Come qualsiasi cosa ci capita nella vita, bella o brutta 


































































































































Allora dopo maratona scacchistica - ubi chess, anche Neo se ne può restare al cesso - l'ho finalmente rivisto tutto, e direi che sono alquanto soddisfatto. Il film ha il suo perché anche se un suo perché non avrebbe dovuto averlo

Si è straparlato di film brutto o volutamente brutto (merda d'autore): secondo me non è brutto, tutt'altro; al massimo direi che è un film incompleto, frettolosamente tirato via e concluso, come un abito d'alta sartoria alla fine cucito in modo casual, e questo forse può essere dipeso dalle contingenze della produzione ma potrebbe anche essere stato voluto o semplicemente artisticamente accettato (come diceva Pirandello, che di appendici ne faceva, dopotutto ogni cosa porta "la pena della sua forma, la pena d'esser così e di non poter essere più altrimenti”), anche perché volendo è proprio un film che dell'umana completezza e incompletezza ci parla.
In chiave meta, l'incompletezza denunciata poi è anche quella dello spettatore a cui mancano le basi intellettuali per andar dietro agli autori, e che tramite questo 'modal' potrebbe essere 'psicologicamente' aiutato a raggiungerla (il cibo solido non lo riesci a masticare? Ripartiamo dal 'simul latte'!

Venendo quindi alla sostanza, che in matrix è quella che conta nonostante i coprofagi cerchino altro, nel film sembra che Lana si sia voluta togliere una vagonata di sassolini dalle scarpe, e non mi riferisco solo alla prima parte 'fellinian-alleniana' del film: al livello che penso + la interessava, quello filosofico più ambizioso della saga, con questo quarto film Lana di fatto si è tolta un macigno, direi a partire già dal titolo e fino, in cauda venenum, all'ultima scena compresa, anche qui restando coerente con i precedenti capitoli (che nella loro ambivalenza nulla escludevano ma neanche nulla facevano proprio, lasciando libero campo interpretativo agli spettatori) e cercando, magari a un livello + basic, magari provocatoriamente, di farsi onestamente comprendere per quella che è la sua visione, per quello che è il suo (trans)umano credo matrixiano. Perché alla fine matrix quello è: un credo personale che non vuole comunque venire ridotto a credo religioso, e che anzi della religione, a partire dal domandarsi chi è Dio (più che 'what is the Matrix?') e, al culmine, rendergli grazie, farebbe ambiziosamente anche a meno.
Musiche basic anche quelle, ma devo dire che nel suo piccolo quel leitmotiv ricorrente (anche troppo), di una tristezza inconsolabile (che stridendo completa una love story con il suo 'lieto fine' comunque spacciatoci in superficie), mi è rimasto in testa. Sìsì, anche più del Merovingio

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