Rifkin’s Festival
Woody Allen ormai è come la Marvel, sai di avere un appuntamento annuale quasi fisso (nel caso della Marvel anche più di uno) dal quale sai cosa aspettarti: un buon film di intrattenimento e in fondo niente di indimenticabile. Anche stavolta non fa eccezione, la storia è la “solita” ma impreziosita da una serie di inserti in bianco e nero in cui il regista rielabora alcune scene dei film del passato in funzione della vita del protagonista. Per carità, niente per cui strapparsi i capelli ma comunque tutto molto divertente e testimone di un amore per il cinema del passato che dopo un inizio un po’ troppo garrulo trova una soluzione brillante per proseguirne il discorso. L’unica cosa che personalmente ho trovato quasi disturbante è la solita storia d’amore, seppur platonico, tra un ottantenne e una quarantenne ma non per le vicende private di Allen quanto per l’ingenuità con la quale si dia per scontato che una cosa del genere possa funzionare. Speravo che il regista, al pari di Verdone, avesse abbandonato determinate scelte narrative ma a quanto pare la tentazione è troppo forte. In ogni caso valeva la pena aspettare per vederlo al cinema anche solo per la fotografia di Storaro, ormai si vende da sola.
Woody Allen ormai è come la Marvel, sai di avere un appuntamento annuale quasi fisso (nel caso della Marvel anche più di uno) dal quale sai cosa aspettarti: un buon film di intrattenimento e in fondo niente di indimenticabile. Anche stavolta non fa eccezione, la storia è la “solita” ma impreziosita da una serie di inserti in bianco e nero in cui il regista rielabora alcune scene dei film del passato in funzione della vita del protagonista. Per carità, niente per cui strapparsi i capelli ma comunque tutto molto divertente e testimone di un amore per il cinema del passato che dopo un inizio un po’ troppo garrulo trova una soluzione brillante per proseguirne il discorso. L’unica cosa che personalmente ho trovato quasi disturbante è la solita storia d’amore, seppur platonico, tra un ottantenne e una quarantenne ma non per le vicende private di Allen quanto per l’ingenuità con la quale si dia per scontato che una cosa del genere possa funzionare. Speravo che il regista, al pari di Verdone, avesse abbandonato determinate scelte narrative ma a quanto pare la tentazione è troppo forte. In ogni caso valeva la pena aspettare per vederlo al cinema anche solo per la fotografia di Storaro, ormai si vende da sola.
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