annuncio
Comprimi
Ancora nessun annuncio.
Her (Spike Jonze)
Comprimi
X
-
vorrei riflettere”. La causa del litigio era dettato da uno dei personaggi che, conscio del bisogno di dover provare ogni tanto del dolore, delle sensazioni spiacevoli, per potersi rendere conto di cosa non andasse nelle loro vite, decideva volontariamente di staccarsi dalla macchina o, addirittura, di forzare uno stato d’animo depressivo, pur di poter ragionare sulla realtà. Questa incapacità di attendere l’altro, rende tutti i personaggi più soli, più autoritari, più impossibilitati ad indagare nei propri stati d’animo ed a comunicarli ad altri ( Come sostiene Galimberti, filosofo contemporaneo, a proposito della desolante tendenza che stiamo provando tutti a depauperare in continuazione il nostro vocabolario). Non a caso, il nostro eroe, che mostra una sensibilità maggiore rispetto ai suoi contemporanei, è pagato per scrivere lettere d’amore o biglietti legati ad altre ricorrenze. Le persone, incapaci di esprimere ciò che sentono, hanno sempre più il bisogno di adattarsi alle parole di un altro. A parte il lavoro, che ama, il protagonista non frequenta quasi nessuno, se non una migliore amica (una Amy Adams splendida nella sua imperfezione, che non esita a mostrarsi spettinata, più sciatta e più bassa rispetto agli standard a cui ci ha abituato in altre pellicole) con cui, viene chiarito da subito, non ci sarà una storia d’amore dato che già in passato la cosa non ha funzionato. Ed è un peccato perché da subito i due mostrano una grande alchimia, forse perché accomunati dalla stessa solitudine, dalle stesse tendenze artistiche (lui, scrittore che però si è ridotto a realizzare lettere, e lei, programmatrice con ambizioni da videomaker), e sono entrambi in relazione con dei personaggi autoritari, pronti a criticare tutto e a manipolare tutto, anche i progetti più personali, con la scusa di offrire il loro aiuto. In seminario in cui il terapeuta Massimo Recalcati spiega Lacan, questi sosteneva la strana tendenza dei soggetti nevrotici (ossessionati da profonde insicurezze e da carenze affettive, che commutano in particolari abitudini e manie schematiche di perfezione) ad innamorarsi di soggetti isterici (che per ragioni di insicurezza ed instabilità affettiva simile, si riducono a creare nel partner un senso di inadeguatezza in modo da poter essere poi loro a colmare quel vuoto, ma che, altresì, sono condannati all’eterna ricerca dato che appena raggiungono un traguardo ne risultano immediatamente insoddisfatti e, sminuendolo, partono subito alla ricerca di un nuovo obbiettivo). L’ex moglie del protagonista, ora divorziato, era infatti molto simile all’attuale fidanzato della sua migliore amica, visti che la mania del controllo accomunava entrambi. Nella prima scena in cui compare, quando dovrebbe comunque mostrare le effusioni che la coppia si scambiava durante il matrimonio, lei chiede al protagonista: “vieni a coccolarmi”. Quindi anche nei momenti di affetti comunica il suo bisogno sotto forma di un ordine, mettendo se stessa al centro della richiesta e senza interrogarsi sulle esigenze dell’altro (avrebbe potuto dire al partner “lasciati coccolare, ad esempio”). Questa scena mi ha riportato in mente una considerazione che avevo letto sul Frankenstein di Kenneth Brannagh. Quando Victor Frankenstein resuscita la sua amata Elizabeth, per verificare se il trapianto di testa abbia attecchito egli le ordina: “Pronuncia il mio nome”. Non le chiede quindi di pronunciare il suo, “Elizabeth”, cosa che sarebbe più logica dato che doveva constatare se il soggetto risorto avesse mantenuto la sua identità ma, al contrario, un soggetto narcisista ed isterico come Frankenstein pone se stesso al centro del rapporto, anche in questi piccoli dettagli di dialogo. Ma sto divagando. Per dirla citando Fromm, questo ripo di relazioni vengono mantenute su una forma piuttosto immatura, del tipo: “Ti amo perché ho bisogno di te”. Reduce da un divorzio, dicevo, il nostro eroe (che iconicamente ricorda non poco il personaggio di Ned Flanders dei Simpson, quasi come se il regista volesse accentuarne la bontà), prova ad interagire con altre donne ma, agli appuntamenti, essendo le sue serate vuote e basate solo sul giocare ai videogame, non riesce a fare di meglio che parlare di un livello che non riesce a superare. Del resto, noi oramai, quando siamo in compagnia delle nostre amicizie, non ci ritroviamo a confrontarci su quali serie tv stiamo seguendo nella solitudine dei nostri appartamenti? Ed è curioso notare come, nel dialogo che i due soggetti portano avanti a questo primo appuntamento. Tutti sono infatti troppo concentrati su loro stessi per poter ascoltare poi l’altro, e forse questo ossessivo bisogno di parlare di se stessi scaturisce loro proprio dall’essere costretti a vivere in una società in cui nessuno ascolta più, per cui , costretti a frequentare persone che parlano solo di sé stesse, i protagonisti si ritrovano a loro volta ad essere costantemente forzati a parlare esclusivamente di loro stessi, pur di potersi esprimere. Lo stesso videgioco a cui si dedica il protagonista, del resto, sembra rispecchiare questa tendenza: un alieno sboccato che, a suon di parolacce e discorsi infantili chiede al protagonista di aiutarlo a superare un livello. Sembra quasi che quell’alieno tozzo, sboccato, infantile, sia un po' il bambino che è in tutti noi, quello con cui giochiamo ma che è troppo immaturo per farci capire esattamente di cosa abbiamo bisogno. “So che se riuscissi a capire cosa mi sta dicendo l’alieno, potrei passare al livello successivo”, dice il protagonista a cena, e forse sta parlando della sua stessa vita. Tuttavia la cosa sembra andare in porto ma, quando viene pressato dalle richieste della donna appena incontrata, prova a togliersi la maschera e a mostrarsi per quello che è: un uomo spaventato pieno di incertezze per il futuro. La donna, che come lui è disabituata ad aspettare (come appunto detto prima) o ad ascoltare l’altro, si allontana indignata accusandolo di essere un superficiale. La donna, Olivia Wilde, attacca l’altro per la sua onestà, non le interessa ascoltarlo. Il buon protagonista, da bravo nevrotico, finisce ancora una volta per incolpare se stesso (altra caratteristica che lo accomuna alla sua migliore amica) e arriva a chiedersi se non sia lui la caus a di tutti i suoi mali. Nel frattempo abbiamo osservato. A fine film, quando vedremmo l’evoluzione anche della storia del protagonista con un Sistema Operativo, capiremo che questi continua a venire “scaricato” quando gli vengono sbattuti in faccia i suoi difetti o quando egli viene sminuito e gli viene spiegato che, al momento “non è abbastanza”. Eppure è straniante vedere come una società che insegue solo la perfezione, vuoi perché drogata della finta felicità dettata dalla condivisione di foto felici sui social e di corpi perfetti modellati da photoshop, vuoi perché inabituata, lo ripeto, ad attendere e pronta a consumare solo ciò che effettivamente desidera. Lo è perché, e la commedia lo insegna, si finisce per amare solo chi mantiene dei piccoli difetti, tali da farci convivere meglio con i nostri. Del resto, da bambini, non eravamo tutti molto più legati al pigro, collerico, stupido Paperino che non al borghese, perfezionista e arguto Topolino? Lo stesso protagonista ammette di essersi affezionato alla forma di un dente storto, che aveva una sua ex. E infatti la coppia più felice che vediamo nel film, quella additata come modello, è composta da una famiglia allargata, con marito grasso e pelato. Colpito nella sua solitudine, da buon nevrotico il protagonista cera un nuovo sistema operativo per iper-organizzare la sua vita e finisce per innamorarsi del proprio OS. Il rapporto sembra funzionare, addirittura il sistema operativa porta il protagonista ad uscire molto di più rispetto a quando frequentava persone ed amici reali. Poi iniziano a subentrare i problemi, come già accaduto in passato, l’OS si stanca di aspettare per via dei ritmi lenti dell’entità biologica di cui è innamorata, e allora cercano di ravvivare il rapporto. Entra quindi in scena l’ennesimo personaggio insicuro, un caso umano col corpo da fotomodella che, per paura di essere scacciata ogni volta che mostra la vera se stessa, come accaduto appunto al protagonista ad inizio film, decide di annullarsi completamente e di diventare un puro involucro, un corpo da riempire con la personalità e la voce altrui. Quando poi il protagonista si rifiuterà di aderire a quello strano menage, lei, sentendosi scacciata, mostra la sua fragilità e scoppia a piangere. Il loro rapporto è quindi destinato a finire, ma in fondo ogni rapporto ci evolve, ed ogni individuo impara a conoscere maggiormente se stesso grazie all’altro. Alla fine, alla coppia di amici, accomunati per l’ennesima volta dalla medesima sfortuna amorosa, forse non capiterà di innamorarsi a vicenda, ma, se non altro, impareranno, rapporto dopo rapporto, ad essere persone migliori, più aperte verso gli altri e verso la vita stessa.
-
-
vorrei riflettere”. La causa del litigio era dettato da uno dei personaggi che, conscio del bisogno di dover provare ogni tanto del dolore, delle sensazioni spiacevoli, per potersi rendere conto di cosa non andasse nelle loro vite, decideva volontariamente di staccarsi dalla macchina o, addirittura, di forzare uno stato d’animo depressivo, pur di poter ragionare sulla realtà. Questa incapacità di attendere l’altro, rende tutti i personaggi più soli, più autoritari, più impossibilitati ad indagare nei propri stati d’animo ed a comunicarli ad altri ( Come sostiene Galimberti, filosofo contemporaneo, a proposito della desolante tendenza che stiamo provando tutti a depauperare in continuazione il nostro vocabolario). Non a caso, il nostro eroe, che mostra una sensibilità maggiore rispetto ai suoi contemporanei, è pagato per scrivere lettere d’amore o biglietti legati ad altre ricorrenze. Le persone, incapaci di esprimere ciò che sentono, hanno sempre più il bisogno di adattarsi alle parole di un altro. A parte il lavoro, che ama, il protagonista non frequenta quasi nessuno, se non una migliore amica (una Amy Adams splendida nella sua imperfezione, che non esita a mostrarsi spettinata, più sciatta e più bassa rispetto agli standard a cui ci ha abituato in altre pellicole) con cui, viene chiarito da subito, non ci sarà una storia d’amore dato che già in passato la cosa non ha funzionato. Ed è un peccato perché da subito i due mostrano una grande alchimia, forse perché accomunati dalla stessa solitudine, dalle stesse tendenze artistiche (lui, scrittore che però si è ridotto a realizzare lettere, e lei, programmatrice con ambizioni da videomaker), e sono entrambi in relazione con dei personaggi autoritari, pronti a criticare tutto e a manipolare tutto, anche i progetti più personali, con la scusa di offrire il loro aiuto. In seminario in cui il terapeuta Massimo Recalcati spiega Lacan, questi sosteneva la strana tendenza dei soggetti nevrotici (ossessionati da profonde insicurezze e da carenze affettive, che commutano in particolari abitudini e manie schematiche di perfezione) ad innamorarsi di soggetti isterici (che per ragioni di insicurezza ed instabilità affettiva simile, si riducono a creare nel partner un senso di inadeguatezza in modo da poter essere poi loro a colmare quel vuoto, ma che, altresì, sono condannati all’eterna ricerca dato che appena raggiungono un traguardo ne risultano immediatamente insoddisfatti e, sminuendolo, partono subito alla ricerca di un nuovo obbiettivo). L’ex moglie del protagonista, ora divorziato, era infatti molto simile all’attuale fidanzato della sua migliore amica, visti che la mania del controllo accomunava entrambi. Nella prima scena in cui compare, quando dovrebbe comunque mostrare le effusioni che la coppia si scambiava durante il matrimonio, lei chiede al protagonista: “vieni a coccolarmi”. Quindi anche nei momenti di affetti comunica il suo bisogno sotto forma di un ordine, mettendo se stessa al centro della richiesta e senza interrogarsi sulle esigenze dell’altro (avrebbe potuto dire al partner “lasciati coccolare, ad esempio”). Questa scena mi ha riportato in mente una considerazione che avevo letto sul Frankenstein di Kenneth Brannagh. Quando Victor Frankenstein resuscita la sua amata Elizabeth, per verificare se il trapianto di testa abbia attecchito egli le ordina: “Pronuncia il mio nome”. Non le chiede quindi di pronunciare il suo, “Elizabeth”, cosa che sarebbe più logica dato che doveva constatare se il soggetto risorto avesse mantenuto la sua identità ma, al contrario, un soggetto narcisista ed isterico come Frankenstein pone se stesso al centro del rapporto, anche in questi piccoli dettagli di dialogo. Ma sto divagando. Per dirla citando Fromm, questo ripo di relazioni vengono mantenute su una forma piuttosto immatura, del tipo: “Ti amo perché ho bisogno di te”. Reduce da un divorzio, dicevo, il nostro eroe (che iconicamente ricorda non poco il personaggio di Ned Flanders dei Simpson, quasi come se il regista volesse accentuarne la bontà), prova ad interagire con altre donne ma, agli appuntamenti, essendo le sue serate vuote e basate solo sul giocare ai videogame, non riesce a fare di meglio che parlare di un livello che non riesce a superare. Del resto, noi oramai, quando siamo in compagnia delle nostre amicizie, non ci ritroviamo a confrontarci su quali serie tv stiamo seguendo nella solitudine dei nostri appartamenti? Ed è curioso notare come, nel dialogo che i due soggetti portano avanti a questo primo appuntamento. Tutti sono infatti troppo concentrati su loro stessi per poter ascoltare poi l’altro, e forse questo ossessivo bisogno di parlare di se stessi scaturisce loro proprio dall’essere costretti a vivere in una società in cui nessuno ascolta più, per cui , costretti a frequentare persone che parlano solo di sé stesse, i protagonisti si ritrovano a loro volta ad essere costantemente forzati
Lascia un commento:
-
-
Her – Spike Jones
Scrivo ora, a fine Marzo, le mie considerazioni su “Her” di Spike Jones, film che avrei voluto recensire a gennaio (per fortuna che ho preso appunti…). Un film che parla di amore e tecnologia, che inizia e continua ad indugiare molto sui primi piani del protagonista, quasi come a voler entrare nella testa del soggetto o a voler simulare una chiamata skype, elementi che entrambi si sposano col soggetto del film. Cos’è che spinge l’essere umano ad innamorarsi? Un sentimento più profondo o siamo soltanto “spinti” dai nostri bisogni sessuali e, ancor più, emotivi? E se a manovrarci sono solo i nostri bisogni ed i nostri stimoli, non siamo allora noi esseri umani “programmati” ad agire in un dato modo, al pari di un sistema operativo? Il film, ambientato in un futuro non troppo lontano, mostra abilmente le conseguenze dello stile di vita che noi tutti conduciamo: persone che camminano come zombie, perennemente attaccate ad un cellulare, perennemente connesse ma perennemente sole, che si parlano a distanza, che praticano il sesso a distanza. Una società eccessivamente asservita e coccolata dalla tecnologia che finisce per essere incapace di indugiare, attendere, dedicare tempo all’altro, indagare su se stessa e sugli altri, incapace di sopportare il silenzio (uno dei personaggi, nel vedere il filmato di una donna che dorme, proporrà di inserirci degli inserti parlati). Osserviamo questi disagi fin da subito, nell’alienazione del protagonista, che attraversa uffici e ambienti urbani decorati con colori caldi, linee curve morbide. La cosa, si badi, anomala in un film di fantascienza, dato che le distopie ci hanno abituato a linee severe, architetture rigide e squadrate, colori grigi, freddi, in ferro e acciaio, quasi un ritorno di quelle che erano le architetture fasciste. Se quei film di fantascienza usavano tali ambientazioni cupe per comunicarci il senso di oppressione dittatoriale dei protagonisti, qui osserviamo invece degli ambienti fin troppo confortevoli, da catalogo Ikea, quasi inadatti alle possibilità economiche che presumiamo possano avere i personaggi per via del loro lavoro. Sembra quasi che il regista voglia stavolta comunicarci che siamo tutti sotto lo scacco di una dittatura eccessivamente gradevole e confortevole, dettata dalla nostra dipendenza tecnologica. Tale espediente, inoltre, dona alla pellicola un look anni ‘60 che la rende fuori dal tempo e quindi adatta ad impersonare ogni tipo di futuro, pur mantenendosi come specchio ingrandente della nostra epoca. In questo scenario, il protagonista cambia subito canzone all’ipod, evitando di ascoltare una musica malinconica. Le nuove generazioni forse non ricorderanno i tempi delle musicassette e delle radio, quando, impossibilitati a causa della mancanza di Youtube, ci toccava a volte attendere e quindi ascoltare anche ciò che non ci piaceva, prima di arrivare a qualcosa di nostro gradimento. Questa cattiva abitudine ad avere tutto e subito, assecondando sempre e soltanto i nostri desideri, regalandoci sempre ciò che vogliamo e non ciò di cui avremmo bisogno, mi fa tornare alla mente un passaggio de “Ma gli androidi sognano Pecore Elettriche”, in cui la coppia protagonista, litigando, spiega l’uso di particolari macchine da collegare alla testa, in modo da rilasciare degli psicofarmaci per pilotare con precisione millimetrica gli stati d’animo. “Cosa hai selezionato oggi? Lieve irrequietezza ed allegria moderata. Ma nel pomeriggio inserirò malinconico compiacimento,
Lascia un commento:
-
-
Io ho da poco preso il blu ray (la nuova versione rilasciata dopo le numerosissime lamentele sulla qualità del precedente), quindi sicuramente ci scapperà una seconda visione anche per me. Volevo provare addirittura a vederlo in italiano.
Lascia un commento:
-
-
Ho rivisto stasera il film per la prima volta in blu ray dopo la prima visione in sala.
Mi è piaciuto molto di nuovo, sul piano della scrittura ho apprezzato come Jonze affronti molto bene le dinamiche dell'elaborazione del lutto, della difficoltà di ripresa e delle proiezioni fantasmatiche verso il virtuale, e dall'altro faccia un discorso non banale e stereotipato sull'evoluzione di una AI.
Formalmente delizioso, la prima parola che mi viene in mente è "raffinato", una fotografia elegantissima.
Cast ottimo, tra cui spicca ovviamente l'incredibile ed eclettico Phoenix.
- - - Updated - - -
P.S.: ah ovviamente bellissima la musica degli Arcade Fire.
Lascia un commento:
-
-
appena comprata l'edizione BIM e solo dopo lette le recensioni.
ha ancora la plastichina. lo riporto indietro e compro un'edizione estera?
EDIT: riportato e ordinato l'edizione tedesca da Amazon.de, che in più
1) si chiama HER e non LEI
2) non è contaminata dal documentario sulla Ramazzotti
3) costa 3 euro in meno
Lascia un commento:
-
-
Originariamente inviato da Ellie Arroway Visualizza il messaggiosì,ma a quanto pare il nuovo bd di "Snowpiercer" sarà corretto solo nell'aspect ratio, tutti gli altri difetti (livello del nero altissimo) dovrebbero essere confermati, a meno di clamorose smentite.
Fine OT.
Fine OT
Lascia un commento:
-
-
Originariamente inviato da Dae-su Visualizza il messaggioAd esempio, la Koch si è dimostrata celere con "Snowpiercer", visto che lo riediterà questo mese, finalmente in una versione all'altezza, e sostituirà i dischi venduti, per chi lo vorrà.
Fine OT.
Lascia un commento:
-
-
Visto ieri con la mia ragazza e ha fatto impazzire entrambi. Un gran bel film, non so nemmeno da dove cominciare, un film che nonostante il tema di fondo sia di una malinconia disarmante riesce a metterti un allegria addosso che non ti aspetti. Regia ispiratissima e una fotografia mozzafiato riescono a dipingere un quadro che riesce a coinvolgerti emotivamente più di quanto tu stesso riesci a renderti conto. In fondo una pellicola che ti fa capire anche come la tecnologia ci porterà a diventare degli individui autistici che parlano da soli con assistenti artificiali che ci programmano la vita dalla mattina alla sera, perchè, al di là dell improbabile stile anni 70, il futuro sarà molto ma molto simile a quello che ci si presenta davanti nella pellicola di Jonze.
Unica scena che mi ha lasciato un pò così è quella in cui Samantha lascia Theodore per andare...dove, in un posto dove spera che lui possa raggiungerla un giorno?! Boh.
In conclusione una piacevole sorpresa che ho visto più per curiosità ma che mi ha dolcemente travolto per 120 minuti.
Lascia un commento:
-
-
Originariamente inviato da Ellie Arroway Visualizza il messaggionon per smontarvi il giocattolo, ma questo è altamente improbabile, di solito non c'è differenza qualitativa fra le versioni noleggio e quelle vendita, specialmente quando si parla di ditte pezzenti.
Ad esempio, la Koch si è dimostrata celere con "Snowpiercer", visto che lo riediterà questo mese, finalmente in una versione all'altezza, e sostituirà i dischi venduti, per chi lo vorrà.
Mal che vada, si può pensare all'edizione made in UK.
Lascia un commento:
-
-
Originariamente inviato da Roy E. DisneyLassamola stà Micaela. asd
Che poi, scusate se ci torno sopra, durante la scena famosa quando s’è annerito lo schermo al posto di Phoenix l’ho immaginata con Virzì e non era proprio il massimo delle visioni xD
Lascia un commento:
-
-
Originariamente inviato da Dae-su Visualizza il messaggioSperiamo solo che il blu-ray della BIM in vendita per l'Italia sia diverso da quello che hanno editato a noleggio
Lascia un commento:
-
-
La versione US mi pare la migliore, ma ovviamente non si può. Netflix (ancora) non ce l'ha, ma ovviamente, confrontata col blu-ray, perderebbe. Penso che anche stavolta sarò piuttosto 'egoista' e ordinerò quella UK, anche se mi sembra molto essential. Micaela ti saluto. asd
Lascia un commento:
-
-
Speriamo solo che il blu-ray della BIM in vendita per l'Italia sia diverso da quello che hanno editato a noleggio, però, e che ha una qualità da buon mkv, non da blu-ray e chiaramente e nettamente inferiore al blu-ray di "Her" commerciato all'estero, ad esempio dalla Warner:
Il blu-ray di questo splendido film uscirà solo il 25 Settembre, in vendita, ma la versione noleggio è già comparsa e dai report si presenta come inaccettabile, con un bitrate video di 11000 kbps, in pratica un mkv, neanche dei migliori! Considerando che manca un mese e mezzo all'uscita in vendita del film, non sarebbe auspicabile farsi sentire in massa? Qualcuno di noi lo ha già fatto; magari c'è ancora un piccolo margine di operatività, per ambire ad un'edizione degna di un'opera così
Lascia un commento:
-
Lascia un commento: