Parte 2
Il protagonista, Rusty James, soffre del medesimo problema del suo modello di riferimento, il troppo esaltato James Dean di Gioventù Bruciata (1955), per il suo volersi porre in modo autoritario come icona generazionale di “default” (con indosso jeans, canotta bianca e fascetta nei capelli), senza però una forte costruzione umana alla base della sua ribellione senza causa, perchè Coppola, oltre che guardare formalmente alle avanguardie europee, avrebbe dovuto anche analizzare meglio i ritratti giovanili d’oltreoceano, ben più profondi e sfaccettati rispetto a quello di Rusty, poichè a differenza sua, trovavano la ragion d’essere della loro ribellione non solo in sè stessi, ma soprattutto verso le cause esterne del malessere; epigoni a cui ispirarsi potevano essere il Zbigniew Cybulski di Cenere e Diamanti (1958) con la sua fede nell’ideale, passando per la rabbia irriverente di Albert Finney in Sabato Sera-Domenica Mattina (1960) oppure la presa di coscienza anti-sistema del Tom Courtenay di Gioventù Amore e Rabbia (1963), finendo con le nevrosi anti-familiari di Lou Castel, ma anche restando in casa, l’ossessione competitiva auto-distruttiva del Paul Newman dello Spaccone (1961), sarebbe stato un punto di riferimento da seguire decisamente migliore, rispetto alla ribellione intrisa di un esistenzialismo metafisico banale della pellicola di Nicholas Ray, a cui Coppola si ispira nel costruire il suo Rusty James; però la relativa debolezza di scrittura, viene fortunatamente sopperita dall’ottima tecnica registica del cineasta, dove talvolta riesce a creare sequenze pregne di umanità, con una forte carica di originalità visiva quanto intrise di poesia cinematografica, come la dissociazione tra mente-corpo di Rusty, quando viene tramortito in un tentativo di rapina.
La sostanza ritrova maggior forza, quando il regista riprende in mano il proprio cinema, puntando ad una riflessione sul tempo trascorso, tramite nuvole riprese con la tecnica del time-lapse, le numerose inquadrature degli orologi (compresa quella di un enorme quadrante senza lancette) e l’uso di una colonna sonora a percussioni del batterista Stewart Copeland, per creare l’idea di un tempo in via di esaurimento, accentuando così la percezione di un presente mediocre, vissuto da parte di Rusty nel grigiore più totale, immerso tra il fallimento di un padre alcolizzato (Dennis Hooper) e l’assenza di una madre fuggita in California anni addietro, trovando un senso di compiutezza solo nelle continue risse, anelando ai bei tempi passati dell’epoca d’oro delle bande, un passato mitizzato dal ragazzo, mai esistito in realtà, dove però la figura di spicco era il fratello Motorcycle boy (Mickey Rourke), del quale vorrebbe emularne le gesta. Coppola da varie interviste ha dichiarato di aver girato il film, a causa della forte identificazione personale con il tema del rapporto tra fratelli, dove il minore vede in quello maggiore un vero e proprio mito da eguagliare, non a caso il film nei titoli di coda, contiene la dedica al fratello del regista August.
Il legame tra Rusty James e Motorcycle boy (non ha nome), nella trasposizione filmica, guadagna in profondità ed approfondimento, dove quest’ultimo appena tornato in città dopo essere scomparso per oltre due mesi, si avvale del carisma da bello e dannato del proprio interprete Mickey Rourke (quando aveva ancora un viso non devastato dalla chirurgia estetica), un anti-eroe byroniano dai tratti angelici, che sovrasta di netto il collega Matt Dillon, tramite una recitazione totalmente alienata quanto straniata rispetto al contesto in cui si aggira, dove i discorsi degli altri personaggi gli rimbombano nella mente distrattamente, mentre proietta il suo sguardo sempre altrove, in un’eterna insoddisfazione esistenziale, volendosi allontanare dallo squallore delle strade notturne, continuamente ingrandite dagli obiettivi grandangolari, accentuando la sensazione di vuoto.
In molti giudicano Motorcycle boy un pazzo, i suoi discorsi, per tanti personaggi sono intrisi di un intellettualismo contorto, incomprensibili per degli esseri primitivi dediti solamente a delle “gloriose battaglie per il regno”, ma secondo una descrizione fattane dal padre, è un ragazzo che vive in un’era sbagliata (una definizione calzante per Coppola dagli anni 80’ in poi), questo al contempo ne fa una persona dalla spiccata percezione analitica, un filosofo di antropologia sociale, soprattutto nell’iconica sequenza in cui fissa i “rumble fish combattenti siamesi”, unici elementi colorati del film, metafora della pulsante vitalità di un giovane come Rusty; ma imprigionati come lui in un luogo ristretto che finisce solamente con l’accentuare la loro indole aggressiva, che verrebbe invece attenuata in uno spazio più aperto come il fiume, se non addirittura l’oceano, ponendosi così al di fuori delle restrizioni sociali imposte da una società soffocante, limitata e repressiva, come il poliziotto che segue ossessivamente Motorcycle boy, in cerca di un’occasione per toglierlo dalla circolazione. Massacrato ignobilmente dalla critica americana alla sua uscita, nonché flop devastante ai botteghini (2 milioni di incasso su un budget di 10), fece rimpiombare Coppola nei guai finanziari, pregiudicandone il prosieguo di carriera, seppur le recensioni europee furono invece molto favorevoli, comprese quelle di un nutrito gruppo di critici nostrani tra cui Kezich, Moravia, Grazzini, Craspi e Vito Zagarrio sul castoro dedicato al regista; un film senz’altro da riscoprire, potendo approfittare di un’eccellente edizione in Blu Ray, con vari contenuti speciali, giunta nel nostro paese.
Il protagonista, Rusty James, soffre del medesimo problema del suo modello di riferimento, il troppo esaltato James Dean di Gioventù Bruciata (1955), per il suo volersi porre in modo autoritario come icona generazionale di “default” (con indosso jeans, canotta bianca e fascetta nei capelli), senza però una forte costruzione umana alla base della sua ribellione senza causa, perchè Coppola, oltre che guardare formalmente alle avanguardie europee, avrebbe dovuto anche analizzare meglio i ritratti giovanili d’oltreoceano, ben più profondi e sfaccettati rispetto a quello di Rusty, poichè a differenza sua, trovavano la ragion d’essere della loro ribellione non solo in sè stessi, ma soprattutto verso le cause esterne del malessere; epigoni a cui ispirarsi potevano essere il Zbigniew Cybulski di Cenere e Diamanti (1958) con la sua fede nell’ideale, passando per la rabbia irriverente di Albert Finney in Sabato Sera-Domenica Mattina (1960) oppure la presa di coscienza anti-sistema del Tom Courtenay di Gioventù Amore e Rabbia (1963), finendo con le nevrosi anti-familiari di Lou Castel, ma anche restando in casa, l’ossessione competitiva auto-distruttiva del Paul Newman dello Spaccone (1961), sarebbe stato un punto di riferimento da seguire decisamente migliore, rispetto alla ribellione intrisa di un esistenzialismo metafisico banale della pellicola di Nicholas Ray, a cui Coppola si ispira nel costruire il suo Rusty James; però la relativa debolezza di scrittura, viene fortunatamente sopperita dall’ottima tecnica registica del cineasta, dove talvolta riesce a creare sequenze pregne di umanità, con una forte carica di originalità visiva quanto intrise di poesia cinematografica, come la dissociazione tra mente-corpo di Rusty, quando viene tramortito in un tentativo di rapina.
La sostanza ritrova maggior forza, quando il regista riprende in mano il proprio cinema, puntando ad una riflessione sul tempo trascorso, tramite nuvole riprese con la tecnica del time-lapse, le numerose inquadrature degli orologi (compresa quella di un enorme quadrante senza lancette) e l’uso di una colonna sonora a percussioni del batterista Stewart Copeland, per creare l’idea di un tempo in via di esaurimento, accentuando così la percezione di un presente mediocre, vissuto da parte di Rusty nel grigiore più totale, immerso tra il fallimento di un padre alcolizzato (Dennis Hooper) e l’assenza di una madre fuggita in California anni addietro, trovando un senso di compiutezza solo nelle continue risse, anelando ai bei tempi passati dell’epoca d’oro delle bande, un passato mitizzato dal ragazzo, mai esistito in realtà, dove però la figura di spicco era il fratello Motorcycle boy (Mickey Rourke), del quale vorrebbe emularne le gesta. Coppola da varie interviste ha dichiarato di aver girato il film, a causa della forte identificazione personale con il tema del rapporto tra fratelli, dove il minore vede in quello maggiore un vero e proprio mito da eguagliare, non a caso il film nei titoli di coda, contiene la dedica al fratello del regista August.
Il legame tra Rusty James e Motorcycle boy (non ha nome), nella trasposizione filmica, guadagna in profondità ed approfondimento, dove quest’ultimo appena tornato in città dopo essere scomparso per oltre due mesi, si avvale del carisma da bello e dannato del proprio interprete Mickey Rourke (quando aveva ancora un viso non devastato dalla chirurgia estetica), un anti-eroe byroniano dai tratti angelici, che sovrasta di netto il collega Matt Dillon, tramite una recitazione totalmente alienata quanto straniata rispetto al contesto in cui si aggira, dove i discorsi degli altri personaggi gli rimbombano nella mente distrattamente, mentre proietta il suo sguardo sempre altrove, in un’eterna insoddisfazione esistenziale, volendosi allontanare dallo squallore delle strade notturne, continuamente ingrandite dagli obiettivi grandangolari, accentuando la sensazione di vuoto.
In molti giudicano Motorcycle boy un pazzo, i suoi discorsi, per tanti personaggi sono intrisi di un intellettualismo contorto, incomprensibili per degli esseri primitivi dediti solamente a delle “gloriose battaglie per il regno”, ma secondo una descrizione fattane dal padre, è un ragazzo che vive in un’era sbagliata (una definizione calzante per Coppola dagli anni 80’ in poi), questo al contempo ne fa una persona dalla spiccata percezione analitica, un filosofo di antropologia sociale, soprattutto nell’iconica sequenza in cui fissa i “rumble fish combattenti siamesi”, unici elementi colorati del film, metafora della pulsante vitalità di un giovane come Rusty; ma imprigionati come lui in un luogo ristretto che finisce solamente con l’accentuare la loro indole aggressiva, che verrebbe invece attenuata in uno spazio più aperto come il fiume, se non addirittura l’oceano, ponendosi così al di fuori delle restrizioni sociali imposte da una società soffocante, limitata e repressiva, come il poliziotto che segue ossessivamente Motorcycle boy, in cerca di un’occasione per toglierlo dalla circolazione. Massacrato ignobilmente dalla critica americana alla sua uscita, nonché flop devastante ai botteghini (2 milioni di incasso su un budget di 10), fece rimpiombare Coppola nei guai finanziari, pregiudicandone il prosieguo di carriera, seppur le recensioni europee furono invece molto favorevoli, comprese quelle di un nutrito gruppo di critici nostrani tra cui Kezich, Moravia, Grazzini, Craspi e Vito Zagarrio sul castoro dedicato al regista; un film senz’altro da riscoprire, potendo approfittare di un’eccellente edizione in Blu Ray, con vari contenuti speciali, giunta nel nostro paese.
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