Se Jenny sbaglia anche il film di McKay è finita.
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Oscar 2021: Pronostici e News
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Originariamente inviato da mr.fred Visualizza il messaggioSe Jenny sbaglia anche il film di McKay è finita.
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Originariamente inviato da mr.fred Visualizza il messaggioÈ evidente che non abbiamo le stesse fantasie sessuali.
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Originariamente inviato da mr.fred Visualizza il messaggioSe Jenny sbaglia anche il film di McKay è finita.
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Originariamente inviato da Alb Visualizza il messaggio
Magari si riprende con il film di Sorrentino
D' altronde il soggetto di Don't Look Up non mi ispira di più (concept più adatto a un episodio di venti minuti dei Simpson o di South Park che a un film di due ore che coinvolge mezza Hollywood).
C' è da toccare ferro altroché.
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Carino One Night in Miami. L' aria da sussidiario illustrato c' è tutta ma è mitigata dalla mano sensibile della neo regista (che si vede essere femminile, brava Regina King) e da un quartetto di interpreti perfetti (Chadwick Boseman chi?!?). Cinema? Televisione? Boh nel dubbio 1) non lo ritengo un film da Oscar e se dovesse vincere non sarebbe per meriti artistici 2) rispetto al terribile fratello Ma Rainey's Black Bottom sembra un capolavoro.
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Premesso che a me fregacaxxi dell'Oscar, One night in Miami è il film perfetto per vincere quel tipo di premio secondo me, e sarebbe assolutamente meritato, perché possiede la migliore virtù del cinema popolare americano, ossia la capacità di veicolare concetti complessi in maniera semplice (e non banalizzare invece, al contrario di molto cinema odierno), riuscendo unire ottima qualità artistica con un tipo di messaggio "etico" che è da sempre parte della storia di questo premio.
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Originariamente inviato da - Rasputin - Visualizza il messaggio
ma c'è di caprio, anche se pure lui prima o poi dovrà sbagliare un film ma essendo netflix non c'è rischio flop al box office
https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.
"Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney
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Nomadland
Il viaggio nell'America depressa di una donna estirpata dalla propria dimora, costretta a dimenticare le proprie radici e lasciarsi alle spalle la propria vita e affetti. Le cause sono rintracciabili su un piano personale nel dolore di un grave lutto, su un piano contestuale nella crisi finanziaria del 2008 e in un paese permeato sul consumismo che fagocita persone a fin di lucro attraverso multinazionali big tech. Fern diventa quindi una senzatetto, non esattamente una senzatetto, ha una casa mobile, un furgone, diventa una nomade, entra in una comunità di nomadi, a lei piace definirsi una neo pioniera, un anima in continuo movimento, in costante scoperta. La vediamo svolgere i lavori più umili, lustrare pietre, raccogliere barbabietole, vestirsi di stracci, cagare dentro un secchio, ma nonostante certe brutture Fern mantiene sempre una grandissima dignità. In una società ripiegata sul denaro, schiava del denaro, è difficile pensare ad uno stile di vita del genere, ad una comunità di diseredati che torna economicamente al baratto, è difficile immedesimarsi in una persona che lavora per il semplice gusto di lavorare, trovando un senso alla propria vita nel semplice sentirsi utile a prescindere da un tornaconto monetario, per puro senso identitario di appartenenza sociale .
Quello di Fern è un percorso alla conquista della libertà, perdendosi per poi ritrovarsi, attraverso la ripacificazione con la natura, ma innegabilmente anche con se stessa, certi dolori non possono essere taciuti e certe persone fisicamente non più esistenti si ritrovano prima o poi strada facendo. Perchè la vita è un continuum, è un cerchio (il film fa molto simbolismo su questa forma geometrica: l'anello, Giove, un guscio d'uovo, il piatto etc.) e ciò che si lascia indietro prima o poi si rincontra.
Il film della Zhao tocca tanti temi, alcuni li accarezza e li lascia sullo sfondo altri li penetra in maniera più profonda. È cinema indipendente puro (?), anche sociale (per quanto prediliga il lato umanistico all'impegno civile), è cinema-verità che si mescola col documentario, sono certo che tutti gli interpreti visti sono per lo più nomadi e vagabondi autentici raccolti per strada, così come in The Rider c'erano dei veri cowboy da rodeo invalidi. Nonostante questopersonalmente non ritengo che Nomadlamd abbia più potenza di tanto altro cinema indipendente già visto in passato e di recente produzione (un nome a caso: Debra Granik), non si scardina dalla narrazione classica, non offre uno sguardo inedito; così come non è più capace di altri nel rendere intelligibile il proprio nucleo tematico attraverso il linguaggio audiovisivo; così come non è più capace di altri quando tenta di fare della poetica (e non della politica) sulle esistenze di minoranze/emarginati. La tessitura dell'opera, per come è stata strutturata non risulta più di tanto stimolante, ma anzi è piuttosto piatta e ridondante: ad ogni momento narrativo, ad ogni scena di dialogo conclusa, corrisponde una rapida successione di momenti naturalistici dagli echi malickiani (Fern che fa il bagno nuda in un torrente, Fern che vaga nei boschi al cospetto di alberi giganti, i cieli infuocati dai tramonti). Il montaggio a cura della stessa Zhao lavora sempre alla stessa maniera, dall'inizio alla fine, al termine di ogni dialogo che porta avanti le fila del racconto sai che seguirà quella alternanza di immagini, sempre con quelle note di pianoforte a fare da accompagnamento. Anche qui, la colonna sonora è a opera di un certo Ludovico Einaudi, non il primo dei novellini, e io sono pure di parte perché sono un suo grande fan, ma mi ritrovo a bocciare l'idea di accostare le sue composizioni al film. La musica è troppo incalzante, troppo emotivamente densa, e quando parte, la sensazione è che strida esageratamente con le sequenze che vorrebbe accompagnare, dando un effetto di patinatura alle immagini, le quali avrebbero giovato enormemente di lunghi silenzi piuttosto. Come se l'eloquente dialettica dei vasti spazi naturali non bastasse a riempire occhi, viscere e cervello. Queste soluzioni autoriali in fase esecutiva smorzano l'effetto realistico del cinema-verità che la regista si propone di mettere su pellicola, lasciando Nomadland avvolto in un velo di finzione che lo depotenzia e ne limita fortemente l'integrità concettuale.
A non uscirne limitata è la recitazione di Frances McDormand, sempre dignitosissima, capace di restituire tutta la credibilità e dignità che il personaggio merita ad ogni inquadratura, attrice strepitosa, la migliore sulla piazza, una fuoriclasse a cui darei tranquillamente un Oscar ad ogni personaggio portato sullo schermo. Ma non al film.
Voto: 7Ultima modifica di MrCarrey; 21 January 21, 02:28.
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Originariamente inviato da Noodles Visualizza il messaggioIl grande Gatsby.https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.
"Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney
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Originariamente inviato da MrCarrey Visualizza il messaggioNomadland
Il viaggio nell'America depressa di una donna estirpata dalla propria dimora, costretta a dimenticare le proprie radici e lasciarsi alle spalle la propria vita e affetti. Le cause sono rintracciabili su un piano personale nel dolore di un grave lutto, su un piano contestuale nella crisi finanziaria del 2008 e in un paese permeato sul consumismo che fagocita persone a fin di lucro attraverso multinazionali big tech. Fern diventa quindi una senzatetto, non esattamente una senzatetto, ha una casa mobile, un furgone, diventa una nomade, entra in una comunità di nomadi, a lei piace definirsi una neo pioniera, un anima in continuo movimento, in costante scoperta. La vediamo svolgere i lavori più umili, lustrare pietre, raccogliere barbabietole, vestirsi di stracci, cagare dentro un secchio, ma nonostante certe brutture Fern mantiene sempre una grandissima dignità. In una società ripiegata sul denaro, schiava del denaro, è difficile pensare ad uno stile di vita del genere, ad una comunità di diseredati che torna economicamente al baratto, è difficile immedesimarsi in una persona che lavora per il semplice gusto di lavorare, trovando un senso alla propria vita nel semplice sentirsi utile a prescindere da un tornaconto monetario, per puro senso identitario di appartenenza sociale .
Quello di Fern è un percorso alla conquista della libertà, perdendosi per poi ritrovarsi, attraverso la ripacificazione con la natura, ma innegabilmente anche con se stessa, certi dolori non possono essere taciuti e certe persone fisicamente non più esistenti si ritrovano prima o poi strada facendo. Perchè la vita è un continuum, è un cerchio (il film fa molto simbolismo su questa forma geometrica: l'anello, Giove, un guscio d'uovo, il piatto etc.) e ciò che si lascia indietro prima o poi si rincontra.
Il film della Zhao tocca tanti temi, alcuni li accarezza e li lascia sullo sfondo altri li penetra in maniera più profonda. È cinema indipendente puro, anche sociale (per quanto prediliga il lato umanistico all'impegno civile), è cinema-verità che si mescola col documentario, sono certo che tutti gli interpreti visti sono per lo più nomadi e vagabondi autentici raccolti per strada, così come in The Rider c'erano dei veri cowboy da rodeo invalidi. Nonostante questopersonalmente non ritengo che Nomadlamd abbia più potenza di tanto altro cinema indipendente già visto in passato e di recente produzione (un nome a caso: Debra Granik), non offre uno sguardo inedito, così come non è più capace di altri nel rendere intelligibili i propri messaggi, il proprio nucleo tematico, attraverso il linguaggio audiovisivo, così come non è più capace di altri quando tenta di fare della poetica (e non della politica) sulle minoranze/emarginati.
La tessitura dell'opera, per come è stata strutturata non risulta più di tanto stimolante, ma anzi è piuttosto piatta e ridondante: ad ogni momento narrativo, ad ogni scena di dialogo conclusa, corrisponde una rapida successione di momenti naturalistici dagli echi malickiani (Fern che fa il bagno nuda in un torrente, Fern che vaga nei boschi al cospetto di alberi giganti, il cieli infuocati dai tramonti). Il montaggio a cura della stessa Zhao lavora sempre alla stessa maniera, dall'inizio alla fine, al termine di ogni dialogo che porta avanti le fila del racconto sai che seguirà quella alternanza di immagini, sempre con quelle note di pianoforte a fare da accompagnamento. Anche qui, la colonna sonora è a opera di un certo Ludovico Einaudi, non il primo dei novellini e io sono pure di parte perché sono un suo grande fan, ma mi ritrovo a bocciare l'idea di accostare le sue composizioni musicali a questo film, la musica è troppo incalzante, troppo emotivamente densa, e quando parte la sensazione è che strida esageratamente con le sequenze che vorrebbe accompagnare, dando un effetto di patinatura alle immagine, le quali avrebbero giovato enormemente di lunghi silenzi piuttosto. Come se l'eloquente dialettica dei vasti spazi naturali non bastasse a riempire occhio, viscere e cervello.
Queste soluzioni autoriali in fase esecutiva smorzano l'effetto realistico del cinema verità che si propongono di inscenare, lasciandolo avvolto in un velo di finzione che depotenzia e ne limita fortemente l'integrità concettuale.
A non uscirne limitata è la recitazione di Frances McDormand, sempre dignitosissima, capace di restituire tutta la credibilità e dignità che il personaggio merita ad ogni inquadratura, attrice strepitosa, la migliore sulla piazza, una fuoriclasse a cui darei tranquillamente un Oscar ad ogni personaggio portato sullo schermo. Ma non al film.
Voto: 7https://www.amazon.it/dp/B08P3JTVJC/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=mau rizio+nichetti+libri&qid=1606644608&sr=8-1 Il mio saggio sul cinema di Maurizio Nichetti.
"Un Cinema che non pretende, semplicemente è" cit. Roy.E.Disney
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