilità - una meraviglia.

          PS: il nuovo film di questo regista (la sua opera seconda) è stato annunciato ieri alla Semaine de la Critique. Speriamo FestivalScope lo prenda e lo renda disponibile in streaming in contemporanea col festival. Sono curiosissimo di vederlo.
          Ultima modifica di Fish_seeks_water; 24 aprile 19, 00:51.

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          • Vice di Adam McKay

            Molto bello. Se il precedente La grande scommessa era un documentario sotto mentite spoglie (di fiction), Vice è un film maggiormente "cinematografico", una commedia nera divertente ad agghiacciante. Per gusto personale, probabilmente preferisco il primo, più asciutto, più secco, più spietato, ma siamo lì. Vice è meno esaustivo nel dare informazioni e certi passaggi sono fin troppo semplici, ma è una scelta sensata sia per avvicinare lo spettatore medio (che ha modo, così, di affezionarsi a dei personaggi) sia per raccontare anche qualcosa di più del "semplice" governo Bush jr, diventando una descrizione tout court del mondo repubblicano statunitense.
            Tutti gli attori sono bravissimi, e Bale avrebbe meritato l'Oscar molto più di Malek. Non che sia una sorpresa.
            https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.

            "Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney

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            • Ho visto High Life... che dire, non ho mai amato il cinema di Claire Denis ma questo è proprio un film brutto. Scritto male (con dialoghi ultradidascalici e/o banali) e recitato in maniera svogliata praticamente da tutti (ma Juliette Binoche è la peggiore)... diverse sequenze stracult (su tutte, la scena della masturbazione nel box... totalmente trash), violenza eccessiva e gratuita (come nei peggiori film dei maschi), effetti visivi posticci (da fantascienza di serie b) e diversi errori, anche banali, di regia. Se non fosse che in America lo ha distribuito la prestigiosa A24 questo rischierebbe seriamente di fare il botto ai Razzie Awards. Hanno fatto benissimo Fremaux e Barbera a non volerlo né a Cannes né a Venezia. Voto 1.

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              • Originariamente inviato da Gidan 89 Visualizza il messaggio
                Vice di Adam McKay

                Molto bello. Se il precedente La grande scommessa era un documentario sotto mentite spoglie (di fiction), Vice è un film maggiormente "cinematografico", una commedia nera divertente ad agghiacciante. Per gusto personale, probabilmente preferisco il primo, più asciutto, più secco, più spietato, ma siamo lì. Vice è meno esaustivo nel dare informazioni e certi passaggi sono fin troppo semplici, ma è una scelta sensata sia per avvicinare lo spettatore medio (che ha modo, così, di affezionarsi a dei personaggi) sia per raccontare anche qualcosa di più del "semplice" governo Bush jr, diventando una descrizione tout court del mondo repubblicano statunitense.
                Tutti gli attori sono bravissimi, e Bale avrebbe meritato l'Oscar molto più di Malek. Non che sia una sorpresa.
                concordo praticamente su tutto, non male questo Adam McKay, riuscire ad essere ancora "originali", taglienti, beffardi, rimanendo comunque "popolari", in un film del genere non è da tutti. Chissà cosa ne pensa il caro vecchio Clint
                Ultima modifica di David.Bowman; 24 aprile 19, 08:31.
                "E' buffo come i colori del vero mondo diventano veramente veri soltanto quando uno li vede sullo schermo"


                Votazione Registi: link

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                • Originariamente inviato da Sebastian Wilder Visualizza il messaggio
                  Opera senza autore di Florian Henckel von Donnersmarck. Che dire di questo melodrammone tedesco di 3 ore e un quarto preso a pernacchie a Venezia, con attori in posa plastiche e illuminati come in Casablanca, echi di sentimentalismo hitchoockiani, genitori che personalmente praticano un aborto sulle figlie perchè "Mio nipote non avrà mai i geni di quell'individuo inferiore!" e scoprono "la teoria del tutto" sopra un ramo osservando i raggi del sole?. Che mi è piaciuto un casino e ne avrei visto tranquillamente un'altra ora.
                  Visto ieri, stracult totale.

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                  • Brevi opinioni su alcuni film visti ultimamente.

                    La nona porta di Roman Polanski

                    Ricontrollando anche il topic delle filmografie pare essere uno dei film meno apprezzati del regista polacco. Vorrà dire che d'ora in poi sarà un mio guilty pleasure. Capisco benissimo le ragioni per cui possa essere così bistrattato e il trash di alcuni momenti ha dato fastidio anche a me, ma sono molti di più i momenti positivi che mi hanno coinvolto.Mi è parso poi un film molto coerente con il Polanski delle origini, seppur non voglia certo paragonarlo a Rosemary's Baby.

                    Il buio si avvicina di Kathryn Bigelow

                    In anticipo sui tempi la futura regista vincitrice di Oscar ci regala un vampire-movie che pesca dagli scenari apocalittici degli anni '80 proiettandolo nel futuro con l'aspetto romantico. Un piccolo cult da riscoprire,

                    Cruising di William Friedkin

                    Ho sempre creduto fosse un film molto più scabrosoe scomodo. In realtà è un buon poliziesco che offre un'adeguata descrizione di un certo mondo la cui pecca è non sfruttare a dovere Al Pacino nel mostrare i conflitti e le sofferenze che dovrebbe provare un uomo in quella situazione.

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                    • La nona porta vorrei rivederlo, io l'ho visto più di dieci anni fa ormai e ho un ricordo di un film un po' insipido, specie nella seconda parte. Questo commento mi sprona ancor di più a dargli una seconda occasione.

                      Ho approfittato dell'anniversario della Liberazione, e della proposta televisiva di La7, per guardare per la prima volta Il federale di Luciano Salce. Sono rimasto piacevolmente sorpreso, non me l'aspettavo con un tono così comico (mi ha dato l'idea di essere sulla scia di quanto era stato fatto da Monicelli per La grande guerra , per quanto lì il finale sia di ben altro tono), con una verve quasi picaresca nel viaggio compiuto dai personaggi interpretati da Ugo Tognazzi (grande interpretazione) e Georges Wilson. Mi è piaciuta anche la presenza in sceneggiatura del personaggio interpretato da Gianrico Tedeschi, il quale mostra ahimè il trasformismo che molti fascisti avrebbero fatto di lì a poco. Da segnalare il piccolo ruolo di Stefania Sandrelli, molto azzeccato, e le musiche di Morricone - mi pare qui alla prima prova nel campo della composizione cinematografica - con un uso degli ottoni molto particolare.



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                      • Cruising ha subito tagli di 40 minuti purtroppo.

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                        • Originariamente inviato da Sensei Visualizza il messaggio
                          Cruising ha subito tagli di 40 minuti purtroppo.
                          James Franco ci ha girato un docufilm qualche anno fa in cui ha provato a ricostruire i 40 minuti tagliati del film (scene di sesso esplicito comprese)... io ce l'ho in lista da tempo, ma non sono riuscito ancora a vederlo (il titolo è Interior. Leather bar).

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                          • Recuperato La luce sugli oceani di Derek Cianfrance, del quale avevo apprezzato assai i due film precedenti.
                            Nell'intervista contenuta tra gli extra del dvd Cianfrance insiste per un quarto d'ora sul fatto che le riprese sono state immersive, un mese di presenza costante nella location aspra seppur suggestiva, gli attori che hanno avuto la possibilità di "vivere" i luoghi senza limitarsi a servirsene come sfondo alle proprie interpretazioni, riprese in tempo reale di 40 minuti senza spegnere la mdp con approcci multiformi all'azione, Fassbender che ha imparato a mungere le capre, a coltivare un orto e persino a rifarsi il letto (ma che razza di vita ha avuto fino a lì Fassbender?), e la Vikander che ha imparato a sorridere beata di fronte al sole che sorge.
                            Tutto questo è molto affascinante, roba che Herzog gli spiccia casa a Cianfrance, ma che senso ha mortificare tutta questa pretesa naturalezza sagomando il film con un montaggio convenzionale, innestandolo dentro una struttura schematica con svolta giusto a metà tanto che ti pare di sentire la voce di Mangoni che dice: Fine della prima parte [----] Inizio della seconda parte, ma soprattutto pompando ogni scena con la melassa (la cui pervasività ha effetto astringente) di un Desplat scatenato che, dato pure qua l'influsso malickiano, pare essersi voluto vendicare dell'inculata di The Tree of Life (da cui Cianfrance ripiglia il Funeral Canticle di Tavener, pare che certi registi non si rendano conto che ispirarsi al modus operandi di Malick e alle sue atmosfere è come sfiorare un pezzo di carbone, non ti resta che un velo di sporco sulle dita)??
                            Fassbender in certi momenti è esangue quanto Bub lo zombi, la Vikander fa tante smorfiette che sembra che la sua faccia sia posseduta dallo spirito di Linda Caridi, la Weisz sbaraglia tutti anche restando immobile ma il suo personaggio, portatore di un'ambiguità sulla carta intrigante, è scritto con una rigidezza che manda tutto in merda.
                            Peccato. Cianfrance resta comunque un regista da seguire con curiosità.

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                            • qualche visione in sala

                              Mug di Margorzata Szumowska
                              la parte iniziale del film dice praticamente tutto, e contiene le scene migliori, poi dopo l'incidente le idee vengono ulteriormente esplicitate anche se non si aggiunge molto, però il livello resta comunque buono
                              molto interessante la fotografia

                              La caduta dell'impero americano di Denys Arcand
                              a parte un paio di dissertazioni, tra cui la più lunga è quella in apertura, Arcand sceglie di raccontare le storture dei nostri tempi in forma di crime story
                              un'opera piuttosto sottotono, finisce che la cosa più notevole è l'attrice che interpreta Aspasia (comunque notevolissima a prescindere)

                              Sarah e Saleem di Muayad Alayan
                              la principale sorpresa della settimana, film spacciato nei trailer come storia di tormentate passioni interculturali, in realtà è un dramma quasi kafkiano dalla sceneggiatura ad orologeria, senza cali di ritmo, con un cast di attori mai visti almeno da noi ma perfetti dal primo all'ultimo, anche quelli dei personaggi minori

                              Torna a casa Jimi! di Marios Piperides
                              un'altra proposta interessante, un po' lento nel ritmo ma con il pregio di portare all'attenzione una delle più assurde divisioni dei nostri tempi, e di farlo con un tono leggero

                              Ancora un giorno di Raùl de la Fuente
                              argomento storico di notevole rilevanza, ma opera troppo celebrativa e secondo me poco riuscita




                              In qualche strana maniera noi svalutiamo le cose appena le pronunciamo. Crediamo di esserci immersi nel più profondo dell'abisso, e invece quando torniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle punte delle nostre dita pallide non somiglia più al mare donde veniamo. Crediamo di aver scoperto una caverna di meravigliosi tesori e quando risaliamo alla luce non abbiamo che pietre false e frammenti di vetro; e tuttavia nelle tenebre il tesoro seguita a brillare immutato. (Maeterlinck)

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                              • In avvicinamento a Cannes ho iniziato a recuperare i film degli autori di cui non ho visto nulla (che non sono poi molti: Justine Triet, Ira Sachs, Elia Suleiman). Il primo dei titoli recuperati è Victoria di Justine Triet (distribuito in Italia col titolo Tutti gli uomini di Victoria): una bella commedia, di solida scrittura (un "film di sceneggiatura" si sarebbe detto una volta), ma con una regia non così "invisibile", non così banale, come ci si potrebbe aspettare. La bonissima Virginie Efira è la protagonista assoluta del film, circondata da un cast di donne tutte in carriera ma anche uomini (c'è pure Melvil Poupaud). Non perdo tempo a raccontarvi la trama, dico solo che lei è un avvocato, al centro della storia c'è una causa grottesca (che coinvolge un suo amico) e forse a un certo punto nascerà anche una "romance" (che coinvolgerà qualcun'altro). Consiglio/caldeggio la visione e vado a cercarmi il precedente film della Triet (non distribuito in Italia): La Bataille de Solferino.

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