Originariamente inviato da Sir Dan Fortesque
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Poi ogni parte è a sua volta suddivisa in "canti". Ma l'intera opera può essere vista (ed è generalmente vista in questo modo, specialmente dopo il restauro avvenuto negli anni '80) come un corpo unico, di cui tutte le parti obbediscono al medesimo intento: celebrare i miti ancestrali germanici, ispirandosi al Nibelungenlied, capolavoro archetipo della letteratura tedesca. Lang ne riesce a rendere (ed esaltare) lo spirito epico trasformandolo in immagini straordinarie e creando un universo immaginifico di eroi, draghi, guerrieri, incantesimi, intrighi e tradimenti, dominato da un cupo fatalismo e da una mistica della morte, elementi che trovano profonde risonanze nell’anima del popolo germanico. Sospeso tra avventura fantastica ed aura leggendaria, l'opera celebra le radici mitologiche della sua nazione e colpisce per la potenza delle immagini e per lo splendore scenografico (in particolare per l’accuratezza architettonica degli edifici, retaggio degli studi effettuati da Lang all’università e dell’eredità culturale paterna). Il fatto che il Terzo Reich cavalcò lo splendore iconografico del film, specialmente della prima parte più eroica, per i propri scopi di propaganda e di idolatria fanatica della "razza ariana", fece sì che questo capolavoro ebbe scarse fortune presso i critici, che vennero allontanati dalla sua involontaria "politicizzazione" nazionalistica operata "abusivamente" dal regime hitleriano. Come ci ha mostrato il buon Tarantino i nazisti avevano una sezione apposita dedicata alla propaganda che dava molta importanza al cinema come diffusore ed amplificatore della loro ideologia tronfia ed intrinsecamente violenta. Tutto questo avvenne contro le stesse intenzioni dell’autore, ma non di sua moglie, la famosa sceneggiatrice Thea Von Harbou, sua collaboratrice in tutto il periodo tedesco, che aderì all’ideologia nazista, ponendosi in contrasto col marito. Durante il regime, con Lang ormai in esilio, venne distribuita solo la 1° parte enfatizzata dalle musiche di Gottfried Huppertz. Dopo la fine della guerra e la caduta del Terzo Reich, il film circolò solo in circuiti d'essai e con la sola 2° parte. Solo dopo circa 30 anni, in seguito al restauro dell'opera che permise di ottenere una versione molto vicina all'originale, ne fu riconosciuta la grandezza e lo status di capolavoro, a prescindere dalle controverse interpretazioni "politiche" che alcuni vi hanno voluto attribuire. E', senza alcun dubbio, un monumento visuale dedicato all'estro figurativo del regista (memorabile la sequenza del sogno degli avvoltoi), in cui il ritmo compassato e solenne serve a focalizzare l'attenzione sul groviglio di istinti e pulsioni che ardono sotto la cenere, pronti a manifestarsi una volta giunta l'ora. E' anche una grande ode epico romantica all'assoluto fatalismo del destino ed al suo potere incontrovertibile sulle azioni umane, uno dei temi prediletti dell'autore, che ha attraversato tutta la sua filmografia.
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